Titolo | Attività motorio-sportive e disabilità
Scienze e tecniche dello sport nella diversabilità |
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Autore | Daniela Senarega | ||
Genere | Medicina | ||
Pubblicata il | 29/11/2014 | ||
Visite | 6428 | ||
Editore | LIberodiscrivere® associazione culturale edizioni | ||
Collana | Medico Scientifica N. 18 | ||
ISBN | 9788899137083 | ||
Pagine | 100 | ||
Prezzo Libro | 12,00 € | ![]() |
l testo vuole costituire una base di Nel testo si definisce lo sport moderno, il concetto di handicap, la loro storia e le classificazioni dell’O.M.S. in una prospettiva di educazione inclusiva. Si affrontano, quindi, le disabilità e le relative strategie di intervento. Nel terzo capitolo si descrivono lo scopo, gli obiettivi degli organismi sportivi e dello sport paralimpico. Nel quarto capitolo si tratta della fisiopatologia e degli obiettivi dell’esercizio sportivo adattato. Si definiscono, in ultimo, i vari sport per disabili. Il concetto di speciale normalità indica un modo di vivere la realtà sportiva dove specialità e normalità coesistono influenzandosi ed avvicendandosi reciprocamente. Non occorre ’fare altro’ ma ‘farlo in altro modo’ con la consapevolezza che il soggetto in situazione di handicap necessita di essere riconosciuto per quegli elementi di specificità che lo caratterizzano, maVsoprattutto per la normalità del fondamentale bisogno di educazione e formazione che è uguale per tutti.
SOMMARIO
INTRODUZIONE 7
1.1 - Sport 8
1.2 - Educazione sportiva integrata e inclusione 12
Il senso dell’integrazione e dell’inclusione 13
Benefici dell’attività sportiva nelle disabilità 14
1.3 - L’handicap 15
La Storia 16
La Disabilità secondo l’O.M.S. 25
Capitolo 2 - Disabilità e strategie specifiche 28
2.1 - Disabilità e strategie 28
Deficit motori 28
Deficit sensoriali 33
Deficit psichici 36
2.2 – La valutazione delle disabilità 41
La valutazione del deficit intellettivo 41
Test Valutazione delle abilità motorie adattate (strumenti standardizzati). 43
Capitolo 3 - Le organizzazioni sportive e Sport Paralimpico 46
3.1 - Comitato Olimpico Internazionale 46
3.2 - Il Comitato Italiano Paralimpico 49
3.3 - Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva Relazionale 51
3.4 - Special Olympics 52
Le classificazioni funzionali dello sport paralimpico 54
Capitolo 4 - Fisiopatologia e obiettivi dell’esercizio sportivo adattato 56
4.1 - Fisiopatologia dell’esercizio sportivo adattato 56
Principi utili per l’apprendimento e per l’allenamento dell’atleta disabile. 58
4.2 - Finalità e obiettivi della attività sportiva adattata 59
Capitolo 5 - Gli sport 62
Sport unificati 86
CONCLUSIONI 95
BIBLIOGRAFIA 97
Sitografia 99
INTRODUZIONE
Nel testo si definisce lo sport moderno, il concetto di handicap, la loro storia e le classificazioni dell’O.M.S. in una prospettiva di educazione inclusiva.
Si affrontano, quindi, le disabilità e le relative strategie di intervento.
Nel terzo capitolo si descrivono lo scopo, gli obiettivi degli organismi sportivi e dello sport paralimpico.
Nel quarto capitolo si tratta della fisiopatologia e degli obiettivi dell’esercizio sportivo adattato.
Si definiscono, in ultimo, i vari sport per disabili.
Il concetto di speciale normalità indica un modo di vivere la realtà sportiva dove specialità e normalità coesistono influenzandosi ed avvicendandosi reciprocamente. Non occorre ‘fare altro’ ma ‘farlo in altro modo’ con la consapevolezza che la persona o l’atleta in situazione di handicap necessita di essere riconosciuto per quegli elementi di specificità che lo caratterizzano, ma soprattutto per la normalità del fondamentale bisogno di educazione e formazione che è uguale per tutti.
