Alberto Caminiti
La guerra di Crimea (1853 – 1856)

Titolo La guerra di Crimea (1853 – 1856)
Autore Alberto Caminiti
Genere Storia      
Pubblicata il 11/06/2013
Visite 10448
Editore Liberodiscrivere® edizioni
Collana Koine´  N.  26
ISBN 9788873884460
Pagine 314
Prezzo Libro 18,00 € PayPal

La Guerra di Crimea, a distanza di 160 anni, ci appare lontana e poco significativa. Il Piemonte – grazie a questo conflitto e per opera del Grande Tessitore Cavour  – venne lanciato  fra le maggiori potenze europee e ottenne pari dignità e consenso. Sono parecchi decenni che non vi sono pubblicazioni, in lingua italiana; in genere trattano parti separate di questa vicenda bellica (chiamata all’epoca Guerra d’Oriente 1853-1856) e si soffermano sulla partecipazione degli alleati al conflitto, oppure su singole battaglie come Balaklava, l’Alma, la Cernaia o sulla famosa "Carica dei Seicento". Non esiste volume che dia una globale visione dell’intera campagna di Crimea. L’autore ha voluto quindi dare una completa trattazione del conflitto, dagli antefatti religiosi e politici che lo causarono fino al Trattato di pace di Parigi con cui esso si concluse. Vedremo perché Gran Bretagna, Francia, Impero ottomano e Regno di Sardegna si lanciarono contro la Russia zarista, sbarcando nella penisola di Crimea e ponendo l’assedio alle possenti mura di Sebastopoli.  Da quelle lontane terre nacque, con il tempo, il Regno d’Italia; l’ottimo comportamento dei soldati piemontesi riscattò le infauste Custoza e Novara ed elevò il piccolo Stato a dignità europea. 

Capitolo I - LE ORIGINI DEL CONFLITTO

INTRODUZIONE

Ancor oggi, e quindi a notevole distanza di tempo, gli storici individuano in una serie di futili motivi, l’origine primaria di questo conflitto che all’epoca venne chiamato “Guerra d’Oriente”. In particolare essi dicono che alla base vi fu un complesso di frustrazione di taluni sovrani in carica, reciproche invidie fra Stati, sciocche liti fra monaci a Gerusalemme e Betlemme, antichi e persistenti odii fra popoli, oltre che principi ben radicati nella politica di alcuni paesi.

Cercheremo di analizzare tutte queste motivazioni ed il sistema più adatto sembra sia, a chi scrive, di vagliare le cause che portarono al conflitto, Stato per Stato. Infatti, come appare in moltissimi dipinti dell’epoca, immaginatevi tutti i sovrani europei riuniti contemporaneamente in una immensa sala, e assisi ad un grande tavolo da pranzo; il menu era appetitoso e vario, ma i cibi provenivano da un solo unico alimento: l’Impero ottomano!

Formato da una miriade di etnie, esteso fra tre continenti e governato da sultani esangui ed incapaci, chiaramente l’Impero di Costantinopoli era una vittima predestinata.

 

L’IMPERO DEGLI ZAR

Ogni potenza europea pensava di annettersi una parte dei suoi territori, ma soprattutto era lo Zar della Russia, Nicola I, il più famelico dei pretendenti. Anticipiamo che, in calce al presente testo, allegheremo una scheda biografica per tutti i principali personaggi che si mossero sul palcoscenico della guerra di Crimea: regnanti, condottieri, politici ed uomini illustri.

In buona sostanza, Nicola I aveva una mentalità paranoica, convinto - com’era - di beneficiare di un particolare potere autocratico derivantegli dalla Unzione divina, e di essere stato quindi chiamato dalla divinità a svolgere una grande missione.

Si elesse pertanto a tutore della Santa Alleanza ed a difensore dello status conseguente al Congresso di Vienna. Questo spiega il diretto intervento delle poderose armate dello Zar per debellare nel 1848 e nel 1849 i moti liberali e costituzionalisti in Ungheria ed a Vienna. In pratica salvò il vacillante trono degli Asburgo dalle locali rivoluzioni. Quando poi si seppe dei moti liberali francesi, i suoi ministri dovettero calmarlo, altrimenti lo Zar sarebbe partito per la Francia senza neanche essere stato interpellato dall’imperatore Napoleone III.

