Mauro Macario
Tai Ki Kung Alchimie in movimento

Titolo Tai Ki Kung Alchimie in movimento
a cura di Mauro Macario, con un’intervista al Maestro Ming
Autore Mauro Macario
Genere Discipline Orientali      
Pubblicata il 06/05/2014
Visite 17875
Editore Liberodiscrivere® edizioni
Collana L’approfondimento  N.  17
ISBN 9788873884996
Pagine 198
Note a cura di Mauro Macario, con un’intervista al Maestro Ming e testi di: Claudio Accorsi - Luisa Bertaglia - Rita De Battisti - Maurizio Ferrari - Simone Grassi - Roberta Grossi - Gianna Legato - Mauro Macario - Giuseppe Panico - Donatella Scicchitano.
Prezzo Libro 15,00 € PayPal

Versione Ebook

ISBN EBook 9788873885122
Prezzo eBook 9,99 €

Il Tai Ki Kung è un'arte psicofisica arcaica, millenaria, del sud della Cina, dalla duplice finalità: ritrovare l'equilibrio interiore e mantenere il benessere corporale, giungendo così all'armonia e alla longevità di ogni individuo.


 


 


 


È codificato come stile “interno” per la sua particolare concentrazione entroflessa. Appartiene alla grande famiglia del Tai Chi Chuan che conta innumerevoli stili  venuti a crearsi lungo il corso dei secoli. È considerato da talune fonti storiche il punto sorgivo di tutte le Forme e di tutte le discipline che si riconoscono nei criteri filosofici e medici del Tao, il pensiero fondamentale della Cina antica.


 


 


 


Questo libro trova la sua originale valenza nel fatto che non è scritto da un Maestro ma da un gruppo di allievi che praticano il Tai Ki Kung da diversi anni e che intendono qui esternare le percezioni sensoriali di questo viaggio “riparatore” sia all'interno del sé, sia nel corpo biologico, filtrando il racconto di questa esperienza attraverso l'ottica della propria professione o delle proprie inclinazioni culturali, sempre in linea con i dettami del Maestro Ming 36° depositario mondiale del Tai Ki Kung.

SOMMARIO 

 

Premessa 9

INTERVISTA al Maestro Ming 13

Biografia del Maestro Ming 29

I libri scritti dal Maestro Ming 30

Libri pubblicati in Italia 30

“IL VIAGGIO E…” - Gianna Legato - Operatore socio - educativo 33

La catena dei maestri 33

Il padre 39

La madre 42

I figli 45

Ken Si Ki 46

La “meditazione della catena d’oro” nel Tai Ki Kung 48

Il lignaggio 50

L’esercizio “Soi Ma” del Tai Ki Kung 52

Lo stile uovo 53

ALPHAVILLE - IL DANNO - Mauro Macario - Poeta e regista 63

Primi passi dell’uomo nuovo 76

Visioni e suggestioni 78

Della natura e del figliol prodigo 83

ORIENTE E OCCIDENTE - Claudio Accorsi - Maestro di canto gregoriano 91

Tai Ki Kung e Gregoriano 93

Il tempio giainista 96

Nel coro dei monaci 99

Pratica alla roccia d'oro 106

Praticare senza scopo 109

La spada di San Michele e gli orridi della Val di Susa 112

L'occhio del Pantheon 113

La farfalla di luce 116

La pratica nella luce oriente 121

Il canto perpetuo 125

 

 

PSICHE E CORPO: IL RITORNO NEL BOZZOLO - Giuseppe Panico - Psichiatra 131

Omeopatia 133

Medicina Tradizionale Cinese 136

Meditazione 140

La pratica del Tai Ki Kung 148

Bibliografia 151

IL VERO VIAGGIO È VERTICALE - Simone Grassi - Documentarista antropologico 153

9 DI CUORI - Maurizio Ferrari - Chitarrista e operatore di massaggio On Zon Su. 161

L’ECCEZIONE DI ESSERE NORMALE - Donatella Scicchitano - ex impiegata amministrativa 167

LA SCUOLA PARALLELA - Rita De Battisti - insegnante elementare 173

LA PRATICA SOTTO LA LUNA - Luisa Bertaglia - Pensionata 183

MARATONA VERSO LA LUCE - Roberta Grossi - Operatrice animalista 189

 

 

Premessa

 

Questo libro, a differenza di altri saggi di stampo divulgativo redatti con la sapienza dei Maestri, è un resoconto esperienziale in progress scritto da alcuni degli allievi più anziani di un corso di Tai Ki Kung (Tai Chi Chuan arcaico del sud della Cina), un'arte psicofisica antichissima le cui origini si perdono (e si ritrovano) tra realtà e leggenda, tra sciamanesimo e medicina tradizionale cinese. Ciascun praticante qui racconta il suo impatto con questa disciplina, il suo sviluppo all'interno del sé, e i benefici ottenuti lungo il corso del tempo. Tutte queste deposizioni confessionali vanno così a formare un grande diagramma evolutivo di percezioni sensoriali, creando una forza tranquilla ma propulsiva che provocherà lentamente profonde mutazioni alchemiche individuali, per migliorare, energizzare e riparare le proprie condizioni fisiologiche e interiori.

È interessante notare come questi interventi poggino sull'ottica personale filtrata attraverso la professione esercitata nella quotidianità da ciascun autore, o per la loro particolare inclinazione culturale.

Il piccolo ma coeso gruppo è infatti costituito da un maestro di canto gregoriano, una dirigente culturale, un poeta, un medico psichiatra, un documentarista, un operatore di On Zon Su (massaggio cinese del piede per la salute), un'insegnante, un'impiegata amministrativa, un'operatrice animalista, una pensionata.

Persone diverse tra loro per età, estrazione culturale e stile di vita che però si rispecchiano in una comune in/sofferenza: il sistema di vita occidentale nella civiltà ipercapitalistica e tecnologica con tutti i suoi effetti deleteri atti a demolire ogni equilibrio e a detronizzare ogni energia vitale.

