La mia infanzia ha
il sapore del mare
che portava lontano
mio padre a navigare.
Mare amaro
quando vento soffiava
e io pensavo alla nave
prigioniera delle onde
e lui che pregava
il ritorno.
Quel mare,
se scirocco urlava,
inondava la strada
per la scuola
ed io,
grembiule bianco
cartella in mano
e batticuore in petto,
sceglievo i campi
per passare, correndo
tra cespugli
di ginestre e rosmarino.
Ma quel mare
era anche gioia,
era mare di primavera
già a febbraio,
quando ancora sulla terra
tacciono i colori
ma natura
semina nell’acqua
germogli di vita
e le praterie di posidonia
fioriscono sui fondali.
Io bambina
ai primi tepori
scendevo sulla riva,
scrivevo nella sabbia
parole segrete,
respiravo dell’alga
l’acre profumo.
E poi, d’estate,
era mare d’allegria,
quando vita tornava
dopo il deserto invernale
ad animare di nuovi amici
i giochi, le ingenue fantasie
e ci regalava
ghirlande di giorni
bagnati di luce e di sale.