Questo libro tratta un percorso e parte dal momento presente, dall’opera stessa, come manifestazione dell’essere nelle sue molteplici forme o linguaggi.
Nella prima parte di questo libro tratterò il sogno, la visione e la riflessione, come altrettanti linguaggi dell’essere che richiedono ulteriori approfondimenti.
Parlerò del mio percorso di evoluzione della coscienza, iniziato con l’autoanalisi dei sogni e continuato nel dialogo con Silvia Montefoschi, con la quale ho collaborato sin dai primi mesi del nostro incontro, nel lavoro a due e in gruppi di ricerca, oltre che nella supervisione e nell’attività didattica.
Le esperienze didattiche di cui tratterò sono finalizzate a rendere più concretamente l’essenza del metodo nuovo di lettura del sogno, culminato in una nuova visione del Soggetto del sogno stesso. Utilizzerò, se necessario, parte del materiale concernente la mia esperienza e le mie opere precedentemente pubblicate.
Nella seconda parte il linguaggio è affidato ad un gruppo di poesie, in cui si manifesta il tentativo di un dialogo intersoggettivo con l’altro della relazione.
L’esperienza poetica è già di per sé evento che non ha bisogno di dimostrazione o di spiegazione. S’impone al soggetto in quel dato momento come fatto, il cui stesso senso sta nell’esserci. Il senso vivo, vissuto come dono, nella mia esperienza poetica coincide con il senso vero, che indica la profondità del dirsi, come voce che giunge da altro, ossia come dialogo tra l’uno e l’altro inerente il Soggetto.
Indimostrabile è il senso
come indimostrabile è
chi già da sé si mostra
e rende il suo evidenziarsi
il senso vivo il senso vero
Il dono.
Qual dio ha ancora a venire,
se non l’evidenziarsi
del suo vero senso?
Se l’essere è colloquio
il colloquiare è il senso
Dialogo di due presenze in una
Questo è un dio nuovo
oltre la fisica
oltre la metafisica
Un dio incidente
che solo nel colloquio
con l’altro
incide e lascia il segno
della sua presenza
È pensando
che in me si dice l’essere
È poetando
poiché la poesia
è il suo autentico linguaggio
che si evidenzia soltanto
nel dirsi manifesto
Il pensare è l’accadimento
che postula il suo manifestarsi
nel linguaggio.
La storia di ciascuno è lo svolgersi di un mito interno che sin dalla prima infanzia si manifesta, anche se non in tutti nella sua evidenza consapevole.
Arriva il momento in cui si sente la necessità di ripercorrere le tappe della nostra storia, dal primo manifestarsi della coscienza agli ultimi fuochi della passione che ha guidato i nostri passi nel procedere verso una nuova consapevolezza.
La consapevolezza è un passo ulteriore rispetto alla coscienza: È sapere di sé e di ciò che ha mosso le nostre intenzioni o meglio l’intenzionalità che ha vigilato e condotto a chiarezza i nostri passi, nell’accentuarsi dell’aspetto riflessivo, divenuto essenziale alla nostra stessa sopravvivenza.
Da tempo immemorabile avevo in me la certezza che sarei morta all’età di quarantatré anni. La presentivo come morte materiale, totale.
In realtà all’avvicinarsi di quel compimento, una certa inquietudine s’impadronì di me e mi induceva a scelte estreme, a decisioni vissute come necessarie. Come se all’approssimarsi della morte si dovesse assolvere ciò che ancora non si era portato a compimento. Dovevo “decidere” ciò che era rimasto sopito a manifestarsi, a dirsi in modo visibile.
Ho ancora poco tempo, non posso rimandare oltre, pensavo; tuttavia era come se dovessi prendere una decisione irreparabile, e al contempo sconosciuta.
Qualcosa che s’imponeva con la forza di un ultimatum, prima dell’avvento del morire, ma ancora sconosciuta nella sua concretezza.
Con il passare delle settimane si faceva sempre più strada l’idea che non doveva trattarsi di un morire materiale, ma di un morire a livello più profondo; morire a quel piano di visione del mondo in cui ancora mi condizionavo ad esistere.
Anche nei miei scritti compariva un alter-ego sfuggente e tuttavia autonomo, una presenza che nella sua apparente inconsistenza, aveva più realtà e influenza della stessa soggettività cosciente.
Il suo essere messo sotto sequestro gli aveva dato forza e autonomia tali da emergere creativamente, entrando in contrasto con l’apparente stato delle cose.