Ecco dunque in queste esternazioni, quasi un'autoanalisi, affiorare angolazioni prospettiche variegate e differenziate. C'è chi guarda al Tai Ki Kung con una tensione personale di tipo spirituale (in senso laico) per compensare il proprio vuoto esistenziale, chi lo vive solo come una pratica ginnica che lo rivitalizza attraverso flussi d'acquisizione energetica, chi è affascinato dalle sue sequenze marziali scoprendo, con stupore, le caratteristiche originarie di tutti gli stili successivi.

Il Tai Ki Kung è tutto questo e anche altro, anche di più, quel “di più” che non si può trasmettere né rivelare con il linguaggio usuale (se non in minima parte come schegge d'intuizioni conoscitive) ma solo attraverso il codice sotterraneo del silenzio e l'affermazione del gesto, premesse indispensabili e basilari della Pratica stessa.

Il titolo di questo lavoro collettivo “Alchimie in movimento” vuole significare, nella sua sintesi, quel lento ma incisivo (e mai finito) processo di cambiamento, restauro e depurazione cui mira tale pratica. Dunque l’alchimia di cui si parla non è la leggendaria trasformazione di un vil metallo in oro, ma la trasformazione del soggetto umano in un altro se stesso, più forte, consapevole, e controllato nella psiche e nel corpo, capace di autoalimentarsi a livello energetico e controbattere così un sistema sociale che sta per annientarlo. Non è detto che un nano non possa abbattere un gigante. Questo reticolato invisibile, questa schermatura protettiva, è il grande cerchio universale presente nella struttura cosmica, nei movimenti planetari, nei loro assi di rotazione, e per essere minimalisti e allegri, anche in un girotondo di bambini. Cerchio, all’interno del quale, fluiscono e rifluiscono le energie primigenie e dove pure noi un giorno galleggeremo in un ciclo di continuo ritorno.

Cerchio, come una brace mai spenta del respiro cosmico cui siamo attaccati come a un ventre materno che ci fa vivere: uniformarsi a questa circolarità è la base concettuale della pratica e delle sue figurazioni sequenziali, creando così un ponte tra microcosmo e macrocosmo.

Un tempo lontanissimo, molte società arcaiche dislocate in differenti e distanti zone del pianeta avevano in comune il culto del cerchio in diretta connessione con la volta celeste, quasi un cielo capovolto, riconoscendovi la propria provenienza e la propria appartenenza.

Il richiamo, in ultima analisi, è che nel ciclo infinito della Natura, esseri umani, animali, piante, devono tornare a riconoscersi e a compenetrarsi, senza più disgiungersi dagli elementi, come invece accade in quest’epoca dove l’uomo vive un’amnesia di sé, staccato ormai dalla matrice materna, relegandosi, senza saperlo, nel ruolo di orfano cosmico. Il Tai Ki Kung ci restituisce le energie sottratte, le foreste distrutte, i cieli dimenticati.

 

Mauro Macario

 

INTERVISTA al Maestro Ming 

 

D - Maestro, il Tai Ki Kung è un'arte psicofisica cinese antichissima. Quando ha inizio la sua storia? Quando sfumano i dati certi della realtà, confondendosi in zone temporali remote e sconosciute da sfiorare i contorni nebbiosi della leggenda mitologica e popolare?

 

R - Bisogna risalire a circa 8000 anni a.c. Mi riferisco a quella fase dell'evoluzione umana in cui si scoprì, con ingegno, l'utensileria artigianale, a costruirla e a usarla per semplificare la vita quotidiana e far progredire l'individuo, quindi la comunità, ricavandoli da pietre, legno, corno, conchiglie e ossa di animali. In quell'epoca visse l'imperatore Fuxi, che fu il primo Re citato nei testi cinesi più arcaici, uno dei tre sovrani dell'antica Cina insieme a Sun Lun e all'imperatore Giallo Huang Ti e, secondo la leggenda, il primo civilizzatore cinese che introdusse il sistema della scrittura, nonchè cultore attento e compenetrato delle manifestazioni della Natura. Come ricercatore classificò ogni forma o essere che la natura offrisse alla sua capacità d'osservazione, studioso del cielo e delle stelle, della terra, dei vegetali, della botanica, degli animali e degli umani, descrisse tutti questi fenomeni inventando l'I King con il suo particolare linguaggio binario visualizzato in linee intere e linee spezzate. A quei tempi, l’uomo era privo di quel bagaglio informativo di cui l’uomo moderno dispone; basava la propria cultura sull’esperienza, l’intuizione, e l’apprendimento delle leggi naturali. Così procedendo, lentamente si svilupparono le idee che, elaborate, si trasformarono in principi dando forma alla conoscenza e alla coscienza, codificate poi in filosofia e scienza. Scienza della salute, del benessere, del flusso vitale energetico. Questo sapere lo si è tramandato per via orale da maestro ad allievo che lo ha potuto apprendere come metodo strutturato e consolidato senza dover riattraversare le esperienze primordiali degli antenati.

Lo studio della mitologia è fondamentale perché racchiude l’essenza della cultura di un popolo; tutte le arti, la filosofia, le scienze, hanno un’origine mitologica perché nonostante le interpretazioni sempre più aggiornate che smentiscono o contraddicono le precedenti, essa ci riporta alle radici di un popolo offrendoci una corretta chiave di lettura per entrare nella sua realtà e in ciò che la rappresenta. Lo studio della mitologia lo si potrebbe definire come l’identificazione delle corrispondenze tra uomo e Natura. Gli antichi chiamavano questo modello analogico con il nome di Ting Yang Shong Yen: il legame cosmico tra uomo e Cielo (natura). In tempi arcaici, questa concettualità ben definita e assorbita ha trovato la sua applicazione in pratiche sciamaniche legate alla divinazione, alla magia, all’alchimia, che rappresentano il punto sorgivo delle arti e delle scienze moderne quali la chimica, l’astronomia, la geofisica, e altre ancora.

