Escono fili viola dai pensieri,
fuggono da ondate di calura,
precipitano pastelli di colore,
si rincorrono origami di luce,
la luce si irradia e si nasconde
alla ricerca di uno sfinimento:
il corpo è prigioniero di parole.
PS: Un garbato e critico commento di una lettrice mi ha stimolato ad una riflessione e ad una precisazione che mi permetto di inserire qui (spero di non abusare):
"di solito ,a torto o a ragione, quando scrivo non penso se abbia o meno un senso,seguo limpulso....tuttavia provo ad analizzare:
il corpo è prigioniero di parole a mio avviso può essere letto in tanti modi...il mio modo(modi) di leggerlo in questo momento(non è detto che sia quello più condivisibile)è che il corpo (la parte fisica di noi) genera parole (inteso come atti,gesti,tentativi di interagire con il mondo) di cui è prigioniero perchè non riesce a liberarsene come fossero spesso dei fardelli e insieme genera parole (inteso nel senso di creazioni dello spirito,fantasie,desideri,aspettative -come la prima parte della poesia esprime -) di cui è prigioniero perchè vittima della irrealizzabilità,fugacità,infinitezza delle stesse che lo fanno sentire "inadeguato" e creano come una dolce e dolente "nostalgia".
Sono consapevole che quanto sopra non "giustifica" la poesia....(sicuramente la poesia è inadeguata alla dedica)