Così mandava all’aria progetti e realizzazione di eventi a cui mi ero dedicata oppure ero stata invitata.
Decisi di doverlo mettere a nudo, di spiazzarlo, anche correndo il rischio di essere io stessa spiazzata dalla sua resistenza.
Poi accadde un fatto imprevedibile: un sogno mi rivelò che era giunto il momento d’incontrarla. Alzai la cornetta del telefono e la chiamai.
“Quando posso venire per incontrarti?”
“Grazia, finalmente hai preso la decisione”.
“Sì, ora sono pronta, aspettavo soltanto questo: Ora lo so”.
La persona che rispondeva all’altra parte del filo era Silvia Montefoschi; la psicoanalista che due mesi prima mi aveva intenzionata a lavorare con lei e aveva voluto conoscermi, essendo venuta a sapere di alcuni miei sogni da un allievo che avevo a lei indirizzato. Sogni che, come disse, erano risposta ai suoi interrogativi, in relazione a un gruppo di ricerca con allievi che già stavano lavorando con lei.
“I sogni sono linguaggio, dirsi dell’essere come la poesia, la filosofia, la scienza e tutti gli eventi dell’universo”.[1]
L’essere nell’uomo inizia a vedersi e a prendere coscienza di sé come pensiero che nella sua evoluzione storica autorivela se stesso nella coscienza dell’uomo.
Freud nella I lezione Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917) scrive: “La psicoanalisi si impara innanzitutto su se stessi, mediante lo studio della propria personalità”.
Ciò non coincide perfettamente con quello che si usa definire auto-osservazione, ma, all’occorrenza, può essere compreso in essa.
Definizione data da Freud:
Psicoanalisi è il nome:
1.di un procedimento per l’indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché impossibile accedere;
2.di un metodo terapeutico (basato su tale indagine) per il trattamento dei disturbi nevrotici;
3.di una serie di conoscenze psicologiche acquisite per questa via che gradualmente si assommano e convergono in una nuova disciplina scientifica.
Jung, nell’opera Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, che raccoglie conferenze e studi composti tra il 1920 e il 1930, nel capitolo intitolato Psicologia analitica e Weltanschauung scrive:
“Avere una visione del mondo significa creare un’immagine del mondo e di sé, sapere che cosa è il mondo e che cosa noi siamo.
…Ogni visione del mondo è ipotesi...
L’immagine del mondo può mutare in qualunque momento, così come può mutare in qualunque momento la nostra idea di noi stessi.
Secondo la teoria della psicoanalisi di Freud l’uomo è un essere istintivo …La visione del mondo della psicoanalisi è un materialismo razionalista, è la visione del mondo di una scienza naturale essenzialmente pratica. E noi sentiamo che questa visione è insufficiente…
Parlando di istinti, si crede di riferirsi a cose note. In realtà si parla di cose ignote. In realtà sappiamo soltanto che dalla buia sfera della psiche ci giungono influssi che debbono venir comunque accolti nella coscienza, per evitare devastatrici perturbazioni di altre funzioni. È assolutamente impossibile dire senz’altro di che natura sono questi influssi, se essi sono dovuti alla sessualità, alla volontà di potenza o ad altri istinti. Sono influssi ambigui, o addirittura di significato molteplice, come l’incosciente stesso.
L’incosciente o complesso autonomo è un contenuto sottratto all’impero della volontà cosciente, qualcosa che eleva continuamente la sua voce, indipendentemente dalla nostra coscienza inattaccabile dalla nostra critica.
Tutti i complessi infantili risalgono in ultima analisi a contenuti autonomi dell’incosciente…
Il contributo più importante che la psicologia analitica ha potuto recare alla nostra visione del mondo è dunque, secondo me, la nozione che esistono contenuti incoscienti i quali pongono irrecusabili esigenze o irraggiano influssi con cui la coscienza, volente o nolente, deve fare i conti.
Il cervello con cui l’uomo nasce è il risultato dell’evoluzione di un’infinita serie di antenati…
I contenuti autonomi dell’incosciente (o dominanti) non sono idee ereditate, ma possibilità ereditate, o meglio sono necessità di generare ancora quelle idee che le dominanti dell’incosciente hanno sempre espresso….
L’uomo nasce dunque con una disposizione mentale complicata, ben diversa da una tabula rasa…
Alla sfera della massa ereditaria psichica ho dato il nome di incosciente collettivo.
Archetipo è l’immagine collettiva ereditaria.
La psicologia analitica non è una visione del mondo, ma una scienza…
Una scienza è lo strumento per creare una visione del mondo.
