Titolo | Educazione inclusiva e attività motorie | ||
Autore | Daniela Senarega | ||
Genere | Medicina | ||
Pubblicata il | 02/09/2014 | ||
Visite | 6212 | ||
Editore | liberodiscrivere® edizioni | ||
Collana | Medico Scientifica N. 15 | ||
ISBN | 9788873885221 | ||
Pagine | 234 | ||
Prezzo Libro | 18,00 € | ![]() |
INTRODUZIONE
Il presente testo approfondisce inizialmente il concetto di pedagogia e quello di pedagogia speciale inserita in un processo di inclusione soprattutto attraverso l’attività motoria.
Si affronta, quindi, il concetto di integrazione e inclusione.
Passa poi alla storia dell’APA prendendo in considerazione le attività motorie adattate nella loro evoluzione.
Nel quarto capitolo si tratta l’origine della psicomotricità che trae derivazioni sia dalla psichiatria, sia dalla educazione fisica.
Una breve analisi sulle maggiori scuole di pensiero precede le indagini su Jean Le Boulch e Bernard Aucouturier ovvero i maggiori psicomotricisti contemporanei i cui rispettivi metodi ancora oggi costituiscono la base per lo sviluppo di progetti di psicomotricità. Dopo un breve confronto tra i due autori si chiariscono le somiglianze e le differenze tra educazione e terapia psicomotoria, orientamenti che presentano origine comune, ma obiettivi e metodi differenti.
Si definiscono, in ultimo, i concetti e le fasi di programmazione e progettazione per competenze secondo le Indicazioni Nazionali.
Parole chiave: attività motoria di base e adattata, progettazione, programmazione, pedagogia inclusiva, psicomotricità, motricità.
Capitolo 1
Pedagogia speciale e dell’integrazione
1.1. – Pedagogia ed educazione
È una disciplina pratica e teorica finalizzata a ricercare i principi guida per l'educazione dei fanciulli, ma in generale dell’educazione.
Deriva dal greco, arte del Pedagogo, guidare, condurre, accompagnare.
Il suo fine ultimo, è quello di costituire modelli di intervento spendibili nella pratica educativa immediata. La pedagogia si fa carico dell'analisi di ogni problematica presentata, progettandone una possibile risoluzione.
Non coincide con le scienze dell’educazione o le scienze della formazione, è qualcosa di diverso. Il suo obiettivo primario non è tanto quello di delineare (scienze dell’educazione), ma quello di interpretare gli eventi educativi attraverso la comprensione.
“Ai nostri giorni la pedagogia viene vista, non da pochi, come un coacervo di ovvietà, di banalità, insieme ad un assortimento di osservazioni desunte da varie scienze umane (antropologia, psicologia, sociologia) e ad alcune generalizzazioni ricondotte verbalisticamente a questa o a quella filosofia dell’uomo”. (M. Laeng)
La pedagogia, invece non è una scienza multidisciplinare, interdisciplinare o trasversale; è una scienza autonoma la cui unità nasce da problemi educativi concreti da risolvere.
Il senso della pedagogia consiste nell’autofinalismo del processo educativo. Il farsi dell’uomo nella sua totale possibilità.
A questo punto è utile definire anche cos’è l’educazione.
Educare significa "tirar fuori" ciò che è dentro alla persona, cioè valorizzare quanto di meglio ci sia potenzialmente in un individuo. L'educazione consiste in un rapporto tra due persone: un educatore ed un educando. L'educatore deve adeguarsi e, di conseguenza, adeguare l'intervento educativo al livello dell'educando, comprendendo i suoi bisogni e incentivando le sue competenze.
Il termine Educazione rinvia ad un vasta area semantica che riflette la complessità della nozione stessa, esso riconduce all’idea di: apprendimento, insegnamento, formazione, auto/etero-educazione, istruzione, addestramento, indottrinamento, umanizzazione, esperienza, relazione.
Riguardo a questi ultimi 3 concetti:
Il termine educazione porta, inoltre, a concetti come: perfezionamento, comunicazione, sistema, prodotto, processo, azione.
L’educazione è il perfezionamento intenzionale delle capacità (funzioni) specificatamente umane.
