M. Gisella Catuogno
Anna Maria Curci legge M.G. Catuogno

Titolo Anna Maria Curci legge M.G. Catuogno
Autore M. Gisella Catuogno
Genere Saggistica      
Pubblicata il 11/07/2012
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STILLANO I GIORNI

Stillano i giorni il loro avaro miele/e lo mescolano all’amaro quotidiano/per tentarmi alla vita,/nonostante./E i nodi dell’ansia che arrochiscono/la voce e la baldanza/profumano di nardo tuttavia./Arpeggia lieve la mia malinconia/e le sue note si perdono nel vento/
non fa più male, ormai, è solo compagnia./Avvolgo alla mia rocca il filo del passato/[sguardi, sussurri e lame di parole/sorrisi, pianti e grumi di dolore/perle di gioia e grandine di rabbia]/e ne alimento il fuso del presente/pungendomi le dita, non di rado./Non ho un principe azzurro al mio risveglio/né fatine gentili a trepidare/ma guardo incantata i petali dell’alba/riempio d’acqua sorgiva le mie brocche/aspetto il sole, che sciolga questa brina.

 

STELLE FRANTE

Non mi nascondo la vanità del vivere/la sua fragilità di vetro di cristallo/la sua brevità di volo di farfalla/l’impronta lieve/appena sagomata/che resterà di noi/a chi toccherà/di vivere a sua volta/e penserà di nuovo/a quella vanità./Non un filo d’erba/un grappolo di glicine/un sospiro di vento/un tremolio di mare/nell’alba appena desta/cambieranno di forma/intensità colori incanto/. E in ogni luogo/la bramosia di vita/colmerà di verde/i fossi a primavera/feconderà nei nidi/le uova degli uccelli/fiorirà i grembi/d’attesa e di speranza./Perché la vita è questo/germogliare instancabile/e precario:/appena il tempo/di alzare gli occhi al cielo/e perdersi/nella luce/delle stelle frante. 

VIGILIA DI PRIMAVERA

Eppure l’aspettiamo, tutti gli anni/come l’approdo d’una promessa/vagheggiata nell’ombra fredda/delle stagioni morte;/come la gemma d’una speranza/di fede nella vita, tuttavia:/le piume d’un nido in attesa/sotto il tetto/il vento tiepido d’ Eostre/che rinasce/e semina di petali e di luce/le lande desolate dell’inverno/le uova fecondate degli uccelli/negli anfratti sicuri/d’una cavità d’albero/della concavità salata d’uno scoglio/le ripe che s’accendono di giallo/negli spettinati grappoli/dei fiori di ginestra/il mare già cosparso sui fondali/del baluginio biancastro/delle posidonie/il cielo più alto e meno vuoto/di voli e di schiamazzi/acrobata sospeso/tra verità e mistero. 

 

E GIà IL CIELO S'INFIAMMA DI TRAMONTO

E già il cielo s’infiamma di tramontoNon si crederebbe l’attrazione/del foglio bianco a vergarlo/di segni e di parole/che modellino/l’animo –informe-/come creta il vasaio;/a bloccare il tempo/in un presente infinito/che non ci fiorisca di rughe/la fronte e il pensiero/per raccontare le storie del mondo/e di quanti l’hanno solcato/o sfiorato appena/e lui forse/nemmeno se n’è accorto:/della nostra alba di petali rosa/di un mattino fugace ubriaco di sole/e della lunga dolorosa sera./Eri bambina un attimo fa/e già il cielo s’infiamma di tramonto.

 

 IL GIRASOLE

Mi ha regalato mia figlia un girasole:/è assetato di luce, come me./Ma a lui basta girare il capino/e offrire i petali alle carezze/dei raggi per star bene/sentirsi appagato/e al posto giusto/nell’ordine universale./Non ha incertezze:/le corolle sono gialle e salde/il pistillo scuro e vellutato./La notte si riposa/dopo aver bevuto/per tutto il giorno il sole/e forse sogna il fresco/l’ombra/il chiaroscuro. 

