Francesco Brunetti (AISEOP)
Breve riflessione sulla poesia

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Titolo Breve riflessione sulla poesia
Autore Francesco Brunetti (AISEOP)
Genere Parole in Libertà      
Dedicato a
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Pubblicata il 03/03/2006
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Poesia è un sostantivo di fronte al quale ci si trova in imbarazzo. Andiamo alla etimologia: costruzione di... che cosa?
Emozioni che coinvolgono il lettore nella sfera "affettiva", voglio dire in quella in cui ragione e sentimento sono amalgamati e inscindibili e dove c’è una identificazione attraverso lo "stupore", lo stupore di una scoperta.
Riassumendo: poesia è uguale a tutto ciò che è in grado di emozionare nel profondo l’uomo attivando un processo di scoperta di ciò che di più intimo possiede e di cui è in qualche modo più o meno "inconsapevole" portatore.
Poesia non è quindi analisi razionale, non è ricostruzione storica, non è processo descrittivo, non è ideologia: è qualcosa di più indefinito ma molto più "potente" e "racchiuso" come, in campo biologico, può essere una cellula staminale (unica, indifferenziata ma totipotente, di fatto la "madre" di tutte le cellule).
Naturalmente è una approsimazione per eccesso, esistono diversi "gradi" di potenza della poesia che sono in parte intrinseci all’opera stessa che la contiene e in parte legati alla risposta "emozionale" del fruitore che per definizione non è parametrabile in modo statico.
La potenza muta, quindi, al mutare dello stesso fruitore senza che ciò ne connoti diversamente per
questo fatto il valore assoluto. Ragionevolmente si può presumere che la capacità di un’opera di "durare nei secoli", di parlare un linguaggio universale secondo parametri sia di tempo che di spazio (a culture diverse, a generazioni diverse, e così via) e di ampiezza (intellegibile in qualche modo al maggior numero di individui) ne caratterizzi la "POTENZA" assoluta, non necessariamente quella relativa che può essere intensissima ma fruibile solo da élite o limitatamente ad un periodo storico o relativamente ad una popolazione che sia in grado di condividerne i contenuti più esteriori.
Nesso comune ad ogni tipo di lettura del problema è il presupposto che ci sia comunque, sotto qualunque forma, una condivisione e quindi una comunicazione e quindi una risposta empatica dinamica.
Altra cosa è lo stile e la modalità espressiva.
Concludo dicendo che moderno può essere soltanto l’abito, magari il sottoabito, mai "l’intimo" che deve essere in qualche modo il più simile alla "carne", in cui e per mezzo di cui a tutti è dato esistere. Trattandosi di sangue e carne che "prende coscienza" non può non esserci, almeno per quella che è la mia personale intuizione, una misterosa, surreale, seminconscia, onirica, dispercezione del sensibile.

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