C’è chi passa per la strada, indifferente. Chi ha poco tempo. Chi lesina tempo. Chi perde tempo. Il Fossi né uno né l’altro. Lui, il tempo, lo vive a piene mani. Non si perde mai tempo al bar bevendo un caffè in compagnia dei ragazzi. Non si perde mai tempo dal verduraio, a Genova detto «u bezagnin», parlando del più e del meno. Non si perde mai tempo all’edicola, scambiandosi le opinioni sull’ultima partita, su Sanremo o su spinose questioni politiche.
Fossi è un esploratore, vive con la minuzia speculativa dell’antropologo, ma senza il cinismo del sociologo. Esplora cuori, anime e luoghi come fosse un bambino. E soprattutto ride.
È proprio sulla scia della risata, della battuta simpatica e dello scherzo che ha costruito questo calembour. È un po’ come Truman Capote che accompagna una donna di servizio nelle case newyorchesi in «Musica per camaleonti». Un divertissement semi-serio (poco serio) che sarebbe piaciuto a Georges Perec ma anche a Marc Augé, autore di «Un antropologo nel metrò» (di Parigi). Siccome Fossi è pigro e la metro di Genova ha poche fermate e “non siamo mica a New York”, come esclamano ogni tanto i genovesi tra l’orgoglio e il faceto, il suo itinerario è tracciato sotto casa, tra la gente del suo quartiere. Per riscoprire l’allegria e l’ironia del quotidiano, il valore dello stare insieme anche soltanto per cinque minuti, la voglia di condividere, partecipare, convivere.
Se qualcuno, quando esce, non parla mai con nessuno, scoprirà che c’è un’umanità da riscoprire, che in un quartiere s’intrecciano vite, storie, passioni e segreti. Fossi ne conosce una gran risma, sa a menadito tutto quello che orbita e passa e vive e stramazza e sopravvive con coraggio. Conosce quelli che Bruno Latour chiamerebbe acteurs-reseau.
Questo pamphlet, dunque, va letto per acquisire la curiosità esplorativa del quotidiano.
Alessandra Fava
Non sai mai come comincia il lunedì in Solferino Street; l’unica cosa certa è che inizia dal giornalaio, ma non sai mai se nel chiosco troverai Caterina oppure Alberto.
Se è Caterina occorre essere tattici; indispensabile è la tappa di avvicinamento che consiste nella lettura delle locandine e in un’occhiata furtiva dentro l’edicola per capire che aria tiri, per cogliere se siano già passati i tipici personaggi rompiballe, cioè quelli che sfogliano diciottomila riviste, non comprano nulla e per giustificarsi chiedono un Panorama uscito sei mesi prima perché c’era un’inchiesta “interessantissima”. Questi personaggi, come potete immaginare, rendono Caterina intrattabile ed estremamente pericolosa.
Solo in seguito quindi, se non c’è tempesta, ci si presenta sorridenti e si chiede gentilmente Il Secolo, La Repubblica, il Giornale e via di seguito.
A questo punto Caterina evade prontamente la richiesta e ci possono pure scappare due parole. Argomenti prediletti: Samp e Vasco. Massima soddisfazione può cogliere il cliente abituale che, senza dir nulla, viene servito dell’oggetto dei suoi desideri. Insomma, un silenzio della Cate vale più di tante parole: una massima da tener presente alle 7,30 di mattina.
Se invece nel chiosco c’è Alberto, allora è tutto più fluido: si va diretti all’edicola, si comincia a parlare di calcio e/o delle più disparate necessità; dopo circa quindici minuti, fatti gli squeji di rito, si compra il giornale, non senza che si siano formati capannelli di gente vociante e dialogante. Sì, davanti all’edicola, al di là della presenza di uno o dell’altro venditore, si formano gruppi d’opinione. Gli opinionisti. Gruppi che potremmo dividere per argomenti: a est si riuniscono gli amanti di auto d’epoca e di oggetti chic in generale. A nord i cultori di calcio e politica. A ovest i proprietari di cani e altri animali domestici. A sud i runner o gli sportivi che si danno appuntamento in piazzetta per caricare e scaricare le loro sacche dall’automobile.
Come si può capire, gli argomenti si susseguono vorticosi e molteplici, intrecciandosi in maniera spesso inestricabile. Tuttavia occorre registrare che anche i dialoghi dal giornalaio non sono mai casuali: il lunedì si parla di calcio e delle avventure del weekend, il venerdì si fa il riassunto della settimana politica, mentre negli altri giorni si seguono prevalentemente i fatti di cronaca locale, nazionale e internazionale.
Capitoli a parte meriterebbero gli argomenti «figli» e «animali domestici», ma essendo di una ripetitività assoluta evito di parlarne. Di donne, dal giornalaio, non si discute, perché “per strada non sta bene”.
Anche il microcosmo dell’edicola può conoscere alcune novità: in casa di Caterina e Alberto è entrato Fritz, uno splendido gatto tigrato venerato come un pascià, e questo ha portato ad un allargamento del gruppo degli animalisti che ha spinto in modo pericoloso quello dei calciofili verso la sede stradale.
L’altra novità di rilievo è l’apparizione, all’interno dell’edicola, di Jean Pierre, un uomo sulla sessantina uscito dalla corte di Luigi XIV. Segni di riconoscimento: un codino stile Robert De Niro nel film «Mission» e abiti completi di colore chiaro. Dicono si nutra di soli croissant, sia dolci, sia salati. Ma forse è solo una leggenda metropolitana. Si narra sia la reincarnazione di un banchiere francese molto amico di Colbert e, in effetti, sembra uscito da un libro di Alexandre Dumas. Attualmente si dedica alla filosofia afro-americana, ma dispensa consigli su tutto lo scibile umano. Su richiesta, naturalmente. Perché di sua iniziativa non verrà certo a importunarvi.
Le ripercussioni reali e profonde di questi eventi sulla vita di Solferino Street non sono ancora note, tuttavia i più importanti sociologi sono all’opera per dipanare la vicenda.