Gli ambiti di intervento dell’educazione sono il piano formale (es.: scuola, università), quello non formale (es.: corso di formazione del CONI, di una Federazione sportiva, corso di Formazione professionale… ) infine quello informale (es.: strada, palestra, manifestazione sportiva… ).
Soltanto avendo presente questa complessità di elementi interagenti tra loro possiamo provare a comprendere l’educazione.
Bisogna sempre considerare le risorse dell’educando e le eventuali problematiche, trasformarle in soluzioni, ma soprattutto in occasioni di miglioramento della persona nella sua completezza.
1.2. - Pedagogia Speciale
La pedagogia speciale si occupa sostanzialmente della riabilitazione dei soggetti in svantaggio psico-sociale, come i “diversabili”; ma in un’ottica più ampia il termine “speciale” ha sempre meno senso di esistere. La pedagogia cosiddetta “speciale” conosce e studia le relazioni tra salute, ambiente e partecipazione senza perdere di vista la specificità della persona che non è la sua disabilità.
Diventa consequenziale pensare più che ad una pedagogia speciale ad una pedagogia “dell’integrazione” o ancora meglio “dell’inclusione”.
La Pedagogia Speciale è una branca della Pedagogia che interviene, con modalità ben definite, nell’area della disabilità di varia natura, da quella motoria a quella cognitiva, socio-affettiva.
In sinergia con altri trattamenti educativi, riabilitativi, rieducativi, anche nelle situazioni di disagio psichiatrico, la Pedagogia Speciale interviene ad accompagnare la persona nel recupero e nell’attivazione del potenziale evolutivo inibito o arrestato da una crisi verso quella gradualità che caratterizza lo sviluppo e l’evoluzione dell’individuo.
In questa veste l’educazione si configura nella doppia funzione di sostegno all’individuo nella ricerca delle proprie capacità, abilità e predisposizioni cui non ha avuto modo di dare spazio e nella ricostruzione e ridefinizione di se e del Sé.
La Pedagogia speciale, in generale, “ha lo scopo di ricostruire un senso, un significato ove il significato della persona e del suo esistere vacilla a causa di elementi di disagio, devianza, marginalità o handicap che impediscono un pieno sviluppo e una piena espressione del potenziale umano.”
Aspetti storici
L’origine della Pedagogia Speciale, come disciplina autonoma, è molto recente.
Il cammino di realizzazione della sua specificità risale, tuttavia, ai primi tentativi di costruire un sistema educativo in cui fossero inclusi anche gli handicappati.
Le prime teorizzazioni portano ad un ambito in prevalenza medico, nonostante alcuni contributi significativi maturati nell’ambito delle scienze umano sociali. Ciò ha contribuito a consolidare un aspetto medicalizzante dell’educazione dell’handicappato, alla cui rimozione si è impegnata la pedagogia contemporanea.
Il periodo del Medioevo è il più buio per la storia dell’educazione dei diversi. Ogni riferimento educativo è caratterizzato da un approccio pietistico e caritatevole. Nel Rinascimento vi è stato qualche cauto interesse all’educazione dei deprivati. Jean Louis Vives (1492-1540), s’interessa all’educazione dei diseredati e dei poveri. Jerome Cardan (1501-1576), occupandosi di sordomuti, dimostra il convincimento di come essi siano in grado di effettuare rappresentazioni mentali e, quindi, in grado di apprendere la scrittura.
Passando al 1600 assistiamo all’apertura di case ed istituzioni per l’infanzia diseredata e all’educazione di questi bambini, nonché al loro possibile inserimento. Jean Paul Bonet, benedettino, pubblica il primo trattato scientifico sulla comunicazione orale dei sordomuti e inventa un “metodo” per l’educazione alla comunicazione dei soggetti affetti da tale deficit. Comenio (1592- 1657) impegnato a valorizzare la dimensione religiosa e civile dell’uomo, per una trasformazione della società, si occupa di delineare il ruolo dell’educazione e la sua centralità, nel quadro dello sviluppo sociale, mettendo in atto una proposta un progetto educativo sistemico ed organico. In questa ottica propone un metodo universale d’insegnamento, fondato sui processi armonici della natura e un’istruzione permanente, aperta a tutti, persino agli esclusi e ai meno dotati.
