Titolo | Scarpette rosse 2b | ||
Autore | Alessandra Palombo | ||
Genere | Narrativa | ||
Pubblicata il | 12/10/2009 | ||
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Gennaio e febbraio sono mesi ventosi. Il mare è spesso grosso, piove spesso e ospite fisso della casa di Simona è il vento che entra ed esce dagli infissi di legno come gli pare e piace. Ci sono giorni in cui la sua presenza è discreta, impercettibile, e si fa notare solo a tarda sera quando, stesi sul letto, lo sguardo corre alla tenda di camera che, senza essere toccata, dondola leggermente quasi una presenza invisibile vi alitasse sopra. Altre volte è impertinente e richiama l'attenzione degli abitanti della casa facendo vibrare i vetri o creando come un sottofondo sonoro a tutte le attività. Capita pure che si presenti in maniera violenta. Sbatacchia porte e finestre e se qualcuno si dimentica di chiuderle ci pensa lui, spaccando pure il vetro con tanto d'accompagnamento di cristalli che s'infrangono. Di rado tuttavia la sua ira arriva al punto da costringere a puntellare con bastoni di fortuna, granate, ombrelli chiusi e quant'altro abbia un manico robusto, il portone della casa. Eppure, tutti , ognuno a modo suo, amano il vento, solo Concetta , pur restandone affascinata, ne ha paura. Pensa agli alberi che sta sradicando, ai rami pericolanti, e soprattutto alle grondaie arrugginite che possono cascarle sulla testa mentre rientra a casa la sera.
Ed è proprio Concetta ad attirare l’attenzione degli altri:
"Correte! Guardate, guardate laggiù!"
Dalla parte della terrazza rivolta verso il continente, scrutano il Nord.
Gli occhi di Simona s'illuminano " Vedete come avanza. E' uno spettacolo!"
" Altro che cinema! " incalza Concetta.
Non è la prima volta che vanno a ricevere il vento, ma ogni volta il quadro è diverso e ogni volta si ritrovano là appoggiati al davanzale in granito del terrazzo, a godere questa inimitabile rappresentazione della natura e lo fanno da quel terrazzo come se stessero sul palchetto d'un teatro.
Oggi l'abito con cui si presenta il vento è particolarmente minaccioso.
Una striscia dal colore grigio scuro viene verso di loro in maniera compatta.
Il fronte buio è illuminato dalle saette luminose, quando il rumore dei tuoni ancora è lontano.
Il paese non può immaginare che a breve sarà investito da una gruppata d'acqua.
Il vento, con un andamento costante, sospinge le nubi facendole precedere di pochi metri da un tappeto d'onde schiumose che si estende progressivamente verso l'isola.
Lo specchio dell'acqua, nella spiaggia sotto casa è ancora calmo, trasparente.
I gabbiani volano in gruppo e con voce stridula chiamano l'acqua. Il vento allarga la macchia cinerea avvicinandola alla costa isolana. Sopra la terrazza il sole è limpido, la massa d'acqua è distante.
Stanno là con il volto alle prime folate di vento, quando Simona avverte:
" Arriva! Svelti in casa!"
Poche parole, una frase di rito, il segnale per indicare che lo scoglio di fronte di fronte a casa è sparito sotto l'acquazzone , che neppure il faro è visibile e che di lì a poco saranno investiti dall'acqua e dal vento.
Correndo e ridendo, si spingono l'un l'altro per raggiungere la porta del tinello.
" Forza entra !"
"Dai fammi passare, mi sto crosciando tutta".
Una volta al riparo, Simona con una girata energica della maniglia chiude la porta.
"I cenci ragazzi! "
Concetta riprende le sue faccende e i ragazzi da un enorme cassetto tirano fuori pezzi di lenzuola sfatte, vecchi maglioni, resti d'asciugamani da mare, per sistemarli in terra, alla base delle porte finestre che danno sul terrazza.
Il vento, quando si arrabbia non porta rispetto e rovescia l'acqua con un tale impeto che la pioggia entra in casa nonostante le persiane siano chiuse.
Per contrasto, in casa l'atmosfera è calda.
Concetta, finita la sua giornata di lavoro, aspetta che la pioggia scemi d'intensità ed esce.
Simona si ritira in camera sua a leggere; i ragazzi tornano alle nostre attività.
Qualcuno mette un trentatré giri a tutto volume a cui segue un " Abbassa!" di Simona.
La pioggia batte sui vetri, il fischio del vento si fa assordante. Il paese sparisce sotto una coltre di pioggia. Nella discesa l'acqua rotola verso il mare formando un fiume artificiale.
Il giorno seguente il sole asciuga le strade e il mare è abbastanza calmo; rimangono le onde lunghe a ricordare la burrasca e le navi rimaste alla fonda nel golfo in attesa di poter riprendere la navigazione.
“ Quante navi Chiara. Guarda. Saranno una decina.”
