Gabbean
L´albero di giuggiole

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Titolo L´albero di giuggiole
Autore Gabbean
Genere Narrativa - Bambini      
Pubblicata il 03/06/2015
Visite 5509

C’era una volta un albero di giuggiole,

l’albero si trovava nel giardino di una vecchia casa, in un quartiere periferico di una città bella e anche importante, perché vi era nato un grande Imperatore, famoso per la sua intelligenza e per la sua cultura.

D’autunno, quando tra le foglie verdi dell’albero facevano capolino i bei frutti vermigli, era una festa per il bambino che abitava nella casa e per i suoi piccoli amici. A turno, essi salivano sulla pianta e si saziavano di giuggiole dolcissime, fino a farsi venire il mal di pancia, e dalla cima dell’albero il loro sguardo poteva spaziare lontano, fino all’orizzonte, dove una cinta di verdi colline  si stendeva come due braccia materne attorno alla città.

In verità in quello scenario non tutto era così verde: su una collina spiccavano dei solchi stretti e profondi,  del tutto privi di vegetazione, e quei bambini si ripetevano una leggenda secondo la quale quella era l’impronta maligna del diavolo, che, invidioso della bellezza del luogo, aveva voluto deturparlo, appoggiando la sua mano lungo i dolci fianchi della collina, inaridendo l’humus del terreno, rendendolo sterile e spoglio. 

Passarono gli anni e i bambini divennero dei giovinetti che le variegate vicende della vita vollero separare: alcuni cambiarono quartiere, altri, per ragioni di studio o di lavoro, lasciarono la città. Così trascorse molto tempo prima che  essi, casualmente, si incontrassero di nuovo, proprio dove, un giorno ormai lontano, s’innalzava il loro albero di giuggiole, che, purtroppo, non c’era più. Aveva preso il suo posto la siepe di recinzione del cortile di una scuola moderna che tuttavia non impediva di rivolgere ancora lo sguardo verso le colline. Con grande meraviglia essi notarono che qualcosa era cambiato anche all’orizzonte: il fianco della collina era rimodellato da una distesa nerastra che colmava i solchi, facendo sparire le antiche impronte del diavolo.

Si guardarono stupiti e non tardarono a scoprire che la “ripa” era stata destinata a discarica incontrollata della città e che marciume di ogni genere vi veniva gettato ogni giorno, accrescendo l’aspetto desolato di quella caratteristica zona.

Molti abitanti della città si vergognavano di quella bruttura, e ai forestieri che passavano di lì e che di giorno vedevano levarsi un fil di fumo, non sempre sottile,  raccontavano, arrossendo per la bugia, che si trattava della scenografia all’aperto di una famosa opera lirica. Già,  mi sono dimenticato di dirvi che in quella città era nato anche un celebre musicista a cui era intitolato il teatro cittadino.

Di notte rosseggianti strisce di fuoco solcavano il fianco della collina, come sinuose lingue di lava, ma nessuno riuscì mai a far credere, neanche alle persone più sprovvedute, che fosse in atto un affascinante fenomeno vulcanico.

Come se non bastasse, seguendo le sponde del fiume che prendeva il nome dalla città, lungo l’ansa, era possibile vedere il piede della discarica franare inesorabilmente nelle acque, rese putride dal liquame nerastro che colava dall’ammasso di rifiuti.

Passarono altri anni, finché un giorno, la fortuna, il caso, il destino, scegliete voi, uno di quei bambini di un tempo lontano divenne amministratore della città e tra i suoi primi pensieri ci fu quello di eliminare la sanguinante e umiliante ferita.

Per questo mise al lavoro dei tecnici valenti che, in breve tempo, presentarono il progetto per una discarica controllata, prevista in un’area lontana dall’abitato e geologicamente idonea. E quel progetto divenne presto realtà.

Così il fil di fumo si attenuò rapidamente, divenne stento, quasi impercettibile, fino a sparire del tutto, e di quell’orribile piaga rimase un cumulo di cenere grigia, ancora in stridente contrasto cromatico con il verde circostante. 

Allora il bambino dell’albero di giuggiole, ormai invecchiato, ma non stanco, dispose il risanamento della zona: la cenere e i detriti vennero ricoperti da un soffice manto vegetale che, caldo e fertile, accolse i semi dell’erba e le radici degli alberi e di lì a poco il terreno violato divenne un’oasi naturalistica, dove al posto di topi e serpi è oggi possibile vedere uccelli bellissimi e rare essenze arboree e da cui ci si può affacciare sull’ acqua chiara del fiume.

Siamo così giunti al termine della nostra fantastica storia: dopo che, per tanto tempo, gli uomini ebbero continuato l’opera distruttrice di Lucifero, miracolosamente rinsavirono, e fecero di quel luogo una grande aiuola, bagnata da fresche acque e ricca di fiori odorosi.

E tutti vissero felici e contenti.

  • Un brano gradevole scritto con stile fluido. L´atmosfera evocata è convincente, si legge volentieri.
    Voto attribuito: 10
    Ida Acerbo (03/06/2015 11:36:41)

  • Un racconto fortemente simbolico e ottimistico sulla possibilità dell´essere umano di riscattarsi dal male. Una favola amabile e gradevole.
    Voto attribuito: 10
    Pellegrina (04/06/2015 06:54:06)

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