Lo studio empirico di queste corrispondenze è stato anticipatore del moderno pensiero scientifico cartesiano. Una qualsiasi “tecnica”, derivata da una particolare conoscenza, non sarebbe ricordata, sfruttata, compresa, se al suo interno non ci fosse un “principio” di grande respiro filosofico e esistenziale. Tutte le nostre azioni portano con sé due livelli interpretativi, uno di prima leggibilità superficiale e quindi di immediata accessibilità, il secondo è il significato più profondo che queste azioni nascondono in sé e che appartengono ai principi basilari della vita e della Natura. Questi principi insiti nelle conoscenze primordiali fanno parte della filosofia del Tao: lo studio della scienza della vita. Questa legge esprime l’aspetto ciclico del perenne mutare, spiega il processo che, attraverso aggregazioni e disgregazioni alternate, genera forme sempre diverse e uniche.

Fuxi definì il principio dell’agopuntura, inventò il calendario, ideò nuovi metodi d’allevamento e innovativi sistemi di pesca. Fu un sovrano dalle mille risorse. Il suo principio essenziale è quello dei “tre poteri”: Cielo, Uomo, Terra. I confini del nostro corpo vengono, per così dire, dilatati, si espandono e si integrano nell’universo. In questa visione non si fa distinzione tra il corpo fisico e il suo spirito. Così, questa dimensione cosmica interiorizzata che ci pone tra cielo e terra, in accordo sia con l’uno sia con l’altro, diventa il principio reggente dell’arte di lunga vita. Il principio dei “tre poteri” ha generato tantissime altre cose tra le quali, in seguito e con il contributo di successivi maestri, la forma del Tai Ki Kung che conosciamo oggi: il Padre, la Madre, e i Figli. 

Ai tempi di Fuxi esisteva un grande maestro chi si chiamava Whap Wha Zhi, detto il maestro “dei mille fiori”, poco conosciuto forse, ma rivestì un ruolo di grande importanza come mentore di quel sovrano.

 

D - Quali sono i maestri che hanno contribuito maggiormente a creare il Tai Ki Kung, lungo il corso dei secoli?

 

R - Dopo la figura dell’imperatore Fuxi, spicca quella di Huang Ti, l’imperatore Giallo che visse all’epoca dell’Età del Rame, circa 3000 anni a.c. Huang Ti è stato un venerato eroe, un sovrano cosmico, e un grande esperto di arti esoteriche. È stato l’antenato mitico della dinastia degli Han e di tutta la cultura cinese. Il suo culto fiorì in particolare nella seconda fase storica degli Stati combattenti. Tradizionalmente considerato il fautore di numerose innovazioni e invenzioni (insieme ai leggendari imperatori Fuxi e San Lun), fondò i principi basilari della medicina cinese.

È presente in innumerevoli documenti di storia antica; tuttavia parte dei racconti su Huang Ti sono da ritenersi, con tutta probabilità, di derivazione mitologica. Nella sua visione generale delle cose, l’uomo era di certo considerato come il più importante tra gli esseri viventi ma talvolta soggetto a debolezze che lo rendevano vacillante, se non sopraffatto, davanti alle avversità dell’esistenza.

 

 

 

L’imperatore Giallo quindi intraprese una ricerca esplorativa su come giungere ad uno stato d’equilibrio e d’armonia con l’intero Creato facendo confluire la “summa” delle sue scoperte nel pensiero medico antico detto della “Triplice Armonia”, il Tai Ki, che già era insito negli studi di Fuxi ma non in modo così definito né tanto meno codificato. Haung Ti crea la forma della “Madre” nel Tai Ki Kung, mettendo in pratica il principio del Tai Ki della Triplice Armonia e, in seguito, quello dei “Cinque Elementi”. Leggendo il “Nei King” si viene a sapere che Huang Ti, insieme ai suoi ministri, ha girato tutta la Cina in ogni sua direzione, per apprendere e sistematizzare i metodi utili alla salute. All’est si usava prevalentemente la pietra come strumento di cura (aghi di pietra), all’ovest venivano somministrati veleni e farmaci che provenivano dal mondo animale, vegetale, e minerale, al nord invece si esercitava il Cau, la terapia del fuoco per scaldare e per cauterizzare. 

Si bruciava soprattutto l’Artemisia Vulgaris fatta essiccare e ridotta in lana sottile. Al sud era in uso la pratica degli aghi di metallo, mentre al centro della Cina era attivo un metodo chiamato Tao In (Do In). Questa pratica, appariva tra le altre, là dove una terapia salutistica prevedeva movimenti del corpo. Perché? Bisogna ricordare che il centro della Cina era la parte più ricca di risorse che provenivano dal fiume Giallo (Nord) e dal fiume azzurro (Sud). La popolazione aveva da cibarsi in abbondanza ed era piuttosto sedentaria, usava troppo la mente e troppo poco il corpo, esattamente come ai giorni nostri negli emisferi industrializzati. Infatti gli antichi studiosi di protosociologia avevano già osservato come le condizioni climatiche, geografiche, ed economiche determinassero le abitudini della gente condizionandone il sistema di vita. In quel contesto si è affermata la pratica del Tao In (Do In), dalla quale deriva la forma della Madre del Tai Ki Kung e ne stabilisce l’autonomia individuale tra i praticanti. Questo principio per curare e mantenersi in salute, dà vita ad altri stili con identica finalità. Si trattava e si tratta di un grande e completo lavoro esteso a tutto il corpo. Tao In significa “allungare” “ampliare” “espandere” in modo corretto. La forma della Madre invece ha dentro di sé il principio primordiale dello Yin e dello Yang, quello dei “Tre Poteri” (Cielo, Uomo, Terra), quelli della “Triplice Armonia” (Tai Ki), e infine i Cinque Elementi.

 

D - Quali informazioni storico-biografiche può fornirci riguardo il Maestro Pino Rosso, creatore della forma del “Padre” nel Tai Ki Kung? 

E come possono essere sintetizzate le peculiarità di questo esercizio alchemico?

 

R - La figura del Maestro Pino Rosso si colloca tra Fuxi e Huang Ti, all’epoca dell’imperatore Sun Lun che fu uno dei tre Augusti imperatori, sovrano della Cina ed eroe mitico che visse circa 5000 anni fa e che ha insegnato ai cinesi la tecnica dell’agricoltura e la pratica dell’erboristeria. Il suo nome significa “l’agricoltore divino”. È considerato anche il padre della farmacologia cinese.