Nel secolo della ragione, del naturalismo del sensismo, cioè il 1700, l’Illuminismo, si consolidano gli studi a carattere scientifico a seguito dei progressi della medicina e le conoscenze in ambito fisiologico e anatomico. Si iniziano sperimentazioni in campo clinico e di psicologia applicata.
Nell’immaginario collettivo la diversità si pone come elemento da controllare, ma anche da annullare, per ricondurla nei confini della “normalità” codificata secondo schemi e modelli preordinati su regole definite aprioristicamente.
Abbé de l’Epée (1712-1789) Fondatore a Parigi dell’Istituto Imperiale dei Sordomuti, studia le tecniche educative destinate a questo deficit. Concepisce la “comunicazione gestuale” a carattere compensatorio (potenziamento degli organi di senso integri e stimolazione sistematica attraverso l’ambiente).
Nel 1800, coesistono da un lato, gli insegnamenti di Rousseau, che hanno aperto ad una dimensione puerocentrica e ad un’attenzione insolita sugli effetti dell’influenza dell’ambiente in educazione, dall’altra il positivismo, che disponendo istanze normative e esperimentali nei saperi, pone le basi per lo sviluppo della pedagogia scientifica, e orientano verso nuove possibilità educative.
Fra i padri della Pedagogia Speciale possiamo senz’altro annoverare i primi pedagogisti medici, fra cui J.M.G.Itard, Séguin, Maria Montessori, Victor Frankl, De La Garanderie, Decroly, Claparede.
È proprio ad Itard, (1775-1838) che si fa risalire la nascita della Pedagogia Speciale, poiché fu di questo pedagogista francese del XIX secolo l’idea della educabilità dell’individuo anche in presenza di forti disabilità e dell’importanza della mediazione sociale nella crescita psicofisica della persona.
Il lavoro con il ragazzo trovato nelle foreste dell’Aveyron, infatti, aveva dato a Itard la certezza che un lavoro educativo potesse risolvere deficit funzionali e non organici, e contrariamente a Pinel che considerava Victor irrecuperabile, poiché attribuiva la sua minorazione cognitiva, linguistica e motoria e socio/affettiva ad una causa organica, e la riteneva irrecuperabile, Itard dimostrò, educando Victor, che i deficit possono essere funzionali, e quindi inerenti aree funzionali inibite in parte o per intero o deviate, nel loro funzionamento, dal mancato uso, dalla mancata stimolazione, e dalla mancanza di una restituzione significativa da parte di un adulto che costituisce, nella sua veste di educatore, un passaggio verso i significati del mondo e della vita. Il lavoro svolto da Itard consentì di strappare Victor al destino alienante che lo attendeva all’Institute des sourds-muets de Paris nel quale il ragazzo era già stato osservato e la sua impossibilità ad entrare in relazione con gli altri bambini, aveva convinto tutti che fosse un idiota (secondo una definizione in uso all’epoca) e che ogni intervento educativo sarebbe stato inutile. Itard, a sua volta, confidava moltissimo nell’efficacia della relazione e del contesto sociale che avrebbe riportato il bambino ad un vivere civile.
La Pedagogia Speciale evidenzia così la sua funzione di Pedagogia che educa e sostiene l’evoluzione in presenza di condizioni particolari di sviluppo e, per incontrare questa particolarità, mette in campo strumenti, strategie e metodologie speciali, poiché pensati e progettati per rispondere ad esigenze evolutive ben precise, a canali di ricezione e comunicazione diversi da quelli della media dei soggetti in crescita e quindi, di volta in volta, a seconda degli handicap che incontra, cerca di entrare in un rapporto che è speciale e non diverso.
La persona diversamente abile ha un peculiare di un modo di essere nel mondo, condizione che determina le basi della Pedagogia Speciale, che da scienza del recupero e dell’integrazione approda alla sua connotazione di scienza della diversità ove diversità è un termine la cui accezione non va interpretata come assenza di abilità, ma di "abilità presenti in maniera diversa".
