Maram al-Masri nasce nella città di Latakia, principale porto della Siria. Di famiglia musulmana, benestante e di larghe vedute, da piccola studia danza e fisarmonica, cresce insieme ai fratelli ascoltando i Beatles e i Rolling Stones, oltre a Feiruz e Umm Kulthum. Coccolata dai suoi cari, non ha alcun dovere se non andare in spiaggia e al cinema con gli amici, scrivere e leggere Hikmet, Gibran e Tagore. Si nutre di questo ambiente e accoglie la poesia in modo naturale. All’età di sedici anni inizia a scrivere le prime liriche “rimate e ritmate, ingenuamente sentimentali e ingenuamente patriottiche, che parlano della Palestina”. Quando arriva il tempo dell’amore, quelle liriche diventano poesie brevi “come piccoli pensieri corti, raccolti, concentrati, su questo nuovo sentimento”.
Dopo la maturità scientifica compie due anni di studi di letteratura inglese all’università di Damasco. L’amatissimo fratello Monzer, già poeta e pittore, sta attento ai suoi primi “sussurri lirici” e le suggerisce: «La poesia è come un corpo che nuota, è un’isola di sentimenti... Alleggeriscila, alleggerisciti... Libera la tua poesia da tutto ciò che non fa che ripetere».
L’ambiente poetico studentesco, dove Monzer la inserisce, è prevalentemente maschile e tradizionalista ma da tempo attraversato da correnti di rinnovamento. Lo stile di Maram inizia ad essere ammirato ma lei, all’inizio, non vuole essere pubblicata. Grazie all’insistenza di editori e giornalisti siriani che erano anche poeti, come Nazih Abu ?Affash e Bandar ?Abd al-Hamid, pubblica alcuni dei suoi primi componimenti. In seguito, lavora per un breve periodo come segretaria e interprete, e parte per un soggiorno-studio in Inghilterra, ma muore la madre, maestra e organizzatrice di campionati sportivi.
Maram si sposa e nel 1982 si trasferisce in Francia ma divorzia dopo poco tempo e il figlio di diciotto mesi viene riportato in Siria dal marito. Da questo momento Maram vivrà in Francia e farà ritorno nel suo paese pochissime volte. Nel 1984, a Damasco, Monzer, all’interno del volume intitolato Ti ho minacciato con una colomba bianca, fa pubblicare Una abitante della Terra, la prima raccolta della sorella. Monzer le scrive dalla Siria: «Maram, sei diventata una vedetta, una grande poetessa e tu, tu non lo sai...»
Maram è ormai lontana dalla poesia, vuole solo vivere bene in un ambiente nuovo e cercare l’energia che serve per integrarsi in quel contesto, che le concede il diritto ad una vita libera e giusta. Di conseguenza, sente un bisogno intenso di lasciarsi alle spalle la Siria, la lingua araba e la poesia che, in questa fase, rappresenta la prova della sua dipendenza da una cultura autoritaria e coercitiva, che l’aveva privata di suo figlio.
Conosce un giovane francese e la sua famiglia, inizia a coltivare nuove speranze di felicità e si risposa. Nascono Guillaume e Mathieu. Inizia a dedicarsi solo alla famiglia perché desidera essere una brava casalinga e dimostrare di saper svolgere bene il ruolo tradizionale di consorte, ruolo in cui si immerge completamente senza lasciarsi il tempo di scrivere, anzi, finendo per considerare la scrittura una perdita di tempo che la distrae dal compito principale di madre e moglie.
Con gli anni cambierà idea. Al dramma di tutti i suoi affetti rimasti in Siria, si aggiunge il dramma di una vita familiare forse fin troppo normale, vissuta nel vuoto della periferia parigina dove le vecchie angosce seppellite, in quel vuoto, si amplificano e diventano assordanti. Le lacrime della noia diventano inchiostro su foglietti di carta lasciati sul tavolo, che nessuno avrebbe letto e compreso, perché sono versi scritti in arabo, “piccoli pensieri, corti, raccolti, concentrati”. Ricominciare dopo tanto tempo a scrivere nella sua lingua le permette di crearsi “una stanza tutta per sé” per essere nuda ed impedire agli altri di entrare nel suo mondo arabo.