I disabili rivendicano le stesse opportunità di accesso alle risorse sociali, come il lavoro, l’educazione scolastica e professionale, la formazione alle nuove tecnologie, i servizi sociali e sanitari, lo sport e il tempo libero, ed ai prodotti e beni di consumo (Dichiarazione di Madrid, 2003).
Parole chiave: attività sportiva, disabilità.
Capitolo 1
Sport, handicap, disabilità, integrazione
1.1 - Sport
L’attività sportiva può diventare un’occasione di crescita, l’attività ludica con la ricerca di un miglioramento possono rivelarsi un mix fertile per un’integrazione pratica.
Lo sport moderno nasce con De Coubertin, pedagogo e storico francese (Parigi, 1863-Ginevra, 1937) egli creò un movimento culturale con le Olimpiadi moderne dove si esaltava il vigore fisico come valore assoluto e riferito essenzialmente a giovani adulti, sani e di sesso maschile.
Nel corso del tempo ci si è “allontanati da questa matrice culturale iniziale, valorizzando in momenti successivi gli atleti in età evolutiva, l’attività sportiva femminile e la pratica da parte di amatori anziani.”
Si è, quindi passati alla valorizzazione di prestazioni fisiche di soggetti facenti parte di gruppi distinti per sesso ed età, le competizioni si svolgono isolando maschi e femmine, i bambini dagli adulti, gli anziani dai giovani. L’evoluzione di questo processo è continuata con la nascita dello sport per disabili, in questo ambito il risultato agonistico è l’espressione massima della possibilità/capacità di superare i propri limiti e abbandona la glorificazione delle prestazioni fini a se stesse.
La storia
Lo sport per disabili trova le sue radici in Inghilterra.
Mezzo secolo fa un eminente neurologo, il Dott. Ludwig Guttmann, iniziò a usare lo sport come ingrediente essenziale della riabilitazione dei disabili: i veterani della seconda guerra mondiale. Scopo principale del dott. Guttmann era far acquisire ai pazienti una buona destrezza nell’uso della carrozzina, in modo che potessero essere autonomi e reinserirsi nella vita sociale senza problemi. Si accorse che, oltre ai benefici psicologici, vi erano nei pazienti anche notevoli miglioramenti dal punto di vista fisico che con i metodi tradizionali difficilmente riusciva ad ottenere (incremento delle capacità muscolari e respiratorie, aumento della forza, ecc.).
I primi esercizi: lancio della palla medica che i pazienti, da distesi a letto, dovevano ricevere e rispedire al mittente mantenendo così l’uso e la forza degli arti superiori; gimcane intorno ai letti e nei corridoi delle camerate, fino ad arrivare a vere e proprie corse nel percorso che separava l’ospedale dalla adiacente pista d’atterraggio degli elicotteri e degli aerei.
Lo sport si rivelò un’attività che “utilizzando risposte intenzionali programmate a livello corticale per la costruzione di atti psicomotori” (L. Guttmann), costituiva un valido contributo per comprendere modelli comportamentali complessi, in un rapporto attivo con l’ambiente esterno.
Il dottore, che operava presso la casa di cura di Stoke-Mendeville a Aylesbury, nel 1948 organizzò per la prima volta un torneo tra diversi sport clubs ed altri ospedali in contemporanea con le Olimpiadi londinesi di quell’anno. Nel 1960, durante le Paraolimpiadi di Roma, il Papa indicò Guttmann come il “de Coubertin dei disabili”.
Nel 1952 per la prima volta i Giochi di Stoke Mandeville divennero internazionali, e nel 1960 si svolsero nel contesto delle Olimpiadi di Roma.
