Nel 1934 Georges Simenon, a bordo dellAraldo, veliero italiano a due alberi, compì una crociera nel Mediterraneo. Tra le tappe di questo viaggio che toccò, tra gli altri porti, Genova, Napoli, Siracusa, Atene, ci fu anche una sosta a Cavo, minuscolo paese dellIsola dElba da cui proveniva lequipaggio. Il periplo del "Mare nostrum" stimolò in Simenon una riflessione sulla enorme differenza tra la civiltà mediterranea e quella atlantica: statica, quasi impermeabile a ogni forma devoluzione e chiusa nella sua miseria atavica, seppure dignitosa, la prima; dinamica, aperta, conscia dei propri diritti nei confronti della storia e dei suoi protagonisti, la seconda. Eppure nellambiente mediterraneo, così povero economicamente, lo scrittore scoprì impensabili tesori di sensibilità e solidarietà, gaiezza e gioia di vivere.
Per tutta la notte il pescatore aveva lavorato a piazzare nasse e reti sul fondale.
Il mare era arrabbiato, non trovava pace sotto lo scirocco che incalzava come se soffiassero i diavoli dell’Inferno.
Simenon l’aveva visto sulla sua barca a fondo piatto che sembrava arrendersi da un momento all’altro alle onde e aveva avuto paura per lui.
L’indomani mattina il vento era calato ma il cielo era coperto da nuvoloni bassi e grigi come il piombo, i gabbiani non si alzavano e il mare appariva ancora gonfio e irrequieto.
Lo scrittore passeggiava per l’unica strada del villaggio, con la pipa all’angolo della bocca, guardando quelle vigne che scendevano fin quasi al mare, già cariche d’uva, ma quasi incolte, come se il contadino non contasse che sul sole per la vendemmia; non c’era ordine nelle colture, come non ce n’era nella disposizione delle case: i cavoli crescevano accanto alle erbe selvatiche e gli asini col basto sul dorso erravano in compagnia delle capre.
I fichi maturi si affacciavano ai sentieri e ognuno poteva coglierne: l’aria, pur nell’oppressione dello scirocco, aveva la loro stessa dolcezza.
Ad un tratto lo vide: il pescatore aveva una cesta in mano e andava di porta in porta.
-Buona pesca?- gli grida Simenon
L’uomo non risponde, gli mostra la cesta che contiene una specie di serpente a macchie gialle e nere, diviso in dieci pezzi: è una murena di un chilo circa.
-Che ne fai?- chiede lo scrittore togliendosi la pipa di bocca, incredulo per quel che immagina di sentirsi rispondere.
-La vendo pezzo per pezzo...qui la gente è povera, è già tanto se ogni famiglia ne compra un morso a testa.
Poi la cucina col pomodoro dell’orto, la nipitella e ci condisce la zuppa...il sapore, ecco, basta il sapore...
Arrivederci, signore, buona giornata!
Simenon stupito e intenerito lo guardò allontanarsi senza riuscire a rispondere al saluto.