Enrico Di Iorio
La colonizzazione dell’alta valle d’Orba

Titolo La colonizzazione dell’alta valle d’Orba
Autore Enrico Di Iorio
Genere Storia e tradizione locale      
Pubblicata il 28/07/2019
Visite 1188
Editore Liberodiscrivere®
Collana Koine´  N.  40
ISBN 9788893391610
Pagine 360
Note con fotografie bn e a colori
Prezzo Libro 24,00 € PayPal

Dopo il primo libro “Alta Valle dell’Orba - Preistoria ed età Romana”, questo secondo volume sulla storia dell’Alta Valle dell’Orba affronta il periodo di popolamento della valle, a partire dal Medioevo fino al 1796. 

Si parla dei primi stanziamenti medievali, dell’epoca dell’Abbazia Cistercense, dell’arrivo dei primi colonizzatori e le guerre dei secoli XVII e XVIII.

Per la prima volta viene affrontata la storia dell’intera valle e non solo quella dell’Abbazia. I temi sono la colonizzazione del territorio, la sua industrializzazione, le famiglie che lo popolavano, la nascita dei paesi, l’economia silvano, industriale ed agricola della valle. Non mancano storielle e curiosità. 

Questo libro è dedicato a chi si sente dell’Orba o qui ha le sue radici.

Introduzione 

Questo libro affronta il periodo storico in cui l’Alta Valle dell’Orba fu popolata e la successiva età industriale, fino all’arrivo di Napoleone.

In un precedente libro abbiamo visto che l’alta valle dell’Orba, nel Neolitico, fu popolata, o almeno frequentata, da popolazioni Liguri che lasciarono numerose tracce sul nostro territorio. Durante l’Impero Romano e poi l’Alto Medioevo, le tracce di presenza umana sono più rare, ma non del tutto assenti. È possibile che la valle sia stata transitata da viandanti o utilizzata da fuggiaschi che cercavano nella selva la salvezza dalle incursioni barbariche della pianura, ma a causa della estrema povertà degli insediamenti non ne sia rimasto nulla. 

Con il Basso Medioevo la valle d’Orba inizia ad essere stabilmente popolata e questo secondo volume riporta gli eventi più o meno interessanti accaduti nella valle fino alla fine del Settecento. Oltre ai fatti ho cercato di descrivere lo stile di vita delle popolazioni ed i grandi cambiamenti sociali ed economici che ebbero un impatto rilevante sulla vita quotidiana dei Lurbaschi. Infatti ritengo importante sapere che un nostro antenato, quando nevicava, doveva stare a casa per non rischiare la pelle. Che attraversare l’Orba in inverno comportava rischiare la vita. Che sulle strade c’erano i briganti e si rischiava di non fare mai più ritorno. Che le questioni personali si regolavano con lo schioppo o con i coltelli. Che inimicarsi il parroco voleva dire essere emarginati dalla comunità. Che fare i conti con le Lire Genovesi era complicatissimo. Che un furto si poteva pagare con la vita.

Infine, dato che i fatti dell’Alta Valle dell’Orba sono strettamente legati a quelli delle più grandi comunità limitrofe, Ovada, Rossiglione e Sassello, ho dovuto inevitabilmente fare riferimento anche ai fatti di queste zone. Ma quello che rende specifica la storia dell’Olba è la microeconomia originatasi in quest’area ristretta e abbastanza isolata, con l’integrazione fra la silvicoltura e la siderurgia e con l’incontro di gruppi familari di provenienza diversa (Riviera, Sassello, valle Stura) che ha lasciato tracce nel dialetto locale e nel carattere degli abitanti. 

Prima del presente libro due autori hanno trattato la storia dell’alta valle dell’Orba: don Enrico Principe e Goffredo Casalis, le cui opere raccolgono notizie e leggende a partire dal Medioevo fino ad oggi. Ai loro testi mi sono ispirato ed ho attinto a piene mani, ma ho dovuto verificare tutto e integrare con pubblicazioni e studi specialistici. Per molte parti invece ho dovuto consultare i documenti originali custoditi negli Archivi Storici. In tutti i casi ciò che ho scritto riflette le opinioni che mi sono fatto ed è suscettibile di critiche e contestazioni: non sono uno storico di professione ma solo un ingegnere prestato al compito.

