La ginestra col profumo dolciastro e la veste smagliante era signora delle nostre colline.Mia nonna ne tagliava piccoli fasci e li
metteva a macerare nel fiume.Li fermava con sassi.
Dopo cinque o sei giorni toglieva i fasci dall'acqua e
ce li porgeva.Insieme con lei spogliavamo i rametti del loro vestito.Mettevamo da parte i rametti spogliati.
Erano morbidi e bianchi.All'aria e al sole diventavano
duri e potevano servire per accendere il fuoco o per
farne cestini.Con mazze di legno pestavamo su pietre
il verde tolto ai rametti fin che diventava morbida stoppa.
Sciacquata a lungo e poi stesa al sole la stoppa perdeva
il colore verdastro.D'inverno mia nonna la filava col
fuso e poi la tesseva al telaio per farne tovaglie e
lenzuoli.
Finita l'estate,ai primi freddi,mia madre diceva
apprensiva:
-Arrivau u capitanu de mali vestuti!-
Avevamo un piccolo gregge che a maggio era stato
tosato.
La sera al braciere al lume a petrolio mia madre
intrecciava maglioni di lana.
Nei posti di mare basta un maglione di lana per ripararsi
dal freddo.
Con le prime piogge la terra si ammorbidiva e le lumache
affioravano.Con in mano panieri di canna salivamo
sulle colline di terreno argilloso.Scivolando ogni
tanto sulla creta bagnata cercavamo con attenzione:
le lumache si mimetizzano col colore del terreno
argilloso.Andavamo lentissimamente cantilenando:
"O Madonna do lambò mustramila na cucchja mò,mustramìli
tutti a mmia ca ti dicu n'avemmaria".Ne trovava di più
chi riusciva a tenere gli occhi sempre fissi al terreno.
Tornavamo a casa stanchi del girovagare.Mia madre poneva
le lumache in un pentolone e le lasciava un paio di
giorni a "purgare".Poi le cucinava con aglio,pomodoro,
origano e peperoncino.