Chiquita, bananas,
mujeres y cabrones,
escuciame nina…
estrella de mar.
Al porto fantastico di Valparaiso
scarichiamo una stiva
con datteri e sabbia dorata del Nilo,
piramidi e sfingi
e Zaki Hauass.
Vendiamo la storia su metri di stoffa
pregiata,
i conquistadores e il grande Ataualpa,
regaliamo chitarre di corde stonate,
posate in fila su lingue di sabbia
che il vento le accordi,
ha notti per farlo
e giorni perduti,
oceani che sbattono urli di onde,
fogliame e profumi di spezie orientali,
oscure leggende incise nei gusci
di antiche conchiglie sonanti,
racconti sparsi a pelo dell’onda,
nei secoli,
giù dai menir dell’Irlanda
ai volti di pietra
delle isole Pasqua.
Mentre gustiamo un gelato al pistacchio in calle de Quito
dinosauri divorano essenze,
fiorite cimase in foreste pluviali.
Barriscono i sauri,
le scorze bagnate di piogge insistenti,
e scuotono in voli piumati
gli ospiti alati dal dorso.
Spengo il TV
e osservo, disteso su un prato,
immobile almeno trent’anni,
eclissi di là da venire
e comete scomparse
appuntando le date.
Ho solo lo sguardo
e segni sottili incisi su creta,
a trasmettere, insano profeta,
il senso incompiuto, speranza di vita.