M. Gisella Catuogno
Intervista di Maria Di Lorenzo

Titolo Intervista di Maria Di Lorenzo
Autore M. Gisella Catuogno
Genere Narrativa - Biografia      
Pubblicata il 19/02/2014
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INTERVISTA  DI MARIA DI LORENZO A MARIA GISELLA CATUOGNO

1 ) "Padrona del mio cuore" è un romanzo con al centro una splendida figura di donna, Cristina Trivulzio di Belgioioso. Una donna realmente esistita, la cui vita però assomiglia a un romanzo inventato, ricca com'è di eventi, di colpi di scena, di scelte coraggiose, di svolte drammatiche ed al tempo stesso gravide di vita. Com'è nato, Maria Gisella, questo romanzo? Quale è stata la "scintilla"?

. Non mi è facile risalire alla genesi del romanzo. Il personaggio di Cristina è rimasto sottotraccia nella mia mente per molto tempo: ne avevo sentito accennare in alcuni film, in qualche fiction televisiva, ne avevo letto frammenti di biografia a proposito della partecipazione femminile al nostro Risorgimento e aveva fatto breccia nel mio immaginario. Al contempo, mi meravigliava quanto fosse sconosciuto ai più. E lentamente ma inesorabilmente si è fatta strada la necessità di approfondirlo. Mi sono persuasa che dovevo confrontarmi con quella donna straordinaria, conoscerne tutta la vita e il pensiero, perché la sua presenza costante in me cominciava a divenire ingombrante. Insomma, dovevo dedicarmi a lei e scriverne, non solo per un debito di riconoscenza per tutto quello che, nei suoi sessantatre anni d’esistenza, era riuscita a fare, ma anche, in un certo modo, per non esserne più “ossessionata” e poterla osservare e valutare in prospettiva, nel contesto storico che le apparteneva

2) La ricostruzione storica è molto accurata. In che modo ti sei mossa per ricreare l'ambiente in cui Cristina di Belgioioso ha vissuto i principali eventi della sua vita? Parlo dell'ambientazione storica, ma non solo, anche della psicologia dei personaggi, della temperie morale e culturale dell'epoca che tu hai saputo magistralmente ricreare sulla carta. Raccontaci come è stata la lavorazione di questo romanzo ricco e complesso.

Il Risorgimento mi affascina da sempre: lo sento come una delle rare stagioni della nostra storia nazionale in cui le energie positive di un popolo (o di parte di esso) riescono a canalizzarsi per l’affermazione di valori di dignità culturale, sociale e politica e per un riscatto morale divenuto improcrastinabile. L’amor di patria trova la forza per far risorgere l’Italia, che il Metternich, al Congresso di Vienna, aveva sprezzantemente definito “una semplice espressione geografica” da quattro secoli di dominazione straniera, per trasformare l’anelito alla libertà e all’indipendenza in azioni concrete. A costo però di sacrifici indicibili, di sofferenze atroci, di atti di autentico eroismo. Non si esita ad offrire all’ideale per cui si lotta il proprio giovane sangue, la stessa vita: e sono vite di ragazzi e ragazze, di giovani di venti o trent’anni. Mi sono calata in quell’epoca leggendo, studiando, osservandone le espressioni artistiche, ascoltandone la musica. E’ stata una full immersion gratificante  perché ho sempre amato il movimento culturale che fa da sfondo agli eventi storici della prima metà dell’800, ossia il Romanticismo e i suoi valori. Forse per temperamento, condivido il “forte sentire”, che esso propone: nell’espressione dei sentimenti e delle emozioni, nell’anelito all’assoluto, nella sensibilità individuale e sociale. Assorbito il contesto, non è stato difficile calarsi nella psicologia dei personaggi: li sentivo “consentanei”, come avrebbe detto il mio maestro di letteratura Lanfranco Caretti, li avvertivo all’unisono con me. La lavorazione è stata lunga, lenta, laboriosa, ma mi pareva giusto che procedesse così, a piccoli e ben ponderati passi, inframmezzati, a volte, da pause di settimane. Volevo ricreare un quadro storico dettagliato, ma, al tempo stesso, conferire concretezza, immediatezza e vivacità alla protagonista e ai personaggi che le ruotavano attorno.

3) Veniamo ora più propriamente al personaggio di Cristina di Belgioioso. Definita dai contemporanei eccentrica, avventuriera, narcisista, filantropa e rivoluzionaria, fu una donna che, amata o odiata con pari intensità, visse comunque da protagonista la sua esistenza. Che idea ti sei fatta di lei mentre scrivevi il tuo romanzo?