Era nata dunque la Federazione Internazionale dei Giochi di Stoke Mandeville (ISMGF), che da allora indìce annualmente una manifestazione sportiva comprendente vari sport, come il nuoto, le corse, i lanci, il tiro con l’arco, la pallacanestro, la scherma, il tennis-tavolo, il tiro a segno, le bocce.
Ben presto handicappati di altro genere (ciechi e soprattutto amputati) avvertirono l’esigenza di associarsi per poter partecipare anche essi a manifestazioni sportive. Nel 1964 fu così fondata l’ISOD, e più recentemente (nel 1980) si formarono l’IBSA ed il CP-ISRA, associazioni che si occupano rispettivamente di amputati, ciechi e cerebrolesi in un tempo successivo, l’ISOD ha allargato le proprie competenze anche ad altre patologie invalidanti.
Nel 1982, ISMGF, ISOD, IBSA e CP-ISRA fondarono un comitato internazionale di coordinamento (ICC) delle organizzazioni sportive mondiali per i disabili, preposto alla codifica ed alla stesura delle regole tecniche ed organizzative dei Giochi Paraolimpici.
Nel 1964 vi fu un’Olimpiade per disabili a Tokio, con 390 partecipanti; nel 1968 ben 750 atleti su sedia a rotelle presero parte ai Giochi di Ramat Gan (Tel Aviv), località offerta da Israele per indisponibilità di Città del Messico.
Nel 1972 i Giochi si svolsero ad Heidelberg (Germania), ed i partecipanti furono più di 1.000.
In occasione dei Giochi Olimpici di Montreal del 1976 i Giochi per disabili ebbero luogo a Toronto (anch’essa in Canada), e per la prima volta vi parteciparono atleti membri dell’ISOD; si videro quindi, tra i 1500 partecipanti, gareggiare anche atleti non vedenti od amputati.
Nel 1980, 2500 sportivi disabili presero parte ai Giochi di Arnhem (Olanda); nel 1984 le Paraolimpiadi si svolsero in parte a New York (1750 atleti) ed in parte ad Aylesbury (Gran Bretagna, 1100 partecipanti).
L’apoteosi del movimento sportivo per disabili si ebbe nel 1988 a Seul (Corea del Sud), con una importante manifestazione successiva alle Olimpiadi, durante la quale gareggiarono ben 3200 atleti provenienti da 65 Nazioni, al cospetto di un pubblico di 100.000 persone.
Altri sport si aggiungono costantemente alle prime discipline introdotte a Stoke Mandeville.
Dal 1976 si svolgono i Giochi Olimpici Invernali per disabili:
nel 1976 si tennero a Ornskoldsvik (Norvegia); nel 1980 a Glilo (Svezia). Le ultime due edizioni, del 1984 e del 1988, sono state ospitate entrambe da Innsbruck (Austria). Inizialmente riservati ad amputati o videolesi, i Giochi Olimpici Invernali si sono aperti alla partecipazione anche di paraplegici e di cerebrolesi: gli atleti che rientrano in queste due ultime categorie gareggiano su slitta.
Attualmente gli sportivi handicappati praticano le seguenti discipline: automobilismo, atletica leggera, badminton, bocce, bowling, calcio, canoa, ciclismo, curling, ginnastica, equitazione, goalball, judo, lotta, nuoto, pallacanestro, pallanuoto, pallavolo, pattinaggio, pesca sportiva, scherma, sci alpino, sci nautico, slittino, sollevamento pesi, tennis da tavolo, tiro a segno, tiro con l’arco, torball, vela.
In Italia queste attività sono state gestite e coordinate dalla Federazione Italiana Sport Handicappati (disabilità psichiche e motorie), fondata nel 1980, dalla Federazione Italiana Ciechi Sportivi (atleti non vedenti), fondata nel 1980, e dalla Federazione Italiana Sport Silenziosi (atleti non udenti), fondata nel 1929. Dal 1990 tali Federazioni sono rappresentate presso il CONI da un organismo unitario, denominato Federazione Italiana Sport Disabili, oggi C.I.P. (Comitato Italiano Paralimpico) che è il CONI delle Federazioni Paralimpiche.
