Ivana Di Rella
Un Gattopardo al fronte

Titolo Un Gattopardo al fronte
1916 - 1918: diario di guerra del soldato Giuseppe Garofalo Tomasi di Lampedusa
Autore Ivana Di Rella
Genere Storia - diario      
Pubblicata il 06/07/2017
Visite 3308
Editore Liberodiscrivere® edizioni
Collana Koine´  N.  36
ISBN 9788893390606
Pagine 180
Note Illustrato con fotografie e cartine
Prezzo Libro 14,50 € PayPal

Versione Ebook

ISBN EBook 9788893392358
Prezzo eBook 4,99 €
Nel famoso libro “Il Gattopardo” si racconta come il Principe di Lampedusa, all’indomani dell’Unità d’Italia, avesse colto gli sconvolgimenti da tale evento provocati, preconizzando la scomparsa della sua classe sociale – quella dell’antica aristocrazia fondiaria – nel volgere di un secolo.
È trascorso poco più di mezzo secolo quando un suo nipote diretto si trova in guerra, sul fronte greco, quale semplice soldato di fanteria e, nelle retrovie, svolge umili mansioni.
Egli combatte una guerra personale fatta di quotidiane battaglie contro malattie, disagi e stenti di ogni genere.
La Guerra, con tutto il suo orrore di devastazione e di morte, la vede intorno a sé.
È assalito da momenti di grande sconforto per le sofferenze patite, per la nostalgia della sua famiglia, per la paura che talvolta lo assale di perdere la vita lontano da casa, ma su tutto predomina la speranza di ritornare sano e salvo dalla giovane moglie e dalla figlioletta.
È insieme storia e romanzo.
Non vuol essere un libro di storia.
È la trascrizione letterale del diario di un soldato della Grande Guerra, inviato in Macedonia; egli non è protagonista di imprese eroiche sulla prima linea del fronte, ma, prestando servizio nelle retrovie con varie umili mansioni, combatte una sua guerra personale fatta di quotidiane battaglie contro la fame, la stanchezza, il gelo o il caldo torrido (in un paese dal clima artico d’inverno e tropicale d’estate), le malattie e altri disagi, stenti e pericoli di ogni genere.
La Guerra con tutto il suo orrore la vede intorno a sé: nelle devastazioni provocate dalle bombe e dagli incendi, in quel che resta sui campi di battaglia dopo il combattimento, nei corpi martoriati dei feriti e degli ammalati che giungono all’ospedale, nella morte che aleggia all’intorno e accanto a lui miete giovani vite.
È assalito da momenti di grande sconforto per le sofferenze patite, per la nostalgia della sua famiglia, per la paura che talvolta lo assale di perdere la vita lontano da casa, ma su tutto predomina la speranza di ritornare sano e salvo dalla giovane moglie e dalla figlioletta, che la sua morte “lascerebbe sole”. La consapevolezza di potere essere ancora utile alla sua famiglia e il pensiero di potere “passare ancora qualche anno felice” gli danno la forza di resistere ad ogni disagio.
Il soldato è mio nonno materno e il diario è stato tenuto nel periodo che va dal 21 agosto 1916 al 14 dicembre 1918; è scritto con la matita copiativa, salvo poche pagine scritte a penna, su piccoli fogli di carta, con una scrittura a caratteri incredibilmente minuscoli.
Il diario ha per me un grande valore affettivo e da sempre lo custodivo con attenzione, assieme a un quaderno di poesie appartenuto a mia nonna (la di lui moglie) e ad alcune lettere che essi si erano scambiati nel periodo della lontananza.
Spinta dalla curiosità, avevo faticosamente letto qua e là qualche pagina del diario, ma sarebbe più indicato l’uso del verbo “decifrare”, considerato il carattere minuscolo dello scritto che, per di più, a tratti risultava sbiadito. Vi avevo trovato brani interessanti in relazione sia alle vicende belliche sia alle vicende private, personali e familiari, che vi erano narrate; soprattutto le vicende private assumevano per me una particolare valenza, suscitando emozioni, ricordi e nostalgie.
“Decifrare” tutto il diario, come da sempre mi sarebbe piaciuto fare, avrebbe richiesto impegno e concentrazione e, poiché ero già piuttosto occupata, avevo sempre rimandato a quando ne avessi avuto il tempo.
Una sera, dopo avere seguito un programma televisivo celebrativo dei 150 anni dell’Unità d’Italia – nel corso del quale si citava la Grande Guerra, che è stata per l’Italia anche la 4.a Guerra di Indipendenza – ho sentito l’impulso di avviare quel lavoro che per tanti anni avevo rimandato.
Ho dovuto dare un ordine cronologico a dei fogli che ormai, dopo quasi un secolo, erano in ordine sparso, fare un notevole sforzo visivo per leggere quei minuscoli caratteri, prendere confidenza con parole ed espressioni verbali non usuali (sia per il tema trattato sia perché arcaiche), concentrarmi a lungo su parole a prima vista incomprensibili, che il senso della frase improvvisamente mi rendeva chiare, e ricercare sulle carte geografiche i luoghi citati. Individuare tutte le località non è stato facile sia perché nel diario sono menzionati anche piccoli paesi, sia perché il nome di molte località ha più versioni oppure è cambiato del tutto[1].
Considerata la modestia delle mie conoscenze storiche, ridotte a quel che restava degli studi scolastici, ho consultato vari libri di storia, giusto allo scopo di inquadrare i fatti riferiti nel diario.
Va detto che la maggior parte della vastissima produzione letteraria sulla prima guerra mondiale tratta del fronte occidentale (che dal Belgio attraversando la Francia arrivava in prossimità della Svizzera), del fronte orientale (una lunga linea che si estendeva dal Mare del Nord al Mar Nero attraverso la Russia e la Romania, poi spostatasi fino al Mar Caspio) e del fronte italo-austriaco. Si tratta poco del fronte greco e della missione degli alleati in Macedonia – cui l’Italia ha dato un forte appoggio, con sacrifici durissimi – ancorché tale missione abbia contribuito al raggiungimento di alti scopi politici e militari. Del resto anche durante la guerra di tale missione si conosceva poco e coloro che partivano per Salonicco, contro nuovi nemici (bulgari e tedeschi), venivano guardati quasi con invidia perché avviati a un servizio ritenuto comodo, tanto da parlare di “imboscati d’Oriente”.
Ho comunque reperito alcuni testi che trattano della missione in Macedonia e vi ho trovato puntuali riscontri a ciò che nel diario era stato annotato.
Terminato il mio paziente lavoro, mi sono trovata di fronte a un testo scritto correttamente (sia pure con alcuni anacoluti), dove si alternavano brevi appunti ad accurate descrizioni di fatti, luoghi e persone e dove erano altresì annotati alcuni pensieri e riflessioni dettati all’autore dalle circostanze. L’ho trovato appassionante come un romanzo e così mi è venuta l’idea di pubblicarlo.
Perlopiù i diari della prima guerra mondiale già pubblicati erano stati tenuti da ufficiali, considerato che la maggior parte dei soldati sapeva a malapena leggere e scrivere. Questo scritto ci offre un’immagine della guerra dal punto di vista di un soldato semplice, assolutamente ignaro di qualsivoglia disegno strategico; quanto più ridotta è la sua prospettiva, tanto più genuine e autentiche sono le sue impressioni. Non ho modificato quasi nulla[2], salvo aggiungere qualche virgola quando il discorso si faceva troppo incalzante (i punti esclamativi, usati con profusione, sono dell’autore e ci aiutano a comprendere i suoi stati d’animo).
Ho premesso alcune note storiche unicamente finalizzate a rendere scorrevole la lettura del diario; pur nella loro estrema sinteticità, le note di carattere generale permettono di inquadrare il racconto nel contesto dell’intero conflitto, mentre le note riferite alla missione nei Balcani, direttamente pertinenti al racconto stesso, permettono di comprenderne lo svolgimento.