La mitologia racconta la storia dei Tre Augusti noti anche come I Tre Sovrani. Erano semidei o re-dei che usavano i loro poteri magici per migliorare la qualità della vita del popolo.

Per le loro virtù soprannaturali vissero fino ad un’età incredibile e governarono un lungo periodo di pace. A codeste figure leggendarie si attribuiscono varie identità in diversi testi antichi cinesi.

Nelle memorie di uno storico si sostiene la seguente elencazione:

  • - Il Celeste Sovrano Tianhàung che regnò per 20.000 anni, fu il primo re cinese e il primo dei Tre Sovrani dopo Pan Ku.
  • - Il Sovrano Terreno Dihuàng che regnò per 12.000 anni fu il secondo mitologico re dopo Pan Ku. Come per il Celeste Sovrano, anche per lui esistono diverse versioni leggendarie. Si dice che avesse 12 teste e che fosse il re del fuoco.
  • - Il Sovrano Umano Rénhuàng che regnò 45.600 anni, fu il terzo re dopo Pan Ku e il terzo ed ultimo dei Tre Sovrani. Aveva nove teste e nove fratelli. Insieme hanno creato nove province. Questo sovrano riteneva che lo studio del cielo e delle sue leggi era fondamentale perché tutti i ritmi della terra, della vita, e dell’uomo si uniformavano ai ritmi celesti.

Il Maestro Pino Rosso si è ispirato ai principi del Sovrano Umano, attraverso l’osservazione e lo studio dei movimenti del Cosmo. Dal principio del Tao In ha concepito la sequenza del Siugao Tin, la forma del Padre del Tai Ki Kung.

 

D - Maestro, ci illustri e ci illumini sulla figura di Chang Sam Fung che in un’epoca successiva a quelle di cui sta raccontando, volle sistemizzare e definire il Tai Ki Kung unificando in una sorta di “montaggio” le varie sequenze lontane nel tempo che lo compongono: il Padre, la Madre, i Figli.

 

R - Chang Sam Fung è un personaggio che tuttora sfugge a ogni codificazione in quanto intellettualmente eclettico e pertanto destabilizzante al comune discernimento.

Eccelse in molti ambiti del sapere e della creatività, approfondendoli tutti con rara e geniale intuizione. Alcuni storici lo definiscono un monaco taoista, ed è vero, ma di certo non fu solo questo. Tale identificazione viene suggerita dal fatto inconfutabile che nacque in un’epoca e visse in luoghi dove il taoismo era molto sviluppato e seguito. Nella realtà, la sua vita è stata molto normale. Sindaco confuciano del suo paese, a causa di una malattia, si rivolse ad un terapista che studiava Buddismo Zhen e Taoismo. In seguito a questo incontro, anche lui intraprese lo studio di queste filosofie. In quel periodo, il Buddismo Zhen era una materia studiata anche da chi si dedicava al confucianesimo o al taoismo, anzi faceva da collante tra queste due culture un po’ diverse, contenendo in sé un’essenza comune riconducibile a entrambe.

In età più avanzata, si rese conto che lo Zhen si svuotava dei suoi contenuti avvitandosi su concetti astratti che si allontanavano sempre di più dalla vita tangibile e pragmatica.

Questa consapevolezza lo spinse a cercare il punto di coesione tra principi teorici e vita concreta affinché il mondo del pensiero si sposasse davvero con l’agire quotidiano degli individui.

Per affrontare un progetto di questa proporzione diventò esperto in letteratura, filosofia, politica ma sempre con l’ostinata finalità di applicare i principi alla realtà pratica.

 

 

 

Principi che, secondo lui, dovevano trasformarsi in pubblica utilità.

Lungo i suoi viaggi verso la conoscenza e l’illuminazione, meditò sulla pesantezza della vecchiaia e sui malesseri che minano l’età del tramonto. Folgorato dall’incontro con il Maestro Pao Po Tsu, “colui che ha abbracciato la semplicità”, Chang Sam Fung, cambiò radicalmente la sua personale prospettiva esistenziale.

Siamo intorno al 200 d.c. Da questo momento, Chang Sam Fung inizia lo studio delle arti alchemiche che lo coinvolgeranno fortemente, percependo il fascino di qualcosa di speciale, addirittura di soprannaturale, qualcosa di non accessibile a tutti. Ma i suoi genitori erano ormai anziani e lui non poteva dedicarsi completamente a quegli studi particolari perché, per la cultura del tempo, era primariamente doveroso accudire i genitori e assisterli. Una sorta di imperativo morale, d’altra parte facilmente comprensibile. Alla loro morte decise di lasciare tutti i suoi beni ai bisognosi e di ritirarsi per concentrarsi nello studio delle arti delle trasformazioni alchemiche per la salute e la longevità.

Sviluppò, parallelamente, diverse tecniche di difesa perché allora sapersi difendere significava poter sopravvivere, tanto più che non esistevano ancora le armi moderne ed essere se stessi la propria arma era l’unica soluzione possibile. Riuscì ad affinare l’aspetto marziale delle sue pratiche rendendole estremamente efficaci ogni volta che il caso lo metteva di fronte a un pericolo.

Da buon cacciatore di tigri e orsi e grande osservatore della natura, ispirato dal Maestro Wha To, famoso medico dell’epoca, riunì una serie di esercizi di arti marziali che traevano spunto proprio dalle dinamiche e dalle strategie comportamentali degli animali. Ancora oggi tali esercizi esistono e vengono praticati. Sono conosciuti sotto la denominazione di “esercizi dei cinque animali” e anche nel Tai Ki Kung sono presenti nelle figurazioni “La tigre accovacciata” e L’Orso che esce dalla grotta”.

