Ottobre ha la dolcezza di un tramonto
pacato, di miele soffuso e d’arancio,
e dei grappoli scordati sulla vite
che appassiscono al sole lenti lenti
e profumano l’aria di vendemmie antiche
quando si pigiava l’uva, da ragazzi,
a piedi nudi nel mosto, a gara,
eccitati come a una gran festa.
Ottobre ha il colore dei ciclamini
di bosco, quelli piccolini, che spuntano
sui cigli delle strade dove l’umido
indugia e il sole è tiepida carezza,
che ti pungono di tenerezza il cuore
per quell’indaco tenue, innocente
come bucato steso ad asciugare
su campi di lavanda all’orizzonte.
Un mazzetto me ne portò d’autunno
un innamorato ed erano più belli
d’un fascio di rose rosse, senza spine.
Ottobre ha il sapore dei fichi d’una volta
che si mangiavano, dolci, appena còlti,
arrampicati all’albero, felici,
come sul ramo fringuelli canterini.
Ottobre ha il suono dello sciabordìo
dell’acqua sui fianchi della barca
quando mio padre andava a totanare
nello specchio d’acqua davanti a casa nostra
e io l’aspettavo al vetro e l’appannavo
mai sazia dell’attesa, trepidante
e mamma preparava la padella sul fuoco
quando s’udiva, lontano, il suo richiamo.