Sogno un Paese normale
che non abbia bisogno d’eroi
dove meno parole turbinino
in mulinelli impazziti
che offuscano o confondono
la cesura tra bene e male
quel confine sacro e nitido
com’è la teoria dei cipressi
tra i campi di grano e d’olivi
nella dolce terra toscana.
Un Paese dove non il cinismo
non imperi indisturbato
come un monarca sul trono
agghindato di scettro e corona
e abbia senso il suono l-e-g-a-l-i-t-à
scampanio festoso di Resurrezione,
maestrale che spazza i nuvoloni;
dove chi denuncia la cancrena
incatenando la sua libertà
non sia costretto a scegliere
d’andarsene in esilio
lontano dal profumo dei limoni
per vivere decentemente
l’unica gioventù che abbiamo.
Un Paese che accolga chi fugge
dalla paura e dalla povertà
e ne faccia lievito per un domani
di reciproca generosità;
che non crei classi separate
per bimbi gialli e neri
perché l’italiano e la convivenza
s’impara tutti insieme
in allegria e disponibilità.
Sogno un Paese dove non
esistano caste che seducono
con bla-bla e lustrini gente
povera di mezzi o di cultura;
un Paese da amare e da stimare
senza arrossirne e senza espatriare.