M. Gisella Catuogno
Trittico

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Titolo Trittico
Autore M. Gisella Catuogno
Genere Poesia      
Pubblicata il 24/10/2009
Visite 3104
Punteggio Lettori 60

 

 

Queste poesie hanno vinto il Premio del Presidente -Guido Davico Bonino- della XXII Edizione del Premio letterario di Poesia " Città di Corciano". Sono state pubblicate per la prima volta,  in tempi diversi , su Liberodiscrivere.

 

Stillano i giorni

Stillano i giorni il loro avaro miele
e lo mescolano all'amaro quotidiano
per tentarmi alla vita, nonostante.
E i nodi dell'ansia che arrochiscono
la voce e la baldanza
profumano di nardo tuttavia.
Arpeggia lieve la mia malinconia
e le sue note si perdono nel vento
non fa più male, ormai, è solo compagnia.
Avvolgo alla mia rocca il filo del passato
[sguardi, sussurri e lame di parole
sorrisi, pianti e grumi di dolore
perle di gioia e grandine di rabbia]
e ne alimento il fuso del presente
pungendomi le dita, non di rado.
Non ho un principe azzurro al mio risveglio
né fatine gentili a trepidare
ma guardo incantata i petali dell'alba
riempio d'acqua sorgiva le mie brocche
aspetto il sole, che sciolga questa brina.

                     

                                      ***

 

 

Levità

Lieve è il suo passo:
non vuole spaventare
le farfalle o far tacere
i passeri sul ramo
né ingrigire i pensieri
-per una volta-
azzurri nel mattino.
Quasi è sorpresa
della filigrana eterea
dei suoi sogni
destati dalla polvere
di sole del risveglio;
non ne rammenta
intreccio e nodi
ma l’impressione
di quieta soavità
che li confonde
e li lucida a nuovo
come l’erba d’un prato
dopo un acquazzone.
Chissà se il miracolo
dell’armonia di pelle
e cuore si perderà
come schiuma marina
nell’ebano dell’acqua
o avrà la tenacia
del faro acceso
nella notte fonda?

          ***

Mater dolens

(a mia madre, alla sua infermità)

 

Lasciale asciugarti i capelli
e arricciarli col ferro, come sa fare bene;
e poi seguirti passo passo, mentre
procedi lenta col tuo deambulatore:
attenta come una scolaretta
a non intrecciare i piedi
ma a trascinarli diritti
nelle tue passeggiate giornaliere.
Violeta è lì con te, mentre compi l’impresa,
prima di sederti sfinita sulla carrozzina,
davanti alla tivù che ti distrae
accanto al divanetto col tuo cestino
pieno degli oggetti di sempre:
gli occhiali, il telefono, l’agenda.
Di fronte le foto dei nipoti:
Valentina che danza, piccolina,
con lo chignon raccolto sulla nuca;
Tommaso che prega, a mani giunte
nel giorno della prima comunione:
la tua, quella che ho fatto incorniciare
d’azzurro e margherite bianche
nella gloria dei tuoi acerbi sedici anni
[massa di riccioli composti, sorriso fiducioso]
l’hai fatta nascondere, non la vuoi vedere.

E quando arrivo io, lo avverto, nel tuo sguardo
un barlume di gioia e di sollievo
e mi fai domande, ti accerti di ricordare bene:
il tuo terrore è perdere il passato;
una volta hai sognato una carovana
di cammelli che procedevano lenti
nel deserto, carichi dei tuoi ricordi.
-Mamma, hai memoria più di me!-
e fingo d’ignorare quando sbagli
quando ti ripeti: ti porto fuori al sole
t’indico il mare che respira sotto
i pini enormi che sfiorano la casa
la pergola di vite americana che resiste
i rosai che promettono un maggio di colori
ti colgo un fiore, che assorba le tue pene.

 

 

 

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