È degno di nota il fatto che le varie Federazioni sportive nazionali hanno nel tempo allargato la propria attività, per comprendere le discipline femminili, nonché quelle praticate da amatori non più giovanissimi. Viceversa, allorché si è trattato di atleti disabili, sono state create delle Federazioni Sportive a se stanti. Queste ultime devono sopportare l’onere di organizzare manifestazioni per le più varie attività sportive (dal nuoto allo sci), pur fruendo talvolta della collaborazione delle Federazioni dei vari sport.
Qualcuna (vedi FITARCO) ha già manifestato un’apertura concreta ai disabili, con competizioni integrate; sport come pallavolo, calcio, ginnastica prevedono competizioni dette unificate dove atleti normodotati e disabili gareggiano insieme.
1.2 - Educazione sportiva integrata e inclusione
Lo sviluppo dell’educazione ha attraversato varie fasi caratterizzate da specifiche linee guida che sono passate dall’educazione segregata all’educazione integrata.
L’educazione segregata raffigura la modalità di progettazione, organizzazione e sviluppo dell’insegnamento differenziato per i bambini con bisogni educativi speciali rispetto agli altri normali. Questo sistema educativo si concentra sui limiti evidenziando ciò che i bambini non possono fare. La pianificazione e lo sviluppo dell’educazione segregata si fa con un programma diverso da quello della scuola normale. Inoltre, la valutazione dei bambini disabili è prevalentemente medica. La diagnosi medica è spesso associata con gli elementi psicologici e sociali.
L’educazione integrata è costituita da un insieme di azioni orientate allo scopo di integrare bambini con bisogni educativi speciali nelle strutture tradizionali, come base per uno sviluppo armonioso ed equilibrato della loro personalità. Il processo di integrazione significa l’inserimento dei bambini nel contesto della scuola, per assicurare l’apprendimento, lo sviluppo delle relazioni affettive positive, la comunicazione, l’accettazione da parte dei membri del gruppo e il successo in classe.
L’educazione inclusiva comporta l’estensione dello scopo della scuola/società e la trasformazione della scuola/società per poter incontrare e rispondere alle esigenze degli individui, soprattutto dei bambini con disabilità. L’educazione inclusiva è un costante processo di miglioramento della scuola, volto a sfruttare le risorse esistenti, specialmente le risorse umane per sostenere la partecipazione all’istruzione di tutti gli studenti all’interno di una comunità. Questo modello ha come scopo l’adattamento della scuola/società alle esigenze di apprendimento dei bambini e non solo l’adattamento dei bambini alla scuola.
Il senso dell’integrazione e dell’inclusione
Ciascuna persona, al di là delle sue condizioni psico-fisiche o sensoriali, è un soggetto capace di scoprire, esprimere ed offrire il proprio originale contributo al vivere comune.
Diversità e identità sono concetti che si interfacciano e che partono dal presupposto dell’uguaglianza differenziata: uguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le donne sul piano umano e civile, differenza sul piano biologico, psicologico e sociale.
L’educazione fisica, l’attività motoria, lo sport mirati all’integrazione, la possibilità di avviamento alla pratica sportiva, come momento riabilitativo e di conquista di autonomia personale e di gratificazione per il miglioramento dell’autostima, sono strumenti educativi concreti ancora poco utilizzati. “La promozione e l’attivazione di un processo di rielaborazione delle attività motorie [...] assume un particolare significato per le persone con disabilità, che sentono l’esigenza di potersi esprimere anche tramite le attività motorie e sportive, riconoscendo al movimento e allo sport valenze educative, formative e sociali, non limitando tali attività ad ambiti dove si svolgono esclusivamente interventi di mera riabilitazione/rieducazione o attività sportive separate solo “per i disabili”
L’etica professionale, come afferma Donati (2004), impone a tutti gli insegnanti/allenatori/preparatori atletici di essere competenti per un intervento educativo efficace e tempestivo che, attraverso la valorizzazione delle capacità residue, conduca l’alunno disabile, anche il più grave, all’acquisizione di abilità importanti per il processo evolutivo e formativo finalizzato all’autonomia.
