Non pretendermi libro aperto
in chiara decifrazione di
segni immagini colori:
algida distesa innevata
in sfumata, quieta armonia
tra fughe di lepri dargento
e quasicandidi ermellini;
non sognarmi specchio lacustre
dalta montagna, in nitido
riflesso di cime, dabeti
che si adagiano lievi
su immacolato lavacro
né pianoro di pratoline
che tremano alla brezza
in uniformità di bianco
e negano alla sera
i cuoricini dorati.
Mi sento foresta chaccoglie
esuberanza di verde
di mille stature:
dal cedro austero, imponente
in sfida di spazio e daltezza
al ginepro introverso
in offerta scontrosa
di coccole azzurre;
foresta che il vento asseconda
a difesa di propria esistenza
e in riparo di deboli nidi
ma contro i fulmini nuda
e vinta talvolta dal fuoco,
solitario padrone di vita,
che incendia, spazza, divora.
Mi sento cielo imbronciato
in cui corrono nubi
che prima son nembi
in minaccia di pioggia,
in volo basso duccelli,
poi diventano cirri
in rincorsa dazzurro
che si vela darancio
quando giunge tramonto
e illude i viventi
di più sereno domani.
Mi sento marea
che sabbassa e sinnalza
scoprendo e celando
misteriose presenze
in anelito dacqua
in pullulare di vita:
non conosce riposo
al suo movimento
ma sadegua alla luna
e respira con lei.