“ Ora le conto”
Simona e Chiara sono davanti alla porta finestra del tinello, la piccola aguzza gli occhi e poi si rivolge alla mamma e con tono soddisfatto la informa che ci sono undici navi.
In tinello è il cuore pulsante della casa. Sul tavolo ovale, di volta in volta, viene steso un tappeto di stoffa consistente o una tovaglia o un vecchio lenzuolo liso.
Secondo le esigenze , la stanza diventa uno studio, sul cui tavolo vengono sfogliati i grossi volumi dei dizionari e invece quando il tavolo è centro operativo delle attività domestiche, dalla stiratura alla preparazione dei pasti, l’insieme assume l’aspetto di una grande cucina.
Gabbiani a parte, nessuno può sbirciare all’interno. Le tende appese ai vetri sono state rimosse per lasciare spazio allo spettacolo dei tetti sul paese che scende ad anfiteatro sino al livello del mare e alla visione del golfo nelle sue innumerevoli varianti, calmo, mosso, con barche a vela, deserto o, durante le mareggiate più forti, quando sui vetri della portafinestra si deposita la salsedine, con le petroliere e le navi da carico alla fonda.
Tra i tetti, è facile individuare tre campanili; i loro rintocchi, uniti a quelli degli orologi comunali, scandiscono le ore della giornata. Oggi, domenica, il suono delle campane si ripete più volte.
Simona, pur avendo trovato in Concetta un valido aiuto, quasi mai riesce ad assistere alla Messa della mattina ; è un’ora scomoda per lei che nel giorno di festa si dedica a sistemare ciò che non può fare durante la settimana. Per accontentare i figli che reclamano la sua presenza per non sentirsi diversi dai loro coetanei che seguono la messa accanto ai genitori, decide di cambiare programma.
Pur non isolandosi e consapevole dell’importanza di rimanere integrata nel tessuto sociale paesano, Simona evita, in genere, di recarsi alla messa delle undici.
Sul sacrato, fuori della Chiesa, prima e dopo la celebrazione, i presenti usano scambiarsi convenevoli e ripetere, settimana dopo settimana, quella che Simona considera come una recita ben orchestrata con i soliti attori ed il medesimo linguaggio.
Da quando è rimasta sola, le succede, talvolta, di sentirsi a disagio nel conversare con persone le cui radici sono ben piantate in paese.
Per amore dei figli, si infila una spilla dorata sul suo cappotto migliore e si reca in Duomo che, com’era prevedibile, brulica di gente.
Di fronte e ai lati dell’altare, secondo un’abitudine consolidata, prendono posto le famiglie benestanti con le signore che indossano pellicce di visone seppure splenda il sole. Simona si sistema su una sedia laterale.
A celebrare è Don Paolo, un tipico prete conservatore che ben rispecchia la Chiesa attuale che mal sopporta o, addirittura, allontana i cosiddetti preti scomodi, quelli che si schierano dalla parte dei poveri e degli emarginati o i preti operai o quelli che vogliono provare a intrecciare le parole del Vangelo con quelle delle teorie marxiste.
Di rado, il parroco del Duomo riesce a tenere sveglia l’attenzione dei presenti durante le prediche, tanto risultano ovvie e scontate le sue osservazioni e al momento in cui inizia a parlare le donne e gli uomini si accomodano, pronti a distrarsi al minimo scricchiolio delle panche, mentre qualche vecchia si appisola senza accorgersene.
Tuttavia, il tono con cui Don Paolo inizia a parlare fa sì che i presenti prestino orecchio alle sue parole.
“ Oggi non commenterò il Vangelo perché ho intenzione di parlarvi del peccato. Il peccato è ovunque, è in mezzo a noi pronto a tentarci, ad allontanarci da Dio. Noi non lo vediamo poiché si cela sotto varie sembianze.
In primo luogo, bisogna imparare a riconoscerlo in coloro che combattono la chiesa. Questo è il motivo per il quale vi invito a non assistere allo spettacolo che verrà rappresentato sabato prossimo a teatro. Un buon cristiano non può sostenere, con la sua presenza e il suo denaro, il Mistero Buffo di Dario Fo!”
Mai Don Paolo era intervenuto su quanto veniva proposto al cinema-teatro, neppure quando dietro i lustrini dei Varietà provinciali, gli spettatori, se volevano, potevano trovare ben altri divertimenti.
Tra i presenti è tutto un’incrociarsi di occhiate. Le vecchie approvano muovendo il capo in senso affermativo, le più giovani si danno dei colpetti sulle braccia.
Tutti si meravigliano, ma sono pochi quelli che non condividono le idee del prete.
Tra questi c’è Simona. Terminata la Messa, fuori dalla Chiesa, trova Clara una sua collega, separata dal marito, e la convince ad accompagnarla a teatro a vedere Dario Fo.
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