M. Gisella Catuogno
Primo Maggio in poesia

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Titolo Primo Maggio in poesia
Autore M. Gisella Catuogno
Genere Poesia - Sociale      
Pubblicata il 30/04/2011
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Vieni o Maggio

 

di Pietro Gori

 

Vieni o Maggio t'aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua dei lavoratori
vieni e splendi alla gloria del sol
 
Squilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
a la vasta ideal fioritura
in cui freme il lucente avvenir
 
Disertate o falangi di schiavi
dai cantieri da l'arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all'eterno sudor!
 
Innalziamo le mani incallite
e sian fascio di forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dai tiranni de l'ozio e de l'or
 
Giovinezze dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date ai petti il coraggio e la fè
 
Date fiori ai ribelli caduti
collo sguardo rivolto all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor!

 

***

 

Il lavoro

 

di Giovanni Arpino

 


Il giorno del lavoro
è finito, i tram vanno sui ponti
e per le piazze hanno acceso i fanali.
Dopo otto ore di duri silenzi
in cui ognuno ha iniettato il meglio di sé,
tutti sono liberi, chi fugge via, chi sosta
sul limitare del  marciapiede.
L'intera città, è traversata da uomini
con la borsa stretta sotto il braccio,
l'odore delle case si raccoglie e si spande
spinto dal buio vento della sera.
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***

 

Noi non ci bagneremo

 

di Rocco Scotellaro

 

Noi non ci bagneremo sulle spiagge
a mietere andremo noi
e il sole ci cuocerà come la crosta del pane.
Abbiamo il collo duro, la faccia
di terra abbiamo e le braccia
di legna secca colore di mattoni.
Abbiamo i tozzi da mangiare
insaccati nelle maniche
delle giubbe ad armacollo.
Dormiamo sulle aie
attaccati alle cavezze dei muli.
Non sente la nostra carne
il moscerino che solletica
e succhia il nostro sangue.
Ognuno ha le ossa torte
non sogna di salire sulle donne
che dormono fresche nelle vesti corte.

 

 

***

 

 

L’omino della gru

 

di Gianni Rodari

 

 

Filastrocca di sotto in su
per l'omino della gru.
 Sotto terra va il minatore
dov'è buio a tutte l'ore;
lo spazzino va nel tombino,
sulla terra sta il contadino,
in cima ai pali l'elettricista
gode già una bella vista,
il muratore va sui tetti
e vede tutti piccoletti...
ma più in alto, lassù lassù,
c'è l'omino della gru:
cielo a sinistra e cielo a destra
e non gli gira mai la testa.

***

 

Il lavoro

 

di Michel Quoist


Ma noi abbiamo rovinato, o Signore,
il lavoro umano.
Abbiamo sciupato il mistero della creazione.
Questa sera, o Signore,
Ti offro il lungo grido di ribellione
degli uomini, schiavi del lavoro.
Ti offro l'umiliazione e la pena di ognuno,
Ti offro la lotta di tutti,
Ti offro i bastonati, gl'imprigionati,
i mitragliati, gli uccisi,
A quell'esercito di lavoratori che lottano
con l'arma della sofferenza
perché siano liberi i loro fratelli.
Signore, illuminali con la Tua luce;
siano lucidi nel conflitto,
siano giusti nella lotta,
siano generosi nel dono.
Purifica il loro cuore, affinché si battano per amore
e tutti, liberi e fieri,
possano offrire al Padre alla fine dei tempi
il Paradiso
che con Te avranno costruito con le loro mani.

 

 

***

 

Gli odori dei mestieri

 

di Gianni Rodari

 

lo so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d'olio la tuta dell'operaio,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di vernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c'è un buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po'.

 

 

***

Le mani dell’operaio

 

di Renzo Pezzani

 

Dice il Signore a chi batte
alle porte del suo Regno:
Fammi vedere le mani;
saprò io se ne sei degno.
L'operaio fa vedere
le sue mani dure di calli:
han toccato tutta la vita
terra, fuochi, metalli.
Sono vuote d'ogni ricchezza,
nere, stanche, pesanti.
Dice il Signore: Che bellezza!
Così son le mani dei Santi!

 

***

 

Contadinello

 

di Lina Schwartz

 

O meraviglia!..  Un gran fascio di fieno
laggiù compare in fondo della via,
e viene avanti come per magia...
Ma no, che son spuntati
di sotto due piedini
lesti, nudi, abbronzati...
Poi due gambette...
un corpo di bambino
Ora, quasi, è vicino;
si ferma, dà uno scrollo...
in terra il fieno, e su libero il collo!
Alta la faccia su cui raggia il sole
e la fiera fatica!
Poi, per sgranchirsi, sulla terra amica,
giù quattro capriole.

***
Gli uomini di domani

 

di G. Douglas Johnson


Bambini oggi - domani - uomini!
Poche lune e pochi soli ancora e poi ,
con lunghe membra flessuose essi stanno,
tutti gli uomini della nostra patria!
Mostrate loro la dignità del lavoro;
date loro il tocco materno della terra;
insegnate loro l'abilità dello strumento
e anche gli enigmi della scuola.
Perché favori e ricchezza si dissolvono
in un solo giorno col cipiglio della fortuna;
ma i padroni di un mestiere sono liberi
di assicurarsi un nuovo destino.
Dov'è l'uomo che osa disprezzare
l'uomo onesto nato per lavorare?
Perché il lavoro ha i suoi rudi dignitari

***

Ogni uomo al suo lavoro

 

di Thomas Stearns Eliot

 

Nei luoghi deserti
noi costruiremo con nuovi mattoni.
Ci sono macchine e mani,
e calce per nuovo cemento.
Dove i mattoni sono crollati
noi costruiremo con nuove pietre.
Dove le travi sono spezzate
noi costruiremo con nuovo legno.
Dove la parola non è pronunciata
noi costruiremo con nuovo linguaggio.
C'è un lavoro comune,
e c'è una fede per tutti,
un compito per ognuno.
Ogni uomo al suo lavoro.