[1] Per amore di verità, devo dire che non sono riuscita a riscontrare il nome di qualche località, che ho trascritto così come risultava alla lettura, senza poterne verificare l’esattezza, così come ho fatto per i nomi propri di persona.
[2] Ho riportato fedelmente le espressioni verbali arcaiche, alcune delle quali compaiono ancora come tali sui Dizionari della Lingua Italiana, altre risultano su Dizionari d’epoca (ad es. cioccolatto con due t, sepellire con una sola p, automobile quale sostantivo di genere maschile, etc.). 
Nel famoso libro “Il Gattopardo” si racconta come il Principe di Lampedusa, all’indomani dell’Unità d’Italia, avesse colto gli sconvolgimenti da tale evento provocati, preconizzando la scomparsa della sua classe sociale – quella dell’antica aristocrazia fondiaria – nel volgere di un secolo. 
È trascorso poco più di mezzo secolo quando un suo nipote diretto si trova in guerra, sul fronte greco, quale semplice soldato di fanteria e, nelle retrovie, svolge umili mansioni. 
Egli combatte una guerra personale fatta di quotidiane battaglie contro malattie, disagi e stenti di ogni genere.
La Guerra, con tutto il suo orrore di devastazione e di morte, la vede intorno a sé.
È assalito da momenti di grande sconforto per le sofferenze patite, per la nostalgia della sua famiglia, per la paura che talvolta lo assale di perdere la vita lontano da casa, ma su tutto predomina la speranza di ritornare sano e salvo dalla giovane moglie e dalla figlioletta.
È insieme storia e romanzo.

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