Cristina era anni luce avanti ai suoi detrattori, per intelligenza, capacità d’analisi dei pregiudizi del tempo, consapevolezza dei mali atavici di cui soffriva il nostro sfortunato Paese. Era uno spirito libero, che agiva secondo coscienza e conoscenza, generosa e passionale,  coerente con se stessa e il suo prossimo, a costo dell’emarginazione sociale.  Lasciò dopo pochi anni di matrimonio il principe Emilio di Belgioiso, scandaloso libertino, che cominciò a tradirla poco dopo le nozze, spingendosi a proporle un ménage a trois che lei sdegnosamente rifiutò, abbandonandolo. Eppure per questo subì la condanna della Milano perbenista e ipocrita, che, aggiunta alla persecuzione austriaca e austriacante, la costrinse all’esilio prima in Svizzera e poi in Francia.  Il marito le aveva trasmesso la sifilide di cui soffrì per tutta la vita: per tenerne sotto controllo gli effetti e i dolori che le procurava faceva uso di  morfina, nelle dosi raccomandate dai medici curanti. Per questo fu sempre considerata da chi l’aveva in odio una viziosa e una drogata. Possedeva una bellezza singolare che aveva i suoi punti di forza negli occhi immensi, nell’ovale delicato, nella pelle candidissima, nei lunghi capelli corvini. Fece innamorare di sé schiere di uomini, musicisti come Liszt, Chopin e Bellini, poeti come Heine e De Musset, generali come La Fayette, per citarne solo alcuni. Ecco che allora si parlò di lei come di un’avventuriera, di una narcisista, di un’eccentrica, di una ninfomane. E invece dovette essere proprio la sua cultura, il suo carisma intellettuale a stregare, più ancora della sua bellezza fisica. Certo, aveva le sue originalità: vestirsi di nero, ostentare la sua magrezza e il suo pallore, arrivare a far imbalsamare il corpo del suo giovane  amante Gaetano, morto di tisi poco più che ventenne. Ma sono debolezze sbiadite al confronto dei suoi meriti: ha finanziato esuli e movimenti patriottici; ha partecipato in prima persona alle Cinque Giornate di Milano e alla difesa della Repubblica Romana dirigendo i dodici ospedali della capitale, curando piaghe e ferite e fondando il primo corpo delle infermiere laiche;  ha organizzato scuole per i figli e le figlie dei contadini, ha sottratto questi alla miseria materiale e morale, istruendoli, specializzandoli nelle colture e accogliendoli e sfamandoli nello “scaldatoio” della sua casa di Locate, dove è tuttora considerata la “benefattrice” per le sue riforme sociali; ha trattato a tu per tu con Mazzini, Cavour e tutti i potenti del tempo, sicura delle sue buone ragioni come del prestigio nobiliare ed economico della propria famiglia; ha diretto salotti culturali frequentati dall’intellighenzia parigina ed europea; giornalista e scrittrice, ha prodotto, in italiano e in francese,  articoli e saggi di politica, economia, diritto, filosofia, religione, costume, dirigendo lei  stessa, pioniera nel nostro Paese, giornali e “fogli”; in ambito familiare ha dedicato grandi energie affettive ed economiche alle sue sorellastre, all’amato Alberto, condannato come cospiratore, e si è dedicata anima e corpo all’educazione della sua unica figlia Maria, intraprendendo, quando si trovava esule in Turchia, un incredibile viaggio dalla Cappadocia a Gerusalemme pur di farle fare la Prima Comunione nella città santa. L’ intelligenza cristallina, l’intraprendenza, l’attivismo, la modernità di pensiero, la penna acuminata e, all’occorrenza, la lingua tagliente infastidivano, scandalizzavano, creavano imbarazzo. Era più facile screditarla che ascoltarla e tentare di capire. Ma Cristina non si scoraggiava, non si lasciava umiliare, era padrona del suo cuore e della sua mente, sicura di essere, con la sua cultura ed intelligenza, più nella verità lei da sola che i suoi tanti denigratori uniti insieme.

4) L'emancipazione femminile è stato un processo lento e ancora non del tutto attuato, sebbene siamo nel ventunesimo secolo. E' un'emancipazione più nella forma che nella sostanza, a parer mio, ma addirittura nell'Ottocento, quando vive la Belgioioso, era qualcosa di assai più distante della luna, non ti pare? Quanto coraggio ha avuto questa donna, e che cosa può dire secondo te la sua storia alle donne del mondo di oggi?

Cristina medita a lungo sulla condizione femminile, con una consapevolezza e maturità di pensiero che, per i tempi, stupisce. Aveva già capito tutto quello che noi, donne di oggi, sappiamo: che la strada dell’emancipazione è lunga e difficile; che una donna è giudicata spesso più dal suo aspetto fisico che non da quello che pensa, dice o scrive; che il tramonto della bellezza e della giovinezza penalizza soprattutto il sesso femminile. Si rammarica anche del fatto che sono donne, spesso, le più acerrime nemiche di altre donne. Eppure non rinuncia mai alla sua femminilità, al desiderio di un figlio, all’incanto, comunque, di essere donna. E, proprio per questo, ha molto da insegnarci, ancora oggi, che il cammino appare, come sempre, impervio e lontano dal traguardo, non solo per le bambine, le ragazze e le donne africane, asiatiche, sudamericane, ma anche per noi occidentali, specialmente in Italia, dove la violenza e il femminicidio continuano a riempire le cronache dei giornali. Cristina ci insegna che la vera emancipazione non è la libera esibizione esteriore, ma la stima di sé, il coraggio per sostenere le proprie idee, il possesso di uno spessore culturale ed etico insomma, che può, soltanto se posseduto in profondità,  garantire la vera libertà, quella della mente,  da cui discendono tutte le altre. E in questo Cristina è stata maestra.