Nel 1994, un articolo su di lei dello scrittore siriano Jamil Hatmal le ridona fiducia. Viene anche invitata all’Istituto del Mondo Arabo di Parigi. La poesia diventa una responsabilità, molto più di prima. Alcuni amici la incoraggiano a pubblicare in Siria la seconda raccolta, ma le dicono che il libro contiene alcune punte di sensualità che non saranno permesse, allora il pittore Yusif
Abdlaki, le suggerisce l’editore tunisino “L’or du Temps”, dove pubblica nel 1997 Ciliegia rossa su piastrelle bianche, dopo tredici anni di silenzio letterario, e nello stesso anno in cui può, per la prima volta, rivedere il primogenito. Alla fine del ’97 incontra François-Michel Durazzo, professore corso che vive a Parigi e collabora nell’organizzazione del festival Ardentísima. Durazzo comincia a lavorare con lei e traduce, prima in francese, poi in spagnolo, testi che in Spagna verranno letti, anno dopo anno, davanti ad un numero sempre maggiore di poeti, direttori di collane, editori, organizzatori di festival. Maram diventa la regina di quegli incontri, inizialmente a Murcia, poi in tantissime altre occasioni.
Nel 1998, a Parigi, la giuria del Forum Culturale Libanese, presieduta da Adonis, conferisce a Ciliegia rossa un premio per la “Creatività Araba”, che consacra Maram nel panorama letterario arabo contemporaneo. Nel 2000, a Beirut, esce la terza raccolta Ti guardo. In Spagna, nel 2002, viene pubblicata la prima traduzione di una sua opera: Cereza roja sobre losas blancas.
Da questo momento, Ciliegia rossa e Ti guardo cominciano ad essere tradotte anche in francese, inglese, italiano, dialetto corso, serbo-croato, greco e lingua masira; alcuni estratti vengono tradotti in tedesco, portoghese, turco, olandese ed ebraico, per essere inseriti in riviste culturali ed antologie. Pubblica in arabo anche alcuni racconti brevi, tra cui Yamina sale le scale con gli zoccoli. L’edizione spagnola di Ti guardo resta per quattro settimane tra i primi dieci libri di poesia più venduti. Il 2005 è l’anno dell’uscita in italiano di Ciliegia rossa per la Liberodiscrivere® edizioni e l’anno del divorzio dal secondo marito. Nel 2007 completa la quarta raccolta Il ritorno di Wallada e riceve due importanti riconoscimenti: il premio “Città di Calopezzati per la poesia mediterranea” e la “Borsa Poncetton” della Société des Gens de Lettres.
In tutti questi anni hanno collaborato con lei: il poeta italiano Davide Rondoni, di cui Maram ha tradotto in arabo alcune liriche, e artisti come la siriana Leila Muraiwid, il calligrafo Najeh Jegham, il fotoreporter Max Peef e la pittrice Rosetta Berardi. I suoi versi sono sempre più diffusi tra blog e siti di poesia e lei è ospite di numerosi festival e kermesse culturali, nel Mediterraneo, in Europa, nei paesi del Golfo e in America.
«Per la seconda volta ho abbandonato la mia casa costruita con dedizione, e una vita povera di sentimenti, priva d’amore e stima, per affrontare un destino diverso ma non sempre facile, che per due anni non mi ha concesso una dimora fissa e mi ha tenuta lontana dai miei figli. Ma uno spirito libero, che rifiuta fermamente l’umiliazione e l’ipocrisia, sembra non avere altra scelta».
Attualmente lavora al progetto della sua opera più cara: un romanzo autobiografico. A noi appare un personaggio autentico, artefice di una poesia che vuole toccare luoghi profondi e parlare di ciò che in pochi hanno il coraggio di dire, come è stato scritto in un articolo del “Times”. Quanto al segreto della sua bellezza, sono complici i grandi occhi e l’eleganza del tono di voce con cui recita i suoi testi.
Su Liberodiscrivere.it sono presenti 2 brani dell'autore.
Liberodiscrivere® edizioni
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Titolo |
Data |
Descrizione |
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Ciliegia rossa su piastrelle bianche
giornale della festa dell´Unità |
09/09/2005 |
Sessualità libertà e le donne di Liberodiscrivere Maram al Masri |
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Ciliegia rossa su piastrelle bianche
Repubblica/Secolo/Mercantile |
08/07/2005 |
Maram al Masri |
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Ciliegia rossa su piastrelle bianche
Mercantile |
06/09/2004 |
Diritti delle Donne tra sessualità e libertà Maram al Masri |