Per oggi avevo preparato una poesia per lds: il mio stato danimo, linizio della primavera, il desiderio di pace, di quiete individuale e collettiva.
Poi, stamani, la notizia del Papa moribondo e il bisogno, allora, di riflettere un attimo, in silenzio, su di lui che sta per lasciarci. Una riflessione che è inevitabile, penso, per tutti, credenti o non, dopo ventisei anni di riferimenti mediatici quasi quotidiani al suo operato.
In questi decenni il mondo è radicalmente cambiato e il Papa polacco ha fortemente contribuito a questa trasformazione. Certi aspetti del suo pontificato, invece, sono rimasti legati alla tradizione: la morale sessuale, ad esempio, è restata ancorata agli schemi del passato, alla conservazione.
Ma limmagine di lui che più è viva in me è quella di un Papa in ginocchio, umile, che chiede perdono per gli errori (ed orrori) della Chiesa: per la condanna di deicidio e la persecuzione degli Ebrei, chiamati da lui "fratelli maggiori"; per i roghi dellInquisizione, la condanna di Giordano Bruno e quella di Galileo Galilei...
In quei momenti era come si caricasse materialmente della croce di una Chiesa-Istituzione che per duemila anni ha scandalosamente rinnegato lo spirito del Vangelo.
Di lui ricorderò il pellegrinare continuo per il mondo, finché gli è stato possibile, per avvicinare le genti e le fedi diverse e soprattutto la sua invocazione di giustizia sociale e di pace: una implorazione che cercava di dare concretezza allaugurio evangelico "Pace in terra agli uomini di buona volontà" e che invece, da parte di certi ambienti politici, era accolta quasi con fastidio, come fosse un appello rivoluzionario.
Ecco, questo è il mio Wojtyla, a cui auguro, di tutto cuore, un trapasso degno di lui, in serenità, come si merita...