In quella fase di studio sulle arti marziali tutte le sequenze gestuali dovevano sviluppare la potenza fisica e la velocità d’esecuzione. Questo tipo di scuola viene chiamato tuttora “stile esterno” perché in essa prevale l’aspetto esteriore dell’energia corporale ed è più facile da comprendere, seguire, e classificare. In questo tipo di insegnamento l’interesse principale è rivolto a ciò che è immediatamente visibile e quindi valutabile in superficie: la forma, la tecnica, l’esecuzione.

Esattamente il contrario del Tai Ki Kung dove l’inespresso si sposta di continuo su piani misterici per giungere all’essenza nucleica racchiusa nei suoi recessi più intimi, tra le nostre ombre imperscrutate, dove alla tecnica prevale la maturazione e la mutazione di sottili alchimie interne attraverso la lenta ripetizione dei gesti. Il sistema delle Arti Interne ha avuto una genesi complessa fin dal suo concepimento inventivo e non è di facile leggibilità percettiva poichè al di fuori dell’intelligenza comune e richiede sensibilità e concentrazione. Chang Sam Fung, personaggio di grande saggezza e genialità, era dotato di un livello intellettivo superiore, raro a trovarsi nel nostro incedere quotidiano. Perseverando nello studio delle pratiche di longevità e incontrando sul suo cammino i maestri di alchimia esterna ed interna dai quali traeva gli insegnamenti più preziosi, non si disgiungeva mai dalla realtà quotidiana, anzi verificava come il suo sapere potesse intervenire concretamente nelle circostanze più imprevedibili della vita attraverso un processo di rapida elaborazione e adattabilità personale. Ad esempio, per poter vivere e onorare anche i costi dei maestri, s’ingegnò a diventare contadino e in poco tempo divenne abilissimo nella coltivazione di diverse specie di vegetali.

Un documento popolare proveniente dalla regione di Sciantung, terra di Confucio, provincia costiera della zona più orientale della Repubblica popolare cinese, riporta una notizia sconosciuta a tutti: Chang Sam Fung era noto e stimato come mentore agricoltore che produceva in proprio il sesamo e insegnava alla gente come piantarlo e coltivarlo. I praticanti di arti marziali ignorano la vera vita di Chang Sam Fung; a loro sono giunte solo piccole schegge di memorie tramandate che non fuoriescono da un certo stereotipo codificato. Pochi sanno, ad esempio, che era anche poeta.

La sua estetica si rifaceva ad esperienze di vita ma con profondi contenuti alchemici nascosti nelle metafore, di non facile individuazione. Ricordo la poesia “L’albero senza radici” e “L’esercizio segreto del dormire senza dormire”.

Nel suo affascinante viaggio di rivelazioni e illuminazioni che lo porterà alla conoscenza dell’alchimia, Chang Sam Fung studiò medicina con diversi maestri tra cui Yangdì Pi Lho della corrente medica del “fiume Giallo”, famoso per lo schema dei “dodici punti” che appunto utilizzava a scopo terapeutico. Chang Sam Fung, come medico, era conosciuto con l’appellativo di “Signore dei sette aghi”. Era specializzato nella pratica dell’agopuntura e la sua tecnica consisteva nell’utilizzare, sempre e solo sette aghi. Attualmente il sistema dei dodici punti e dei sette aghi è ancora applicato da molti medici studiosi dell’agopuntura alchemica mistica.

Conobbe in seguito un altro maestro di medicina alchemica, Fheng Ya Yin detto “maestro dei 36 punti”, esperto alchimista che conosceva gli effetti sul corpo delle stimolazioni sollecitate in quei punti. Si tratta di 36 punti ben visibili ancora oggi nella sala del tempio del monte Tai Wo Wu Tang.

Essi rappresentano 9 punti mortali, 9 punti di svenimento, 9 punti che rendono muti, 9 punti che paralizzano. Chang Sam Fung utilizzava questa tecnica per difendersi dalle bestie feroci o per la caccia: un colpo preciso in un punto e l’animale moriva o rimaneva paralizzato. In seguito, perfezionò la sua tecnica arrivando a identificare 72 punti e più avanti, addirittura 108.

Il numero sette deriva dalle sette stelle dell’Orsa Polare, il 36 ha un riferimento alchemico con il cielo, il 72 con la terra. La somma - 108 - rappresenta il cielo e la terra. A questo punto è necessario aprire una parentesi sul tema del sogno che ha sovente interagito con la nostra storia. Bisogna dire che purtroppo l’aspetto onirico nella cultura dei popoli moderni non è considerato, appare come qualcosa di antiscientifico, anche di superstizioso, quindi inattendibile dal punto di vista fiduciario per porlo sui piani alti del sapere a fini di studio e ricerca.

Io invece sono sempre stato attratto da questa nostra attività inconscia ancora così poco esplorata ma osservo che almeno sul piano sociale il sogno ha acquistato una certa rilevanza se non altro nel linguaggio quotidiano. Ad esempio si usa dire “Il grande sogno della Cina” o più ancora è noto “l’american dream” che sta a significare appunto un sogno di carattere sociale, che intende relazionarsi con una realtà concreta: il successo, il denaro, etc…

Infatti il sogno, sebbene indice di semplicità e a volte di banalità, può essere fonte di rivelazioni inaspettate. Molte scoperte e invenzioni sono scaturite dai sogni. Così come lo fu per uno scienziato, il quale dopo aver sognato un serpente che si mordeva la coda, riuscì ad elaborarne il sottotesto e a creare l’atomo di carbonio. Non si tratta di sogni trasformati in incubi a causa di uno stomaco troppo appesantito dal cibo. Costui era un ricercatore che sapeva analizzare questi fenomeni, leggerli dall’interno, rielaborarli in chiave scientifica. Il sogno gli conferiva un’intuizione, gli offriva una traccia, gli suggeriva una direzione. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una trasformazione alchemica di profonde esperienze personali.