 

***

 

I due vomeri

 

di Cesare Betteloni

 

Un dì d'autunno un vomero
fattosi per lungo ozio rugginoso,
 vide il fratel tornarsene
dai campi luminoso
e domandò curioso:
« Sopra la stessa incudine
 fatti, e d'un solo acciaro,
io son pieno di ruggine
tu sei pulito e chiaro:
chi mai ti fe' sì bello? »

 

***


La cucitrice

 

di Giovanni Pascoli

 

L'alba per la valle nera
sparpagliò le greggi bianche:
tornano ora nella sera
e s'arrampicano stanche;
una stella le conduce.
Torna via dalla maestra
la covata e passa lenta;
c'è del biondo alla finestra
tra un basilico e una menta
è Maria che cuce e cuce.
Per chi cuci e per che cosa?
un lenzuolo? un bianco velo?
Tutto il cielo è color rosa,
rosa e oro, e tutto il cielo
sulla testa le riluce.
Alza gli occhi dal lavoro:
una lacrima? un sorriso?
Sotto il cielo rosa e oro,
chini gli occhi, chino il viso,
ella cuce, cuce, cuce.

***

 

Il treno dell’emigrante

 

di Gianni Rodari

 

Non è grossa, non è pesante
la valigia dell'emigrante...
C'è un po' di terra del mio villaggio,
per non restar solo in viaggio...
un vestito, un pane, un frutto
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l'ho portato:
nella valigia non c'è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuole venire.
Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù...
Ma il treno corre: non si vede più.

***

 

Grande Sud

di Eugenio Bennato

C’è una musica in quel treno
che si muove e va lontano
musica di terza classe
in partenza per Milano
c’è una musica che batte
come batte forte il cuore
di chi parte contadino
ed arriverà terrone.
C’è una musica in quel sole
che negli occhi ancora brucia
nell’orgoglio dei braccianti
figli della Magna Grecia
in quel sogno di emigranti
grande come è grande il mare
che si porta i bastimenti
per le Americhe lontane
(E chi parte oggi pe’ turnare crai
e chi è partuto ajere pe’ un turnaremai).
Grande sud che sarà
quella anonima canzone
di chi va per il mondo
e si porta il sud nel cuore.
Grande sud che sarà
quella musica del ghetto
di chi va per il mondo
e si porta il suo dialetto.
(None none none none
Lieva la capa da lu sole
Ca t’abbruciarrai lu viso
Perdarrai lu tuo colore
None none none none
Piglia lu libro e va alla scola
Quando te ‘mpari a legge e a scrive
Tanto te ‘mpari a fa l’amore)
C’è una musica nei sogni
di chi dorme alle stazioni
negli antichi sentimenti
delle nuove emigrazioni
c’è una musica nel viaggio
dalla terra di nessuno
di chi porta nel futuro
i tamburi del villaggio.
(Zehey maro nandeha
Nandeha ny lefa jialy
Nmatsiaro anareo
Matsiaro antanana).
Grande sud che sarà
quella anonima canzone
di chi va per il mondo
e si porta il sud nel cuore.
Grande sud che sarà
quella musica del ghetto
di chi va per il mondo
col suo ritmo maledetto
E sarà quel racconto
E sarà quella canzone
Che ha a che fare coi briganti
E coi santi in processione
Che ha a che fare coi perdenti
Della civiltà globale
Vincitori della gara
A chi è più meridionale.
(E chi parte oggi pe’ turnare crai
e chi è partuto ajere pe’ un turnaremai).
(Zehey maro nandeha
Nandeha ny lefa jialy
Nmatsiaro anareo
Matsiaro antanana).
(Muessi warire ure,
muesi warire ja,
muesi wala niripachungo) 
(wash ddani ghir lsani ma bqit nawed tani
wash ddani ghir Imor ma bquit nawed sar). 
Grande sud che sarà
quella anonima canzone
di chi va per il mondo
e si porta il sud nel cuore.

 

***

 

Thyssen Krupp

di Maria Gisella Catuogno

Chissà che pensieri affollavano

la vostra mente quando entraste

come tutti i giorni in fabbrica,

fuori il cielo, cristallo dicembrino

le vie già agghindate per le feste?

L’inferno v’aspettava come sempre

e voi come fantasmi ad aggirarvi

tra quella vampa, il rumore, l’abbaglio della luce

ma il cuore fuori, ai figli, alle compagne

al Natale vicino, al pranzo apparecchiato

ai soldi che non bastano, ai piccoli regali.

Poi il fuoco che si libera, impazzisce

danza, lambisce, vortica, v'infiamma:

concitazione urla rabbia impotenza strazio.

E su quei letti, grumi vivi di dolore,

per qualche giorno ancora;

poi pianto, rabbia, buia disperazione

e quel padre che grida: “Assassini!

Ventisei anni…chi mi ridarà mio figlio?”

Nemmeno Dio può alleviare la sua pena.

 

 

 

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