La psicologia analitica cerca di far breccia nelle mura, scavando nell’incosciente per trarne fuori quelle immagini fantastiche che l’intelletto razionale aveva rigettate. Queste immagini sono fuori delle mura, appartengono alla natura in noi, che in apparenza giace profondamente sepolta dietro di noi, e contro la quale noi ci siamo trincerati dietro le mura della ragione”.
Silvia Montefoschi, nell’opera: Psicoanalisi e dialettica del reale (1984), e precisamente nella parte La riflessione psicoanalitica quale sintesi degli antinomi scrive: “La psicoanalisi coglie nel discorso interiore, che si svolge nel singolo individuo, il discorso umano nella sua universalità ed arriva con ciò ad ammettere che quanto il singolo uomo raggiunge in se stesso appartiene all’interità dell’umano. Essa legittima in tal modo la veridicità dell’esperienza interiore sul piano di una nuova universalità, la universalità delle conoscenze individuali che rende oggettiva la verità soggettiva”.
Nuovo criterio di veridicità altrettanto legittimo di quello delle scienze.
La psicoanalisi prospetta il superamento dell’antinomia soggetto-oggetto, ponendosi essa stessa, in quanto metodo di conoscenza trasformativa, quale possibile tramite alla sintesi degli antinomi.
Fondamento della prassi coincidente con il processo conoscitivo e trasformativo: “portare alla coscienza l’inconscio”.
Come? Con la presa di distanza da parte del soggetto della sua stessa coscienza, per distinguerla dall’inconscio.
Ma la coscienza è il luogo in cui l’inconscio si manifesta e si fa cosciente di sé, sicché è nell’inconscio che si dà la conoscenza di cui il soggetto si fa cosciente.
Nel momento in cui il soggetto fa il salto su un piano più elevato di riflessione, si accorge che la realtà oggettuale è inconscio, ovvero il conosciuto che non sa di sé.
Coscienza e inconscio vengono a coincidere con il soggetto e l’oggetto della conoscenza, separati dal sistema conoscitivo antinomico, sono due momenti o aspetti dell’uomo. Superamento del tabù dell’incesto nel ricongiungimento del soggetto conoscente all’oggettualità dell’essere e nascita della soggettività come nuovo esistente: Universo di discorso che il soggetto ricrea nella rielaborazione di nuova conoscenza che, dando forma al mondo, lo rende responsabile del suo divenire.
La nuova psicoanalisi nasce quando interroga se stessa e scopre la dinamica conoscitiva fondamentale di sé, del sociale, dell’universo.
Questo passaggio fondamentale si è realizzato in Silvia Montefoschi.
Nell’anno 1986, durante il lavoro con Silvia, feci questo sogno:
Una donna muore dando alla luce un bambino che nasce morto.
C’è costernazione.
Il sogno annunciava la morte del sistema uomo, morte di questo tipo di riproduzione.
Il nuovo sistema è quello del Soggetto Superriflessivo, in cui perde senso la riproduzione materiale.
Questa donna che muore indica la fine del S.U.: Il bambino nasce morto.
Chi si evolve produce sul piano dello Spirito.
Occorre rileggere tutta la Storia del dirsi dell’Essere in chiave nuova, non separare, non razionalizzare, riordinare, sintetizzare secondo la nuova visione dell’essere Superriflessivo.
Conoscere la scienza come l’artista, come conoscenza interiore in cui tutto si dà forma. È la conoscenza interiore che ci rivela la realtà che conosce lo scienziato.
La visione artistica coincide con la conoscenza dello scienziato, che intuisce con la creatività ciò che ha sperimentato già in sé.
Trasgredire un ordine ha senso se lo facciamo non per una ragione individualistica, ma per l’universale.
Quando Individuale e Universale coincidono veniamo a coincidere con l’Essere in questo nuovo ordine di visione unitaria.
Allora non c’è più distinzione tra l’io e l’Essere.
Restare nel travaglio tra individuale e universale è vivere il conflitto di Dio.
Il nuovo sistema però c’incalza, inducendoci a morire al vecchio modo. Non serve guardare al passato, Il Sistema stesso ci caccia fuori e ci costringe a saltare oltre, come testimonia il seguente sogno:
Con le mie sorelle W. e G. nel sottoscala di una casa in costruzione, mentre si attraversa per uscire, ho il ricordo della profezia, che le porte sarebbero state sbarrate. W. non credeva nella mia visione e ci induce ad andare con lei.
