Lasciami viaggiare coi vènti
a plasmare cristalli di sogno
che non si sciolgano
a carezze di sole mattutino:
Borèa mi offre gemme d’ambra
in diafane dita di gelo
e algido splendore
d’immacolata neve
in profumo di muschi e licheni
e gorgoglìo di mare
che assedia la montagna
in profondità di fiordo.
Né tace memoria d’antiche sfide
tra uomo e natura
e luce e buio
che si distillano lenti
varcando le ore del giorno
in estenuante durata.
Fastoso sopraggiunge Levante
che m’avvolge, m’intriga
mi colora di seta
mi profuma di mirra
in sussurro di fiabe
d’odalische e califfi:
Shahrazàd che racconta,
Shahriyàr che s’incanta;
e dall’India remota
mormorio di preghiera,
immersione nel Gange
in sacrale ricerca
d’ancestrale purezza,
levità di materia.
Poi dal sud soffia Austro
intriso di sabbia e dumori
che m’investe, m’abbatte
mi regala il deserto,
beduini e cammelli
e distese di dune:
raccomanda tenacia
e m’avvolge di lana
in riparo di sole.
Spira austero Ponente
che divora le nubi
e mi porta sapore
di lontano occidente,
dell’atavica voglia
di superare colonne
e inoltrarsi nel blu
in disprezzo di rischio,
in protendersi ardito
verso nuovi orizzonti.