Ho percorso un sentiero cosparso di grani di riso,
in fila e a fianco a fianco,
come desideri uguali in compimento.
Ho camminato sulla sabbia,
polverosa e lieve come danza di veli trasparenti,
ocra e calda come sole calante
sopra marine abbandonate al vento.
Ho lasciato orme sopra occhi grandi,
dolcissimi e profondi, di luce bevuta solo un attimo,
oltre non fu concesso,
inutile gridarne a morte il quanto.
Ho sfogliato lune beffarde e languide,
tremule e profonde, da staccare con le mani
e incollare a sudario sulla faccia insonne.
Ho riso del mio riso e masticato amaro
devastando le linee di confine,
le tracce nette e precise per non più ritornare,
inutilmente.
Lascia che pianga, solo,
l’indefinita inconcludenza,
la disperata illusione,
la malvagia mediocrità del niente:
involucro qualunque di pensieri sparsi,
pochi intinti nell’inchiostro del sangue
prima che si aggrumi.
Questo infinitesimo dolore sarà mai degno d’alba,
bianco annuncio di sole,
senza svanire esangue come neve o sogno, polvere del tempo?