Una notte Chang Sam Fung sognò che una voce lo chiamava e sempre nel sogno vide uno spettacolo d’incredibile bellezza e suggestione: sopra di lui s’apriva un cielo disseminato di nuvole coloratissime e tra queste si stagliava la figura di In Tin Shan Tai che brandiva una spada e con il dito medio dell’altra mano indicava la terra. Chang Sam Fung abbassò lo sguardo e scrutando con attenzione notò che una tartaruga stava uscendo dalle acque di un fiume. Quando l’animale fu in prossimità della riva, la sua coda prese a trasformarsi in quella di un uccello e poco dopo la metamorfosi si completò: il rettile aveva ormai le sembianze di un’aquila. Con un colpo d’ali puntò verso il cielo più alto per poi scendere in picchiata e ingaggiare una lotta furibonda con un grosso serpente. Il duello sembrava interminabile ma alla fine giunse a termine senza vincitori né vinti. I due avversari si separarono mentre nella volta celeste apparve il sole. L’aquila si diresse verso l’astro infuocato e Chang Sam Fung pensò che si sarebbe incenerita. D’improvviso, a sorpresa, l’aquila cambiò il suo aspetto in un uccello dal piumaggio nero, iridescente, conosciuto come Kam U, e continuando la sua traiettoria entrò decisa nel sole uscendone un attimo dopo ulteriormente diversa: un uccello dal colore rosso. 

Il ciclo delle metamorfosi però non erano ancora finite, e si presentò agli occhi stupiti del maestro con un piumaggio di sette colori e tre zampe: la fenice. Questa si posò sul muretto dell’abitazione e divenne un gallo. È l’alba. Il Maestro ne udì il canto e si svegliò.

Da questo sogno Chang Sam Fung capì l’importanza della pratica “interna” e la sua diversità con le scuole “esterne”. Era dunque possibile esprimersi attraverso la morbidezza, il gesto misurato, la lentezza ritmica, dove “vincere” perdeva di significato rispetto a questa finalità giungendo invece a un ben altro traguardo: trasformarsi, mutare, adattarsi alle circostanze, diventare soggetto alchemico. In quel tempo, i potenti cominciavano a sperimentare nuove armi come i cannoni che avrebbero dato una svolta storica e distruttiva alla storia dell’umanità. Le discipline tradizionali di nuda difesa corporale non avrebbero mai potuto competere con simili strumenti che potevano uccidere a distanza; tanto più le persone anziane che, pur di coraggio e con spirito combattivo, non rappresentavano più una forma di contrasto efficace e equiparabile alle nuove, terribili invenzioni belliche. Chang Sam Fung ebbe l’intuizione geniale di ribaltare i campi di forza cambiando radicalmente il concetto di difesa: sviluppare l’energia interna, anziché quella esterna.

Questa rivelazione gli scaturì dal sogno dove il serpente non morì a causa della forza bruta dell’aquila ma seppe altresì difendersi e salvarsi grazie alla lentezza del suo morbido movimento e alle infinite soluzioni di un modo strategico di contrapporsi, tale da destabilizzare lo stesso aggressore. Nella cultura popolare l’aquila è sempre la figura vincitrice, la sua immagine campeggia come simbolo di vittoria e come temibilità del nemico su bandiere, stendardi, blasoni, non solo in campo militare ma anche politico ed economico. Però il serpente, nel sogno del Maestro, ci ha disvelato delle qualità originali di difesa che prima non erano mai state osservate e utilizzate.

L’aquila, nella sua foga, può schiantarsi a terra, il serpente può insinuarsi nel nido del rapace e mangiarne le uova, può nascondersi nelle buche e sopraffare l’aquila soffocandola tra le sue spire, può cambiare forma arrotolandosi, può mutare colore mimetizzandosi…

Chang Sam Fung ha così sistematizzato l’arte “interna” utilizzando il principio del Tai Ki, la Suprema Armonia che in sé contiene il principio dello In, dello Yang, e dei Cinque elementi, fondando il Tai Ki Kung che significa “grande lavoro sull’energia”.

Prima di Chang Sam Fung esistevano già i principi della Suprema Armonia e dei Cinque Elementi, ma solo come materia di studio, in forma di teorizzazioni e filosofie. Chang Sam Fung è stato un grande saggio perché ha voluto e saputo mettere in pratica questi principi con l’intuito, l’osservazione, l’esperienza. Secondo la leggenda Chang Sam Fung attraversò tre Dinastie, un tempo di vita lunghissimo, fuori da qualsiasi schema logico, direi impossibile da accettare seguendo i parametri del pensiero scientifico attuale. Attraversò dunque tre Stati, visse tre momenti storici differenziati, si confrontò con grandi eventi innovativi e persone speciali che influenzarono la sua intelligenza sollecitandola all’analisi, alla elaborazione, alla sperimentazione.

La comprensione interpretativa delle cose cambia e matura con l’età. Sappiamo che il modo di ragionare dei vent’anni non è lo stesso a trenta né a quaranta e così via. Nel coagulo dell’esperienza rimangono racchiuse le verità essenziali, il resto è scremato. La pratica del Tai Ki Kung ha la sua peculiarità più preziosa nei segreti alchemici capaci di operare sull’individuo processi sottili di trasformazione alfine di migliorare la qualità psicofisica dell’esistenza.

È vero che all’interno del Tai Ki Kung sussistono molteplici elementi marziali che, tra l’altro è possibile ritrovare in altri stili successivi, ma questo aspetto oggi meno utile che in passato è, dal mio punto di vista, da mettere decisamente in secondo piano, mentre è di primaria importanza perseverare con metodo in questa tecnica per “adattarsi” a un sistema di vita sempre più difficile, snervante, impietoso, insalubre, per questo la nostra impostazione mira alla mutazione interna ed esterna alfine di potenziare le difese immunitarie per la salute psichica e fisica e, in una visione più ampia e completa, per la longevità.