Questo era l’uomo. Egli si era pure autonominato difensore della fede, ossia dei luoghi religiosi affidati parzialmente ai monaci greco-ortodossi (Betlemme e Gerusalemme) ed - ovviamente - di tutte le comunità di tale fede fiorenti nella parte europea dell’Impero di Costantinopoli. Il suo programma (che però le potenze europee sempre respinsero) prevedeva la formazione di Stati ortodossi come Romania, Bulgaria e Serbia, sotto il diretto protettorato russo. 

Dobbiamo ricordare che molti storici annoverano tra le cause che originarono la guerra d’Oriente, la grande rissa che si scatenò il 1847 nella chiesa della Natività di Betlemme (che avrebbe dovuto essere un pio luogo di pace) fra monaci ortodossi e frati cattolici per la banale questione dello spostamento di una grande stella d’argento che indicava il punto preciso dove sarebbe stata la mangiatoia di Gesù. 

I monaci ortodossi l’avevano spostata e facevano un po’ da padroni, essendo depositari delle chiavi d’ingresso della chiesa. I religiosi cattolici pretesero che la stella venisse rimessa al posto originario e nacque un tafferuglio, a suon di candelabri e crocefissi, che richiese l’intervento della Gendarmeria ottomana. Nicola I protestò veementemente col Sultano e fece ridare le chiavi della chiesa (di cui i cattolici si erano impossessati) ai religiosi ortodossi. Anche questa controversia ebbe il suo peso, aumentando lo stato di animosità della Russia verso la Turchia. 

Vi era infine, ultimo ma non minore, il grande e vecchio sogno russo di sboccare nelle acque calde del Mediterraneo, attraverso Bosforo e Dardanelli. Automaticamente ciò si scontrava con la politica di Londra che - per ragioni commerciali - voleva la più estesa libertà dei mari e, per ragioni strategiche, desiderava evitare la presenza di un grosso, e militarmente potente, concorrente nel Mediterraneo. 

Completiamo il panorama politico zarista, accennando al fatto che Nicola I riteneva che l’Austria fosse un fidato alleato della Russia, ma ciò non corrispondeva alla realtà né alla personale visione del giovane imperatore Francesco Giuseppe (come vedremo chiaramente in seguito), così come la Prussia; ma anche qui lo Zar si sbagliava, in quanto l’imperatore germanico Federico Guglielmo IV, che era anche suo cognato, non gli perdonava la sua opposizione alla unificazione di tutti gli Stati tedeschi con la Prussia. 

Come si vede, c’era già una caterva di materiale bollente in pentola, ma la testardaggine dello Zar creò la peggiore delle premesse del futuro conflitto. Nel 1853 egli inviò a Costantinopoli (che i russi chiamavano Zarigrad, il che è tutto dire) una missione che invece di essere diplomatica fu di chiara forma militare, essendo infarcita di decine di generali e di ammiragli ed essendo affidata al principe Menscikov che lo Zar prediligeva e che era generale, grande ammiraglio, governatore di provincia ed altrettanto incompetente in tutti questi ruoli, come l’imminente conflitto dimostrerà.

Ora, se c’era un personaggio che odiava in maniera viscerale gli ottomani,era proprio Menscikov. Egli, arrogante e personalmente di natura scontrosa, creò subito imbarazzanti crisi diplomatiche, fece perdere la faccia al ministro turco degli esteri che si dimise in quanto il russo si era rifiutato di recarsi ad udienza, e presentò una serie di ultimatum ai malcapitati ministri turchi; in particolare pretendeva di istituire il protettorato su tutte le comunità di cittadini greco-ortodossi dell’Impero. In pratica su tutti i sudditi cristiani della Sublime Porta! 

Fu così che di fatto gettò il Sultano nelle braccia (ansiose ed amorevoli) delle potenze europee disponibili a difendere la sovranità ottomana. La deflagrazione vera e propria fu costituita dall’invasione (2 giugno 1853) dei Principati danubiani della Moldavia e della Valacchia, autonomi ma nominalmente sotto la sovranità del Sultano. Ne parleremo appresso. Ora però, a completamento del quadro generale russo, dobbiamo ricordare che all’epoca la Russia era caratterizzata da una economia prevalentemente agricola con grandi monocolture estensive a cereali (grano, mais, segala) ma scarsamente produttive per cause varie (grandi latifondi, servitù della gleba scarsamente motivata, inesistenza di concimi e di mezzi meccanici), per cui gli Zar cercavano di sopperire a tale situazione mediante l’acquisizione di nuovi spazi coltivabili (province orientali della steppa, Siberia, Manciuria) in direzione dell’Oceano Pacifico. Ciò porterà a fine secolo alla progettazione della Transiberiana (1887) ed all’inizio della costruzione della medesima (1891).