Uomini, muratori e operai, sbarrano con grosse assi di legno un’uscita. Ci dirigiamo dalla parte opposta dove s’intravvede una scala, si sale e si arriva in un grande spiazzo dove stanno lavorando. W. è avanti a noi. Improvvisamente vedo degli uomini che avanzano lateralmente con grosse sbarre di ferro. Alla mia sinistra una discarica ripida, la punta del tubo batte dietro la mia testa e mi spinge verso la discarica, faccio forza su me stessa per mantenermi in equilibrio e non precipitare, sento l’immane forza, ma riesco con le mani e la concentrazione del pensiero a trattenere la grossa sbarra e ad avanzare. Vedo G. davanti a me, salva, ma non vedo più W., mi volto e vedo il suo corpo inerte tra la strada e il marciapiede, la testa e il volto pallidissimo come spezzato dal collo, sono inorridita, prendo G. affinché non veda la scena, l’abbraccio e la induco verso l’imboccatura di un viale dove s’intravvede un giardino, prima di entrare nel viale mi volto a guardare W., vedo che degli uomini caricano il suo corpo su una carriola da muratore, davanti a questo il dolore mi sovrasta, grido disperata per due volte, ma il grido è muto, strozzato, senza suono. (Sui 19/20 anni)
In questo sogno si dà ancora il travaglio dell’essere per meglio comprenderlo e conoscerlo. Questo travaglio tra individuale e universale è il conflitto di Dio
Se si passa su un sistema altro di conoscenza è inutile guardare quello passato, altrimenti ci riafferra la logica del passato. Il sistema stesso mi caccia fuori, costringendomi a morire o saltare oltre.
Soltanto se ritroviamo Dio in noi possiamo restare insieme, pur restando da soli.
Ripercorrere in noi la strada che l’Essere ha già fatto nella sua evoluzione. Assunzione della corporeità come valore universale: Tutta la materia deve transustanziarsi nello spirito. Anche il passato va redento.
Il linguaggio ha la stessa struttura del pensiero che è la struttura del pensante e coincide con il dirsi dell’Essere nel rapporto tra conosciuto e conoscente.
Tutti i pensanti hanno questa struttura.
Le parole sono diverse nei diversi soggetti umani, ma arriveremo a intenderci direttamente con il pensiero.
Si capisce e ci si comprende soltanto perché ci si sente parlare dentro.
A questo punto del percorso evolutivo dell’essere ci si rende conto che ciò che si vede e ciò che si pensa è una unità pensante e dialogica, in cui il Soggetto, nell’atto stesso del prendere coscienza di sé, si autorivela.
Non io penso l’essere, ma è l’Essere che pensa se stesso in me. Siamo di fronte ad un rovesciamento epistemologico fondamentale, nella storia del pensiero: Rovesciamento che si è attuato nel pensiero, attraverso l’esperienza psicoanalitica di Silvia Montefoschi.
Tale passaggio sul piano teorico filosofico era già presente in Hegel, nel momento in cui comprende che la dialettica della natura si vede nella filosofia dello Spirito e in particolare nel momento dello Spirito Assoluto.
Se nella visione dialettica del pensiero soggetto e oggetto sono antinomici, nella visione dialogica sono una unità indisgiungibile.
Non c’è oggetto senza soggetto che lo vede e riconosce altro da sé.
Nel nuovo soggetto riflessivo l’essenza del soggetto della conoscenza, l’interazione tra i due in relazione si manifesta nel Dialogo tra essere e consapevolezza di essere, grazie alla distanza del soggetto dal dato coscienziale.
Ciò consente di vedere il dialogo tra i due: coscienza e inconscio.
L’inconscio, vedendosi, fa il suo ingresso nella coscienza, che diventa atto della potenzialità.
In sintesi: L’essere umano arriva a percepire e vedere consapevolmente se stesso come il reale che dice di sé e non più come qualcosa di scisso dal reale.
All’interno della relazione si danno due modi possibili: L’interdipendenza e l’intersoggettività.
Nell’interdipendenza si ha bisogno dell’altro per esserci, ma non si sa dell’altro, né di se stessi all’interno della relazione.
Nell’intersoggettività il Soggetto si riconosce come riflessivo e arriva a trattare l’altro come Soggetto, scoprendo che la dinamica dell’Essere è unica, una in tutti e che l’altro è soggettività.
Si attua pertanto il dialogo tra l’uno e l’altro nella reciprocità dei due.
[1] Grazia Apisa Gloria, Il linguaggio dei sogni, Nuova Editrice Genovese, 1994 - pag. 9