Compito della Pedagogia speciale non è quello di portare la Persona alla normalità, intesa come la media delle prestazioni nei soggetti, ma di favorire lo sviluppo pieno del potenziale umano che ogni persona porta con sé, favorire l’autonomia, la crescita, la progettazione e la partecipazione piena della persona alla vita della società e della comunità.
Nel già citato lavoro Itard osservava che Victor non poteva essere paragonato che con se stesso e valutava, sulla base di questo criterio, i progressi o i regressi. Itard era, infatti, consapevole che ogni confronto delle abilità del ragazzo con i suoi coetanei lo avrebbe posto in una condizione di inferiorità e, fattore più importante, il paragone non appariva fondato, poiché ciò che era mancato al ragazzo dell’Aveyron rendeva gli altri ragazzi distanti: l’educazione che Victor non aveva avuto ne faceva una persona diversa che poteva essere paragonata solo con un’altra persona deprivata della stessa esperienza. Solo in quel caso avrebbe avuto senso tentare di valutare i progressi di Victor confrontandoli con quelli di altri. Ecco perché Itard usava gli apprendimenti del ragazzo per valutare l’andamento del suo percorso evolutivo e programmare le attività del piano educativo.
La Pedagogia Speciale, quindi, mette in campo la propria specificità attraverso uno sguardo che si fa particolare in quanto si sposta dal convenzionale e dal già noto, dirigendosi invece verso il diverso, il nuovo, l’eccezionale ed entra in relazione con queste diversità attraverso metodi e strumenti che sono speciali proprio in quanto creati o adattati alla specialità del caso. È grazie al ricorso a questi approcci, rispettosi della diversità, che si è riusciti ad ideare percorsi riabilitativi e metodologie che in altri tempi sarebbero stati scartati in quanto giudicati inadatti a portare il soggetto alla media delle prestazioni.
Theo Peeters, nell’ambito dei suoi studi sull’autismo, riconduce l’insieme delle condotte autistiche nello spazio dei significati da leggere in chiave adattiva, negandone lo status di non-senso tradizionalmente riconosciutogli. A partire da questa impostazione teorica per Peeters è possibile ipotizzare percorsi educativi che si muovono dall’ottica autistica, dal significato costruito e ricostruito a partire da chi lo agisce, seppure con modalità che non sono quelle della media pensante e parlante. Un approccio più umano, quindi, che si sforza di cogliere significati e messaggi ove la maggior parte delle persone vede differenze inaccessibili, insondabili, imperscrutabili.
Un’ottica che ribalta il concetto dell’educazione, poiché essa non risponde ad una necessità di riportare alla media il soggetto, ma impone una lettura di quanto osservato secondo il criterio della specialità e della specificità dell’individuo e delle condotte che agisce e verso le quali viene attivato un repertorio operativo esclusivamente ritagliato su quella situazione particolare, per quell’utente particolare. Ritorna ampiamente il principio di fondo della Pedagogia Speciale che si specializza per andare incontro a speciali esigenze evolutive e quindi educative.
Decroly (1871-1932), interno alla corrente dell’attivismo pedagogico, proprio delle “scuole nuove”, docente di psicologia dell’infanzia, si occupa dei problemi educativi partendo da un interesse maturato nell’ambito della pedagogia differenziale.
Estende i metodi dedicati ai “deficienti” ai ragazzi normali e apre a Bruxelles l’Ecole de l’Ermitage, una scuola pilota in cui veniva offerto un ricco materiale didattico.
Studia la psiche infantile, muovendo dagli anormali per ricercare situazioni che, nel tempo e con dovute cautele, potessero garantire il loro recupero.
Propone il metodo dell’individualizzazione nell’insegnamento, che considera tempi e ritmi di apprendimento e la maturazione dei singoli individui.
Sottolinea le basi psicologiche dell’apprendimento che risulta possibile per la partecipazione attiva del soggetto.
Caratteristica dei processi di conoscenza è la “globalizzazione”, capacità di capire e percepire non in modo parziale, attraverso elementi differenziali divisi e successivamente associati, ma in modo globale, come un tutto che l’individuo coglie in virtù della sua capacità di provare “interesse”.
I processi di simbolizzazione sono possibili seguendo un percorso preciso, che va dal concreto all’astratto, dal semplice al complesso, dal conosciuto allo sconosciuto.