 

L’IMPERO OTTOMANO

Abbiamo visto che era un paese in pieno disfacimento, impossibilitato a trattenere le decine e decine di etnie tendenzialmente spinte all’indipendenza per motivi linguistici, culturali, religiosi e storici. Tale processo di disgregazione era inarrestabile e durerà ancora per 50-60 anni. Bisognerà infatti arrivare alla Prima guerra mondiale ed alle vittorie turche a Gallipoli nonchè alla ferrea azione di comando di Kemal Pascià perché i Turchi recuperino fierezza ed identità nazionale. Proseguendo in una serie di sultani viziosi e deboli, vi era allora sul trono del Bosforo, Abd ul-Megid I che conosceva la lingua francese e voleva dare un’impronta moderna al suo impero. Le pressioni russe, la vastità dei confini e l’intima debolezza dell’organizzazione amministrativa, resero impossibile il suo disegno. 

Diciamo che gli europei in linea di massima non vedevano di buon occhio il popolo turco, poiché il suo esercito si era reso colpevole recentemente di atrocità e di comportamenti contrari al diritto delle genti, nonché di ottusa oppressione delle popolazioni locali che lottavano per la propria indipendenza, soprattutto quella greca. Come avviene però in molti casi, l’opinione pubblica opportunamente indirizzata dai disegni dei governi e dalla stampa filo-governativa, mutò radicalmente parere ed “i poveri turchi” vennero sbrigativamente promossi a “vittime dei progetti imperialistici dello Zar”; giudizio peraltro pertinente, quando i russi invasero - come abbiamo detto - i Principati danubiani. Così gli inglesi ed i francesi si commossero e scelsero di tutelare i “fratelli ottomani”.

 

I MANCATI ALLEATI DELLO ZAR

Quando Nicola I attivò le sue armate, sapeva che si sarebbe scontrato con i franco-britannici; riteneva però di avere due formidabili alleati: Prussia ed Austria-Ungheria. Ma non fu così. La Prussia decise immediatamente per una linea di neutralità, volendo preservare i propri eserciti per il prevedibile futuro (prima o poi) scontro con i “naturali” avversari francesi (ciò avverrà nel 1870: guerra franco-prussiana). 

L’Austria per un po’ si barcamenò, essendo il suo sovrano memore che il trono d’Asburgo si era salvato solo per l’intervento di supporto russo. Poi prevalse la linea della non-belligeranza, dovuta al timore che in caso di vittoria russa, l’intera zona balcanica sarebbe stata annessa dall’impero di San Pietroburgo. Per cui Nicola I si trovò a combattere da solo contro gli alleati degli ottomani. Egli però considerava le sue armate inarrestabili, ma la semplice realtà della Crimea consacrerà una volta per tutte l’intima inconsistenza del “rullo compressore russo”, dimostrando che si trattava di un gigante dai piedi d’argilla. 

 

LA FRANCIA

Personalmente Napoleone III detestava Nicola I che lo snobbava e non lo chiamava nelle lettere “mio buon fratello”, come faceva con tutti gli altri sovrani europei. Per lo Zar, Napoleone III era un piccolo borghese, un ricco parvenu, non unto dal Signore e quindi non degno di stare sul trono. In più i francesi odiavano i russi, memori dei cosacchi che avevano sfilato a Parigi dopo la caduta di Napoleone a Waterloo. 

Inoltre vi era sempre in auge, nella politica d’ Oltralpe, il progetto di un grande possedimento d’Oriente che abbracciasse Siria e Libano (province ottomane) sotto il tricolore francese. Infine, nel campo religioso, i francesi sin dal Medioevo si consideravano (unilateralmente) difensori dei cattolici ovunque risiedessero e quindi anche dei luoghi sacri di Gerusalemme, su cui invece voleva predominare Nicola I, difensore della chiesa greco-ortodossa. Tutto ciò portò all’immediata alleanza dei francesi con gli ottomani. 

 

LA GRAN BRETAGNA

La posizione britannica era chiara: libertà mercantile dei mari; no alla flotta zarista nelle acque calde mediterranee; appoggio totale alla Sublime Porta, i cui territori danubiani erano stati invasi dai russi.