All’inizio della sua vita, Chang Sam Fung viveva in Manciuria. La sua attività principale era la caccia; nel tempo scese fino al fiume Giallo dove studiò e divulgò l’arte marziale “esterna”, idonea alla difesa (veloce, forte, pesante). Poi si spostò nuovamente nel suo vagabondare e giunse al fiume Azzurro e a causa (o per merito) del “ Maestro che ha abbracciato la semplicità” cambiò totalmente interessi e convinzioni aderendo con tutto il suo animo all’arte “interna”, che segue, al contrario della precedente, la morbidezza, la sinuosità, il cedevole, sospinto ulteriormente dal famoso sogno rivelatore dove l’aquila che lotta col serpente si trova in difficoltà e quasi rischia di essere sopraffatta. Da questo sogno Chang Sam Fung recepisce il messaggio implicito, arguisce che il morbido, l’interno, in definitiva lo In, può vincere sull’esterno, sul forte, sul muscolare. Nella storia abbiamo degli esempi significativi in questo senso. L’India è sempre stata considerata dai popoli “forti” una nazione “debole” facile da conquistare, eppure l’invasore è sempre rimasto sconfitto numericamente, ma non solo, credo che non ci sia esempio di In più evidente di Ghandi e la sua lotta passiva e pacifica che ha portato alla vittoria finale. Il Vietnam è uno stato piccolo e povero ma molto abile nelle strategie di combattimento. In realtà ha vinto quattro giganti della terra: Francia, Inghilterra, Giappone, America.

 

D - Quali sono allora i benefici fisici e interiori che gli adepti possono percepire con la pratica costante, e questa disciplina salutistica può interagire anche in forma complementare con la medicina occidentale?

 

R - Come medico, avendo passato tutta la vita a studiare i modi per conservare la salute nel suo stato ottimale, anzi per rinforzarne l’integrità e la durevolezza, ho constatato che i benefici del Tai Ki Kung sono effettivamente reali e verificabili, come terapia vera e propria, per il consolidamento della salute umana, ma è evidente che il nostro metodo si differenzia molto dalla medicina accademica occidentale, principalmente perché, nel nostro caso, non si fa uso di sostanze esterne, ma solo del nostro corpo e delle nostre risorse vitali che vengono trasformate (principio alchemico) e potenziate. Un’altra differenza sostanziale è che la medicina occidentale è specializzata in diversi settori e tratta delle malattie specifiche ovvero una specializzazione cura una malattia. La sua area d’intervento è circoscritta non tenendo in gran conto il rapporto analogico con gli altri organi.

Nella pratica del Tai Ki Kung il raggio d’azione terapeutico è generale, di conseguenza i benefici sono globali, non settoriali, interessano tutta la persona nel suo insieme psicofisico.

Oggi la si potrebbe definire una pratica “olistica” per la salute della mente, del corpo e delle sue energie vitali. La pratica del Tai Ki Kung non si scontra con le eventuali cure mediche occidentali, bensì aiuta e sostiene qualsiasi terapia.

Tra gli anni ’50 e ’60, in Cina, il Tai Ki Kung veniva utilizzato come terapia medica soprattutto per le depressioni, gli esaurimenti nervosi, gli stati di angoscia esistenziale, ulcere, gastriti, pressione alta, etc… Uno dei motivi è che a quel tempo nel mio paese non c’erano tanti medicinali (come oggi), per povertà e mancanza di risorse, e al Tai Ki Kung si allineava l’agopuntura e le misture dell’erboristeria. Il Tai Ki Kung allora era molto praticato in certe cliniche in collina dove venivano ricoverati gli statali ammalati: soggiorno gratis, cibo buono, niente lavoro né stress, e pratica del Tai Ki Kung e anche di altri stili. In questo modo il risultato ricostruttivo era eccellente.

Dopo gli anni ’90, c’è stato un notevole cambiamento di mentalità e chi praticava qualche stile di Tai Chi o di Tai Ki veniva considerato un individuo che si stava curando, guardato un po’ di traverso, perché l’attenzione e la successiva espansione verso il sistema occidentale aveva calamitato l’uomo cinese in quella nuova direzione, a dimenticare le proprie tradizioni in favore di un processo inteso o equivocato come evolutivo. Tra le tante abitudini (o dipendenze?) occidentali che ingolosivano il “nuovo” cinese c’era anche il consumo di farmaci e la conseguente abitudine a farne sempre più uso. Per fortuna, alcuni personaggi famosi si opposero al declino della medicina tradizionale e con diversi e ripetuti interventi di comunicazione riuscirono a sostenerla e a mantenerla viva nel grande patrimonio millenario della nostra storia. Anche le pratiche Tai, per ignoranza e ottusa incompetenza, vennero ridotte a semplice ginnastica complementare nelle scuole e nelle caserme, e i grandi principi alchemici antichi che riguardavano le trasformazioni interne furono totalmente cancellati in quanto, secondo quella mentalità, frutto di superstizioni che avrebbero rallentato il nuovo fiorente corso economico, indispensabile per stare al passo con i paesi più sviluppati.

 

 

 

D - Maestro, lei ha affermato più volte che il Tai Ki Kung è all’origine di molti stili di Tai Chi Chuan successivi. Ci sono informazioni storiche in grado di sostenere questa paternità di tutti gli stili?

 

R - Il fondatore Chang Sam Fung ha concepito il Tai Ki Kung prendendo come base di riferimento gli esercizi dei 5 animali di Wha To. Se noi osserviamo attentamente la forma della Madre e del Padre e altri stili detti di “famiglia”, notiamo che in questi ultimi ritroviamo solo alcuni elementi del Tai Ki Kung ma in nessun stile li ritroviamo tutti. Questo significa che nei vari stili successivi ci sono state delle trasformazioni, delle modificazioni per aumentare il numero dei movimenti. È tutta un’altra cosa. E poi i personaggi che hanno fondato le forme basi come Fuxi, Haung Ti, Pino Rosso, Pan Cio, si collocano storicamente in una zona temporale lontanissima rispetto ai periodi in cui nacquero gli stili moderni, detti di “famiglia”.

 

D - Ogni figurazione della Forma che noi eseguiamo, ogni gestualità corrisponde a un simbolo addirittura a una metafora: “L’orso che prende le bacche” - “Il bambino d’oro” - La tigre accovacciata”. Come dire che ogni gesto è legato a un significato filosofico o poetico.