I soggetti acquisiranno le nozioni, se saranno messi nella condizione di mettersi in contatto con elementi della natura (animali, piante, terra, astri,) e della società (città, famiglia, patria), per poter giungere ai concetti astratti attraverso esperienze concrete.
Le sue teorie hanno dato origine al “metodo globale” che ha caratterizzato una delle modalità più recenti di apprendimento della lingua scritta.
De La Garanderie (1920-2010) proponeva una Pedagogia che entra nei processi della Persona; nei processi con cui ognuno entra in rapporto con se stesso e con gli altri attraverso le diverse aree funzionali, da quella motoria a quella sensoriale. Rendere consapevole il soggetto dei processi che attiva, di come li sostiene o li boicotta, di come li ripete immodificati o di come cerca di cambiarli per ottenere risultati, comporta la possibilità di fornire alla persona un momento di riflessione importante sul proprio essere pensante ed attore di eventi che si possono modificare a partire da una necessità di cambiamento. La diagnosi pedagogica, per De La Garanderie, quindi, non mira ad evidenziare inabilità, ma modalità e attitudini. È opportuno ricordare che la parola "diagnosi" indica una conoscenza che differenzia e che separa, contrariamente ad un’accezione di uso comune che identifica il termine con l’accertamento di una condizione di patologia e crea una percezione della persona come già collocata sullo sfondo di un contesto di diversità/disagio/malattia, influendo intensamente sui processi di lettura e di analisi. A partire da ciò che la persona è in grado di fare, infatti, è possibile ipotizzare i processi di cui si serve, analizzarne la validità, l’orientamento, la funzionalità. Partendo da quello che la persona è in grado di fare, e non da ciò che non sa fare, è possibile definire piani educativi che acquistano forza dalla consapevolezza che la persona ha già appreso, sa apprendere e che si può aiutarla ad apprendere ancora e con maggiore efficacia.
Maria Montessori (1870-1952) donna, medico e pedagogista, rappresenta la peculiarità dell’osservazione che riesce a cogliere, a discriminare, a discernere a partire da ciò che osserva, priva di pregiudizi che inducano a sottovalutare o sopravvalutare perché ricerca i parametri di riferimento\ all’esterno di ciò che osserva. Il bambino era, per la studiosa, un mondo di conoscenza con una sua specificità cui attingere per individuare processi, percorsi, passaggi, crescita. Il termine "normalizzazione", usato dalla pedagogista per indicare l’educazione dei bambini non era riferibile ad una normalità mediamente definita, ma ad una normalità intrinseca alla persona, intesa come ritorno spontaneo alle normali attività dell’infanzia, alla curiosità, all’inventiva, alla fantasia, alla creatività. Educare, per la Montessori, corrispondeva ad aiutare il bambino, a sfruttare la potenza auto educante di cui ognuno è portatore.
Sono tre i punti della lezione montessoriana:
1. Potenzialità imprevista del bambino e valore dell’autoeducazione quindi fiducia nel soggetto e nelle sue possibilità, autoeducazione in quanto il bambino è protagonista attivo del processo educativo.
2. Il Ruolo dell’ambiente, dei materiali strutturati e dell’insegnante mediatore discreto. L’ambiente è un fattore importante per l’influenza che esso ha nello sviluppo del soggetto . Ciò che però è dominante e fondamentale è la disponibilità costruttiva del soggetto, sarà, di conseguenza, importante adeguare l’ambiente di vita con mobili adatti, favorire la possibilità ad operare insieme con azioni di vita pratica (cucinare, servire a tavola, lavare), disporre di materiali strutturati che stimolano le attività sensoriali e motorie per sviluppare attività mentali e possano facilitare a correggere gli errori (autoeducazione). L’insegnante diventa il “mediatore” tra alunno e ambiente. Osserva le attività, spiega l’uso del materiale, limita all’indispensabile il suo intervento, media l’incontro con gli oggetti, “il bambino è l’entità attiva e non la sua maestra”
3. Primato dell’educazione intellettuale e centralità del lavoro: la scuola deve avere un carattere intellettuale. Valorizzando le possibilità del bambino (attraverso un insegnamento adeguato e un contesto a misura) si effettua un opera di giustizia sociale. Partendo dai sensi, attraverso lo sviluppo individualizzato con l’uso di materiali adeguati si procede nella “Casa dei bambini” ad attività di disegno, scrittura, lettura, aritmetica. Il disegno propone esercizi motori ordinati alla preparazione del disegno della scrittura, ma non si esclude il disegno libero. L’istruzione e la cultura sono intese come serietà operativa e le esperienze sull’ambiente diventano un “lavoro”.
