Alessandra Palombo
Quiete

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Titolo Quiete
Autore Alessandra Palombo
Genere Poesia      
Pubblicata il 27/08/2008
Visite 3861
Punteggio Lettori 80

Quiete



Domestica è la dimensione del paese

mio sovrano.

Suonano sulla pietra i passi frettolosi

tagliano l’acqua gelida le eliche

la sbarra del posteggio sale e scende

sotto a uccelli in volo

a riscaldarsi.

 


 




Più mi ritraggo

più allunga la sua mano

l'onda fredda

quasi a dirmi “sei sfiorita”.

Cambio posto. Che m’importa?

Anche se la primavera è tarda

e l’acqua è gelida

vivrò, come un pruno viola

su un dirupo.





*

A cinquant’anni

e tre

dalle giostre

in cui salivo

dai silenzi bui

in cui cadevo

serena

scivolo

su una quiete

mai sentita,

mi amo

e non rimpiango.

*

Passato in parte in mano ai figli

il timone dei traguardi,

quel che pareva

impensabile posseggo.

La luna e il sole sono sulla stessa linea.

Il bianco lo colorerò con calma.




*



Gareggiare coi giovani

- che corrono al mare

già ai primi di giugno - è un’utopia

poiché il sangue è esaurito e

un cantuccio di rena sulla battigia

un cantuccio di brezza sulle rughe

un cantuccio di speranza alla sera

solo un cantuccio

io chiedo

all’estate.



*



In questa parte

del mio pellegrinare

la rabbia scaturita

dalle sassaiole



flebile si smorza

tra i fiori che rallegrano

il mio procedere sbilenco,

e l’impeto è ricordo,



rammarico che sfuma.



*



C’è una quiete rosea

di bimba tra le gambe genitrici

tra le pareti incartate

in un cielo zuccherino.



I lutti sono stati seppelliti

il bastone abbandonato

le pulsazioni sono lente

le carezze sincere.



Sul tavolo all’ingresso

un cappello per la pioggia

da riporre in cantina.



*



Tenerezze antiche e

verbi mal declinati

in un giro di stanza

sull’acqua salata

che bolle in cucina

ora e qui evaporano

su occhi arrossati

per la lettura a ritroso.



*



Incisioni carnali

ri-guardarsi

in tomi stagionati

in un intrico oscuro

pure al narratore

che lo visse

che ora pulce punge

fuggendo indisturbata

tra straripamento

d’istanti dove

orologi e luoghi

giacciono, derelitti.



*



Ha un che d’infinito

la curva di sassi affilati

tra i ciottoli rossi.

A filo dell’acqua

tra la torre prigione

e le rovine romane,

soffia un perenne respiro

di mito e d’eterno

che annienta paure

sul mare

dal petrolio sporcato.







Consuntivo



I meno sono d’un rosso slavato

reggono i cardini i punti cardinali

i pezzi del mosaico si ricompongono.

L’inizio tra le sbarre non ricordo

emozioni ancestrali ha la memoria.

Il moto era impercettibile,

 le onde di riporto

la costa aveva anfratti scuri

i legni di sicuro erano di buona qualità.

 

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