 

IL REGNO DI SARDEGNA

Per ragioni sistematiche ci riserviamo di dettagliare approfonditamente l’argomento dell’intervento piemontese nella 3^ parte del presente testo. Per il momento ci limitiamo a dire che degli invitati all’ideale convito, Il Piemonte era il più timido, sia per consistenza di territorio, che per inesperienza diplomatica, ed infine per potenza militare. Come avviene talora nel caso dei piccoli paesi, aveva però alla guida un grande uomo politico, Camillo Benso di Cavour (appunto: il Grande Tessitore) e questi operava affinchè la piccola realtà sarda apparisse sempre più importante sulla ribalta internazionale. 

Al suo fianco c’era Vittorio Emanuele II che aveva compreso l’importanza del momento storico. Le motivazioni che spingevano la futura Italia a calcare le scene europee erano varie e complesse: cercheremo di presentare qui almeno le principali:

  • nel quadro internazionale, l’Austria di Francesco Giuseppe era una naturale alleata della Santa Russia; per converso il Regno di Sardegna doveva appoggiare la fazione contraria; 
  • il Piemonte aveva un patto militare con la Francia; se questa entrava in guerra in Crimea, si doveva onorarne i termini. In tal modo la Francia sarebbe stata costretta a ricambiare l’aiuto, scendendo al fianco del regno di Sardegna nella prevedibile seconda guerra d’indipendenza, come di fatto avverrà nel 1859;
  • si presentava una ghiotta occasione di farsi le ossa tra le grandi potenze europee; bisognava approfittarne per poter poi partecipare al “banchetto” delle condizioni di pace. I vincitori avrebbero avuto di che spartire (non ottenemmo nulla, se non una minima notorietà ed i ringraziamenti per il simbolico intervento dei sardi);
  • infine (e qui bisogna dare atto alla grandezza d’ingegno ed alla lungimiranza diplomatica di Cavour), c’era l’occasione per portare nel dibattito politico la “questione italiana”, ossia il contesto dell’unificazione nazionale e della ingombrante presenza austriaca nella penisola. Mentre gli eserciti si sarebbero battuti davanti alle formidabili mura di Sebastopoli, i plenipotenziari d’Europa avrebbero lavorato a pieno ritmo per stabilire i futuri destini dei territori europei della Sublime Porta. Avrebbero così necessariamente preso in considerazione i problemi del piccolo Regno che cercava di unificare gli staterelli della penisola, scontrandosi con l’invasiva potenza asburgica. Qualcosa ne sarebbe sortito nel Trattato di pace, quando si sarebbe valutata l’opera del Corpo di spedizione piemontese a fianco degli alleati.

 

Ecco quindi tratteggiata la situazione politica e diplomatica europea nell’imminenza dello scoppio del conflitto d’Oriente.

Le origini della cosiddetta “questione orientale” (sopra esaminata) vanno pertanto individuate nel grande sconvolgimento geopolitico che il decadimento dell’Impero ottomano aveva innescato, nelle mire espansionistiche panslaviste (navali e terrestri) della Russia zarista, e nella determinazione di Francia e Gran Bretagna ad esercitare l’egemonia marittima e territoriale nell’area del bacino mediterraneo (Nordafrica e Medio Oriente).

 

La Guerra di Crimea, a distanza di 160 anni, ci appare lontana e poco significativa. Il Piemonte – grazie a questo conflitto e per opera del Grande Tessitore Cavour  – venne lanciato  fra le maggiori potenze europee e ottenne pari dignità e consenso. Sono parecchi decenni che non vi sono pubblicazioni, in lingua italiana; in genere trattano parti separate di questa vicenda bellica (chiamata all’epoca Guerra d’Oriente 1853-1856) e si soffermano sulla partecipazione degli alleati al conflitto, oppure su singole battaglie come Balaklava, l’Alma, la Cernaia o sulla famosa "Carica dei Seicento". Non esiste volume che dia una globale visione dell’intera campagna di Crimea. L’autore ha voluto quindi dare una completa trattazione del conflitto, dagli antefatti religiosi e politici che lo causarono fino al Trattato di pace di Parigi con cui esso si concluse. Vedremo perché Gran Bretagna, Francia, Impero ottomano e Regno di Sardegna si lanciarono contro la Russia zarista, sbarcando nella penisola di Crimea e ponendo l’assedio alle possenti mura di Sebastopoli.  Da quelle lontane terre nacque, con il tempo, il Regno d’Italia; l’ottimo comportamento dei soldati piemontesi riscattò le infauste Custoza e Novara ed elevò il piccolo Stato a dignità europea. 

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