Mi domando se il simbolo può essere così forte come forza autonoma di suggestione, da entrare a far parte di un gesto e potenziarlo. Forse noi dovremmo rivedere la nostra posizione culturale verso i simboli. Per noi occidentali razionali e neuroscettici è un gioco letterario, inventivo, di pura fantasia, un gioco di artisti e letterati, mentre qui nel Tai Ki Kung, ho sempre avuto la sensazione che il simbolo sia appunto una forza gemella al gesto che da una provenienza mistico - mitologica giunge a trasformarsi in energia concreta.

 

R - È proprio così. Oggi anche la scienza ha scoperto che la suggestione mentale influenza il nostro corpo e interagisce con le sue dinamiche nel movimento, nella mutazione, nel comportamento.

Per esempio, quando facciano l’esercizio della tigre, il simbolo suggestivo della forza della tigre aumenta realmente la forza dell’esecutore. Anche Einstein diceva: “L’immagine è più importante della coscienza”.

 

D - Per chi ci legge e non lo sa, gli esercizi del Tai Ki Kung vengono eseguiti in silenzio per via imitativa. Il maestro non corregge le imperfezioni, devono essere gli allievi nel tempo a rendersi conto dove sbagliano. Ciò che vorrei dire è ancora un’altra cosa: l’insegnante, basilarmente, non indottrina, non consiglia libri, non tiene lezioni teoriche. Eppure, pur limitando l’apprendimento alla pura gestualità, senza l’ausilio di nessuna concettualità trasfusa, ho mutato il mio modo di vedere la vita, molto prima di appagare il mio bisogno di sapere leggendo, solo dopo anni, testi di filosofia orientale. È come se il Tai Ki Kung avesse sostituito il linguaggio parlato con il linguaggio gestuale e - mistero alchemico - , il gesto si fosse trasformato in parola.

Da qui la sensazione che al termine della lezione, attraverso i gesti, ho “ascoltato” anche un discorso dialettico.

 

R - È una considerazione molto importante. Io ho notato che il primo linguaggio umano si basava e si basa tuttora sulla gestualità, non sulla parola. Basti pensare al modo di dire “gestire una cosa”; il termine “gestire” deriva da “gesti”, la parola interviene dopo. Il gesto è qualcosa di reale, visivo, immediato, si consuma in un istante, determina un evento, ed è un linguaggio mondiale, senza confini, con il quale l’uomo può comunicare con i suoi simili, ma anche con la natura. Quante attività umane interagiscono con la natura! La concettualità è sempre venuta dopo, l’uomo ha imparato a coltivare attraverso la pratica di una serie di gesti procedurali, in seguito ha formulato l’agronomia come uno studio di facoltà. Pensiamo all’arte di un mimo che si esprime solo attraverso il proprio corpo avvalendosi di gesti d’uso quotidiano. Mi ricordo di un’artista di questo genere che veniva da me a lezione di Tai Ki Kung. Tra le tante sequenze di bravura, spiccava quello in cui tirava la fune che non c’era. Mi raccontava che la mimica, come espressione artistica, proveniva dal teatro “NO” giapponese, a sua volta originario di una tradizione appartenente al Rito Imperiale Cinese che si è mantenuta in Giappone e si è perduta in Cina.

 

D - I giovani, soprattutto in passato, sembravano più portati all’aspetto marziale delle tecniche di difesa e ancora oggi questo culto è molto praticato, però mi pare che stiamo osservando un’inversione di tendenza. Sempre più adepti s’avvicinano alle arti psicofisiche degli stili “interni”, quelli morbidi e dediti a una maggior attenzione nell’ascoltarsi. Questo fenomeno è forse dovuto a un bisogno contemporaneo di interiorizzare la propria vita?

 

R - Questo è vero. Io stesso da giovane ero un appassionato del Taekwondo e Hao Nánrén, il vostro insegnante, praticava il Karate. Anch’io, molti anni fa, ho rivolto al mio Maestro la stessa domanda. E sia il mio maestro che io, abbiamo ricevuto dalla vita e dall’esperienza, la stessa risposta: un motivo è che con l’avanzare dell’età diminuiscono le forze e la velocità, ma la conoscenza e la consapevolezza aumentano e illuminano, si ricerca qualcosa di essenziale e di utile dove il risultato sia il massimo e il dispendio delle energie il minimo. Quando si è giovani si è immaturi ma il fisico è forte e c’è molta energia che si vuol disperdere. Dopo, è il contrario: l’energia la si vuol accumulare. In gioventù si fa un estremo consumo di energia e non si tiene conto della qualità di una scelta. È naturale. Con la maturazione, la presa di coscienza e la fortuna di trovare un maestro saggio, questo atteggiamento può cambiare e si muta direzione verso lo stile “interno”. Questa metamorfosi non è automatica, non avviene per tutti, anzi accade a pochi, a circa un 10% di eletti che comprendono l’importanza, la profondità, il beneficio di questo allenamento continuo senza stancarsi o cadere preda della noia.

 

Intervista avvenuta il 28/11/2013

a Bellinzona, a cura di Mauro Macario


Il Tai Ki Kung è un'arte psicofisica arcaica, millenaria, del sud della Cina, dalla duplice finalità: ritrovare l'equilibrio interiore e mantenere il benessere corporale, giungendo così all'armonia e alla longevità di ogni individuo.


 


 


 


È codificato come stile “interno” per la sua particolare concentrazione entroflessa. Appartiene alla grande famiglia del Tai Chi Chuan che conta innumerevoli stili  venuti a crearsi lungo il corso dei secoli. È considerato da talune fonti storiche il punto sorgivo di tutte le Forme e di tutte le discipline che si riconoscono nei criteri filosofici e medici del Tao, il pensiero fondamentale della Cina antica.


 


 


 


Questo libro trova la sua originale valenza nel fatto che non è scritto da un Maestro ma da un gruppo di allievi che praticano il Tai Ki Kung da diversi anni e che intendono qui esternare le percezioni sensoriali di questo viaggio “riparatore” sia all'interno del sé, sia nel corpo biologico, filtrando il racconto di questa esperienza attraverso l'ottica della propria professione o delle proprie inclinazioni culturali, sempre in linea con i dettami del Maestro Ming 36° depositario mondiale del Tai Ki Kung.

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