Più in generale, tutte le situazioni di disagio e/o vuoto evolutivo, originano disequilibri nell’armonia psichica della persona e l’aspetto educativo interviene, come sottolinea Viktor Frankl, (1905-1997) padre della Logoterapia, con quella delicata funzione di "risignificare" ove il significato è andato perduto, disperso nella crisi, nell’alienazione, nella perdita del Sé fuso e confuso negli eventi e fra le persone.
Il concetto del senso, come significato, ritorna nella prospettiva di Frankl, uomo sopravvissuto ai lager, ove impara che ogni esperienza ha un senso, occorre solo saperlo cercare e, in questo, la Logoterapia, come scienza delle parole che curano l’interiorità, ha lo scopo di guidare la Persona verso la ricerca del senso o la sua costruzione, qualora la vita non avesse ancora offerto l’opportunità di farlo.
E. Séguin (1812-1880) Erede di Itard, può essere ritenuto il fondatore della Pedagogia Speciale.
Nonostante le lacune sul piano teorico per le conoscenze non ancora esaustive in ambito fisiologico e sul ritardo mentale, riesce a sviluppare un metodo educativo per soggetti insufficienti mentali. Critica l’impostazione sensista e la sopravvalutazione delle attività sensorie.
Introduce una pedagogia di tipo “sensualista”, fondata sulle funzionalità psicologiche. Contesta le posizioni della medicina e dell’accademia e la presunzione di ineducabilità che, in virtù di diagnosi mediche, escludono lo studio dei singoli soggetti, portatori di individualità e situazioni del tutto originali ed irripetibili.
La medicina deve aprirsi all’educazione contro ogni stereotipo e ogni schematismo.
Mette in crisi il valore delle “classificazioni” e le generalizzazioni sugli interventi educativi. Si occupa di studiare i processi dell’apprendi-mento nei soggetti “idioti”.
Afferma così che le nozioni vengono acquisite attraverso le esperienze. Le idee si formano nel confronto e nella relazione tra le acquisizioni attraverso l’esperienza.
Ciò avviene in tre tempi:
Il metodo individuato per sollecitare le conoscenze si basa su:
- attività ludiche;
- atteggiamenti partecipativi;
- situazioni non ripetitive, ma diversificate;
- materiali didattici e giochi educativi.
L’esperienza di Séguin insegna a:
Desirée Magloire Bourneville (1840-1909) mette a punto un trattamento medico-psicopedagogico nell’istituto di Vitry–sur-Seine per bambini minorati di famiglie agiate e sollecita l’attenzione al contributo dell’ambiente nel processo educativo così come della famiglia e dell’importanza della variazione degli stimoli., dello sviluppo sensoriale, della manipolazione.
Il ‘900 è il secolo delle innovazioni. I fondamenti filosofici e scientifici dell’educazione vengono messi in discussione, giungendo a disegnare posizioni innovative, fondate sul recupero della soggettività e della partecipazione attiva all’interno di correnti o scuole di pensiero come l’attivismo, l’idealismo, il pragmatismo, il personalismo. Ulteriore contributo è dato dalla sociologia, la psicologia, la psicoanalisi.
La differenza, diventa così una categoria privilegiata, nella definizione di metodi e percorsi formativi. L’individuo viene considerato nella sua singolarità e originalità, nella sua dimensione soggettiva, all’interno del contesto e con particolare attenzione alla sua storia personale .
La scuola del fare, gli studi sulla dimensione partecipativa ed emotiva nel processo di apprendimento, i condizionamenti del contesto, i bisogni di socialità, assumono un ruolo fondamentale nell’ambito delle scienze dell’educazione e delle pratiche didattiche, orientando a posizioni di democrazia educativa, dove tutti possono trovare condizioni di educabilità.
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