Parità! si urlò per noi, le figlie nate
e quelle da venire che crebbero
e nacquero e di nuovo si vestirono
da donne. Fu una partita giusta
-accolta, in parte, anche dagli altari-
scandita dai tic tac degli orologi
e da lancette che giravano, giravano
come un cuore tachicardico
mentre i colleghi salivano -lievi salivano-
di grado perché privi del mestruo
che innova le cellule a ogni ciclo.
Cessato il sangue, un consuntivo:
l’impressione è di una stagione
ricca di grano ma sale il cruccio
per i mancati abbracci ai figlioletti
-No, non c’è colpa , non c’era tempo –
per le passioni femminili soffocate
-No, non c’è colpa, non c’era tempo –
per aver tenuto un passo innaturale
-No, non c’è colpa, non c’era aiuto-
per la televisione che inquadra
belle manager, belle professioniste,
belle politiche, belle accademiche,
belle attrici, bei culi, belle tette
Belle , Belle, Belle
mentre il bello che snobbammo
- non eravamo solo corpo
o mi confondo?- ci è sfiorito
così, in un periodo durato
quanto la sosta di un passerotto
su un cancello. Il tempo di mettersi
gli occhiali ed è scomparso.