5) Una domanda sulla scrittura. Tu sei un'autrice che ha un rapporto molto forte, molto profondo con la parola, basti pensare che sei conosciuta da vari anni come poetessa e, da poetessa, sai usare con sapienza e con pregnanza di senso ogni singola parola. Hai scritto anche racconti e testi in prosa ma con il romanzo "Padrona del mio cuore" si può dire che irrompi compiutamente nella narrativa. Vorrei che ci parlassi del rapporto tra poesia e prosa e più in generale del tuo rapporto con la scrittura: quando hai cominciato a scrivere e qual è stato il tuo percorso creativo in questi anni?

Ho cominciato a scrivere circa dieci anni fa, sollecitata da un concorso di poesia e da un’amica che mi fece conoscere un sito di letteratura, dove si potevano postare poesie o racconti e scambiarsi giudizi.. Per me fu una rivelazione perché finalmente mi potevo confrontare con persone che avevano le mie stesse “affinità elettive” e non tenere più nel cassetto i miei scritti. Ho scelto di esprimermi in poesia e in prosa, a seconda degli stati d’animo e dei progetti che mi frullavano per la testa, non escludendo esperienze di scrittura collettiva, quali Il volo dello struffello (prosa e poesia, ed.Liberodiscrivere), Malta Femmina (romanzo, ed.Zona) e, di recente, In territorio nemico (romanzo, ed.minimum fax). A queste prove se ne sono intrecciate altre, come le sillogi poetiche Parole per amore (ed. Libroitaliano) Mare more e colibrì (ed. Liberodiscrivere) Brezza di mare (ed. Ulivieri) Fiori di campo (ed. Montedit), Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni (ed. Onirica). Per quanto riguarda il rapporto tra prosa e poesia, penso che siano due modalità di scrittura che esigono “spazi mentali” diversi. Per vergare versi, io ho bisogno di un certo equilibrio interiore, di essere almeno in parziale armonia con me stessa e con gli altri, di far decantare gli assilli quotidiani; altrimenti è puro sfogo. La prosa, specialmente la narrativa, è più filtrata rispetto alla poesia, propone costruzioni fantastiche o storiche “altre”, non coinvolge come la lirica la propria intimità, se non per una precisa scelta. Insomma, per me ci sono giorni di prosa e giorni di poesia, senza che le due modalità entrino in conflitto tra di loro. Anzi, ritengo che l’apprendistato poetico serva moltissimo a sorvegliare formalmente il linguaggio narrativo, perché affina l’orecchio alla musicalità del verso e quindi al valore del significante. Tale acquisizione, trasferita in prosa, spinge all’armonia dei periodi sintattici, alla loro scorrevolezza, cura ed armonia.

6) Maria Gisella, che cosa significa scrivere per te?

Per me scrivere è oggi una necessità e al contempo un sollievo. Non potrei più farne a meno, perché mi sentirei privata di un’opportunità irrinunciabile di comunicazione con gli altri, di riflessione su me stessa e sulle grandi problematiche esistenziali e contemporanee, di scandaglio, attraverso la letteratura, e quindi in una forma “mediata” e non “immediata”, del mondo circostante. E poi come farei a cantare l’incanto di un alba o di un tramonto, il respiro del mare, la vastità del cielo, la bellezza della mia isola e il sorriso della mia nipotina, senza la poesia?

Breve biografia

Maria Gisella Catuogno è nata all’Isola d’Elba, dove vive. Laureata in Lettere all’Università di Firenze, insegna Italiano e Storia in un Istituto Tecnico, è madre di tre figli e, da quattro mesi, nonna. Il suo rapporto con la scrittura è sempre stato rimandato, per impegni professionali e familiari, fino a quando non è scattato l’impulso irresistibile di mettere finalmente mano alla penna e alla tastiera del computer. Ha così partecipato ad un concorso per la pubblicazione di una raccolta poetica e quasi contemporaneamente ha cominciato a inserire racconti e poesie nel sito di scrittura on line Liberodiscrivere. Ha pubblicato otto opere singole, fra le quali tre sillogi poetiche, tre di narrativa e una mista di poesie, racconti, pensieri e immagini; l’ultima pubblicazione è il romanzo storico Padrona del mio cuore Ed. Libromania (De Agostini-Newton Compton), uscito nel dicembre 2013. E’ presente in molte antologie e collabora ai blog letterari Viadellebelledonne, Flannery, In purissimo azzurro, Poetika, dove ha pubblicato anche recensioni e saggi. Collabora a testate giornalistiche locali, quali Lo Scoglio, trimestrale di storia e cultura dell’Isola d’Elba, e a L’Isola di Capri, Anacapri e costiere. I temi delle sue opere sono l’interiorità, i sentimenti, le biografie storiche, l’aspirazione all’assoluto,  la natura -il mare in particolare- il tempo e il passaggio delle stagioni, l’infanzia nonché le problematiche sociali, quali le violenze, le ingiustizie, le migrazioni.

 

Blog Flannery di Maria di Lorenzo

 

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