 

A PATRIZIA (Ad memoriam)

Quel che più mi manca/è il tuo sguardo lucido/sul mondo;/il tuo giudizio sicuro/su eventi o su persone/ispirato non da presunzione/ma da un’intelligenza/acuta/e libera/da ogni pregiudizio./Quel che più mi manca/è la tua calma paziente/quel non lasciarti/condizionare/da nulla/se non dal tuo pensiero;/la tua curiosità/del mondo e della vita;/quella tua accettazione/delle sfide/d’ogni natura fossero:/le mani alla tastiera/o a sfogliare/come quasi sempre/libri/o a tagliare e cucire/come una sarta vera./Quel che più mi manca/è quello che sapevi/e che porgevi/senza salire in cattedra/come solo i veri maestri/sanno fare;/e quel passo franco/d’eterna ragazza/cittadina;/quel tuo vestito giallo/splendido sull’abbronzatura./Quel che più mi manca/è vederti in bici/o a spasso con i bimbi;/le chiacchiere e le risate/per strada o sulla spiaggia/per qualche ora/in vacanza/dai problemi;/e quel tuo ciglio asciutto:/una lezione che io non ho imparato/ancora/come invece/da sempre/sapevi bene tu.

 

 

Ha la grazia innata dei movimenti e la precisione esperta  di termini e ritmi la poesia di Maria Gisella Catuogno. Tende con slancio autentico alla natura e ne conosce, tuttavia, la fragilità della “promessa vagheggiata” (Vigilia di primavera) e destinata a infrangersi, non senza aver prima danzato, incantando e incantandosi, al ritmo di un rondò.In questo senso, Stelle frante è rivelazione di una poetica, suo manifestarsi nella catena impeccabile di immagini-suoni: “Non un filo d’erba/un grappolo di glicine/un sospiro di vento/un tremolio di mare/nell’alba appena desta/cambieranno di forma/intensità colori incanto.” Non è mero idillio questa ‘necessaria’ continuità, è, piuttosto, la musica, potente perché non teme di apparire semplice e sommessa (Il girasole), della “legge mite”, che regola, ovvero, più precisamente, “compone” i rapporti tra mondo e esseri umani, quella legge teorizzata da Stifter nella Premessa ai suoi raccontiPietre colorate e citata più volte da Heidegger.La “legge mite” passa per una fase di rottura, di lacerazione, che nella lirica E già il cielo si infiamma di tramonto ha i tratti del contrasto cromatico, tra il bianco, autobiografico bagliore irresistibile del foglio da vergare “di segni e di parole/che modellino/ l’animo” e il rosso fiammante del cielo della sera,  al tramonto delle illusioni di “bloccare il tempo/in un presente infinito”.Che la nozione della “legge mite”, “dell’ordine universale” (Il girasole) non sia supina arrendevolezza, ma “intelligenza acuta/ e libera/ da ogni pregiudizio”, “calma paziente” che affianca la “curiosità”, la consapevole “accettazione delle sfide”, è chiarito dal ricordo insieme struggente e luminoso A Patrizia (ad memoriam): “Quel che più mi manca/è quello che sapevi/e che porgevi/senza salire in cattedra/come solo i veri maestri/sanno fare;/e quel passo franco/d’eterna ragazza/cittadina;/quel tuo vestito giallo/splendido sull’abbronzatura”.La cifra di Stillano i giorni, nell’alternanza, dominata con agilità e sicurezza,  di misure – al prevalente endecasillabo si intrecciano dodecasillabi e un settenario -  e di ritmi diversi, è la “quieta grandezza”, è la melodiosa semplicità, è l’armonia con la quale Maria Gisella Caatuogno tesse, non priva di sublime ironia, classico e fiabesco, donando a chi legge, a chi ascolta, il ritratto veritiero, familiare e originalissimo, di un sé incantato a guardare “i petali dell’alba”, a riempire “d’acqua sorgiva” le brocche, ad aspettare “il sole,che sciolga questa brina”.                                                                                                                  Anna Maria Curci/ Il giardino dei poeti

                                                                                          

 *Anna Maria CurciDi natali romani e ascendenze apulo-lucane, insegna tedesco presso un Istituto scolastico statale di Roma e all’Università degli Studi di Siena (sede di Arezzo).
La sua passione per l’universo plurilingue affonda le radici nell’infanzia trascorsa tra i suoni del dialetto di Ruvo di Puglia.
Autrice di testi per la didattica della lingua che insegna, scrive poesie in tedesco e in italiano dal 1994.

http://muttercourage.blog.espresso.repubblica.it

 

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