Titolo | Accadde nel futuro | ||
Autore | Gabbean | ||
Genere | Narrativa - Bambini | ||
Pubblicata il | 07/03/2016 | ||
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C’era una volta una scatola di latta,
una bella scatola con il coperchio decorato da una faccia sorridente che, al posto dei capelli, aveva una buffa cresta di matite. Certo doveva essere molto vecchia tanto che, quando Luca la trovò per caso in un angolo della soffitta, la brillantezza dei colori era offuscata dalla patina del tempo e da uno spesso strato di polvere.
Come resistere alla tentazione di vedere quello che conteneva?
“Quali segreti nasconderà mai, quali tesori?” si chiedeva Luca ancor prima di aprirla, lasciando libera di fantasticare la sua vivida mente di fanciullo.
Tolto il coperchio, il contenuto della scatola si offrì al suo sguardo. Che delusione! C’erano solo delle vecchie foto ingiallite e qualche altro piccolo oggetto; niente, almeno all’apparenza, di grande valore.
A quale suo antenato quelle cose erano appartenute e perché mai erano state conservate?
Forse il loro segreto stava proprio nel fatto che erano state riposte e non gettate via.
Luca richiuse la scatola e, non volendo rinunciare a capire, la prese con sé, scendendo nella sua cameretta per poterne valutare il contenuto con più calma.
La scrivania, come quella di tutti gli scolari, era ingombra e disordinata: il computer quantistico, i libri multimediali, le penne laser, i quaderni informatici occupavano tutto lo spazio e Luca fece fatica a riordinarli per far posto alla scatola di latta. Seduto sullo sgabello a levitazione magnetica si accinse ad aprirla di nuovo per esaminare, uno ad uno, gli oggetti che essa aveva conservato per tanto tempo.
Prese per prima una medaglia, forse d’argento, perché era annerita come avviene sempre a quel nobile metallo. Vi compariva, in rilievo, un leone rampante coronato, l’antico stemma della sua città, la cui immagine aveva visto riprodotta, bianca su fondo rosso, nell’ipertesto di storia e che, chissà da quanto tempo, era stato sostituito dal marchio olografico di una multinazionale. Girò subito la medaglia per trovare qualche scritta, ma la sua speranza andò delusa: il rovescio era completamente liscio.
Cominciò allora a guardare le fotografie a colori.
Ognuna riportava sul retro, scritto in stampatello, il nome della persona raffigurata. In verità quei nomi e quei volti non evocavano in Luca alcuna sensazione particolare; probabilmente – pensò – appartenevano ad un’epoca così lontana da essere ormai dimenticata e con essa anche coloro che l’avevano vissuta.
Diremo ai nostri piccoli lettori che in realtà, più e più tempo prima, la città del leone rampante coronato aveva ospitato quei personaggi e che allora ognuno di loro era un simbolo e rappresentava un valore. Fu quella l’età della passione civile e culturale, svanita senza lasciare grandi segni di sé in una vuota frenesia che aveva contagiato la mente degli uomini.
Luca tirò fuori dalla scatola l’ultima foto in bianco e nero. Sembrava la più vecchia, certamente era la più sbiadita. Una foto diversa dalle altre perché non raffigurava una sola persona, ma un nutrito gruppo di giovani in maglietta e pantaloncini, sormontato dalla scritta “Il grande Torino”.
Questa volta la curiosità fu forte.
Luca rivolse la foto verso il computer e, in un battibaleno, il motore di ricerca fornì, dall’Enciclopedia Futurpedia, la risposta.
Si trattava di una invincibile squadra di calcio, un vecchio sport caduto in disuso con l’avvento delle play-station ciberspaziali a luce superfluida. Tutti quei giocatori erano morti in un incidente aereo dopo aver contribuito, con le loro imprese, a dare lustro ad una nazione che tentava di risollevarsi da terribili anni di guerra, da un ottuso regime dittatoriale, da una feroce occupazione straniera.
Luca scorse rapidamente l’elenco dei nomi dei componenti la squadra: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Mazzola…… e, come per incanto, gli vennero in mente le targhe arrugginite di quelle deserte stradine periferiche in cui andava, insieme ai suoi amici, a scorrazzare con il fantaciclo ad antimateria.
Sfrecciando veloce come la luce, talvolta si era chiesto a chi si riferissero quei nomi sbiaditi, appena leggibili, e chi avesse avuto l’idea di intitolare così quelle viuzze.
Ora sapeva: erano grandi campioni, la faccia pulita di un popolo in cerca di riscatto, e un suo antenato, l’antico proprietario della scatola di latta, doveva aver avuto a che fare con quella intitolazione.
Luca, felice e contento per la scoperta, ripose la scatola tra le sue cose più preziose.