È importante sottolineare che è possibile favorire attraverso l’attività motorio-sportiva l’apprendimento di mezzi di relazione con la realtà esterna, di nuove possibilità di comunicazione e percezione del proprio mondo interno. Infatti, attraverso la scoperta della propria efficienza motoria, è possibile condizionare positivamente la dinamica maturativa.
L’indipendenza sul piano dell’azione diviene motivo di realizzazione e si ripercuote sul comportamento cognitivo, investigativo ed affettivo favorendo una maggiore autonomia nei limiti consentiti dal deficit specifico, aumentando l’autoefficacia, cioè la capacità di raggiungere gli obiettivi preposti e dà materiale utile per costruire e solidificare l’autostima (Bandura, 2000).
Benefici dell’attività sportiva nelle disabilità
L’importanza di svolgere l’attività sportiva per le persone disabili ha diversi significati:
- la possibilità di migliorare le proprie condizioni fisiche, intellettive o sensoriali;
- la possibilità di partecipare ad un’attività organizzata e ben strutturata che garantisca ai disabili la reale percezione di appartenenza ad un gruppo nel quale rispecchiarsi e sentirsi parte integrante;
- la possibilità di compiere nuove esperienze attraverso le quali sia possibile confrontarsi e crescere insieme;
- il raggiungimento di risultati, che ricompensano di tutta la fatica fisica e psichica e di tutte le difficoltà affrontate;
- l’affermazione dello sport per le persone disabili non più ritenuto solo come qualcosa di terapeutico o di particolare data la condizione, ma con un completo riconoscimento dell’attività sportiva agonistica o amatoriale che sia;
- la capacità per il disabile di rispettare regole ed orari imparando a vivere situazioni sempre più strutturate.
Lo sport può essere considerato a tutti gli effetti anche come una vera e propria terapia all’interno dei diversi percorsi riabilitativi a prescindere dalla disabilità che sia fisica, intellettiva o sensoriale.
Lo sport inteso come “terapia” permette di:
- migliorare le capacità motorie o di movimento;
- migliorare le capacità sensoriali;
- migliorare il gesto fisico;
- migliorare i riflessi;
- incrementare la forza muscolare;
- migliorare la capacità respiratoria;
- migliorare gli scambi gassosi e l’ossigenazione del sangue;
- aumentare la resistenza alla fatica;
- favorire l’aggregazione ed i rapporti sociali;
- stimolare la persona ad affrontare le difficoltà;
- apprendere delle capacità attraverso una serie di esperienze;
- contribuire alla creazione e costruzione o ricostruzione della propria identità.
l testo vuole costituire una base di Nel testo si definisce lo sport moderno, il concetto di handicap, la loro storia e le classificazioni dell’O.M.S. in una prospettiva di educazione inclusiva. Si affrontano, quindi, le disabilità e le relative strategie di intervento. Nel terzo capitolo si descrivono lo scopo, gli obiettivi degli organismi sportivi e dello sport paralimpico. Nel quarto capitolo si tratta della fisiopatologia e degli obiettivi dell’esercizio sportivo adattato. Si definiscono, in ultimo, i vari sport per disabili. Il concetto di speciale normalità indica un modo di vivere la realtà sportiva dove specialità e normalità coesistono influenzandosi ed avvicendandosi reciprocamente. Non occorre ’fare altro’ ma ‘farlo in altro modo’ con la consapevolezza che il soggetto in situazione di handicap necessita di essere riconosciuto per quegli elementi di specificità che lo caratterizzano, maVsoprattutto per la normalità del fondamentale bisogno di educazione e formazione che è uguale per tutti.
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