E proprio perché ho trovato molto materiale originale, fresco, con racconti in prima persona e molte storie minori, mi è piaciuto riportare molte citazioni dagli antichi documenti mantenute nella forma originale. Spero che questo possa aiutare a percepire l’atmosfera dell’epoca. Alcune parole, come cassine e cassinari, ville e terrazzani sono termini utilizzati nei documenti originali fra il ‘400 e il ‘700. Le cassine erano le prime abitazioni dei colonizzatori della valle, le ville erano i piccoli assembramenti di case e cassine, da non confondere con le moderne villette di abitazione. Queste ville in seguito hanno dato origine ai moderni borghi o paesi e dalla parola villa nascono le parole villaggio, villano, etc. I terrazzani invece erano gli abitanti delle ville mentre i cassinari abitavano le cassine. Entrambi i termini identificavano gente dedita ad un lavoro duro, senza orari e con poche feste, senza mezzi di trasporto ma anche senza strade, che viveva in questo territorio di frontiera. 

Anche i nomi dei paesi si sono modificati nel corso dei secoli. Per esempio nei documenti originali si trova scritto Aquabianca e Aquabona, ma anche Palle, Ciampanu, Ulba, Tilieto, Rossilione, Arensano, Uvaga. Per Tiglieto occorre chiarire che fino al 1800 il nome di Tiglieto (Teletum, Tilieto, Tilietto) identificava la zona della piana attorno all’Abbazia, mentre l’abitato nato sulle pendici del monte Calvo, dove attualmente è il centro di Tiglieto, si chiamava Montecalvo. Solo nel corso dell’800 il toponimo Tiglieto si è “trasferito” da Badia a Montecalvo. Martina invece si chiamava Rovereto fino al 1600.

Mi sono fermato prima di Napoleone perché sarebbe venuto fuori un volume troppo grosso da maneggiare. Se ne avrò la capacità, la Storia Moderna sarà oggetto di un altro libro.

Per ragioni tecniche, le immagini che ho scelto per illustrare questa storia sono raggruppate tutte assieme. Di conseguenza ho preferito organizzarle come se fossero un libro a se stante che può essere scorso separatamente. Comunque ho inserito nel testo i rimandi alle immagini disponibili. 

 

 

 

Divagazioni fuori tema

In questo libro sono presenti alcuni inserti che non contengono fatti rigorosamente storici oppure sono un po’ fuori tema. Li ho evidenziati in modo diverso, così il lettore potrà riconoscerli e decidere se leggerli o saltarli a piè pari, magari riguardandoli in un secondo momento.

 

 

1. L’Alto Medioevo

La fine dell’Impero Romano iniziò il 18 novembre 401 con i Visigoti di re Alarico che passarono le Alpi Giulie ed entrarono in Italia Settentrionale, invadendo anche la Liguria. Seguirono a ruota tutte le altre invasioni di barbari fino a quando arrivarono i Longobardi, nel 569. Nel 643 i Longobardi completarono la conquista della Liguria e la valle dell’Orba fu incorporata nel Ducato di Asti. 

Un secolo dopo, i Longobardi con il re Astolfo (744-756) erano arrivati quasi a completare la creazione di un vero regno d’Italia comprendente tutta l’Italia peninsulare, ma gli attriti con i Franchi aumentarono fino a provocare lo scontro diretto che si concluse nel 774 con la fine del Regno Longobardo e l’arrivo dei Franchi. 

Insediamenti abitati

Fino al IV secolo d.C. l’organizzazione dell’Impero Romano aveva garantito ai cittadini d’Italia la sicurezza interna. Tra IV e V secolo, sia per le scorrerie barbariche, sia per la generale diminuzione della sicurezza nelle campagne, iniziò un processo di trasformazione della società. Il segnale più evidente fu la trasformazione dei centri abitati a scopo difensivo. Alcuni borghi cominciarono a cingersi di un cerchio di mura ristretto e più difendibile, altri vennero abbandonati e gli abitanti si trasferirono in posizioni più sicure (fig. 1.1). Anche il clima divenuto più freddo e con grandi, frequenti e rovinose alluvioni che devastarono tutta Italia contribuì a preferire posizioni più protette idrograficamente.

La popolazione si concentrò nelle grandi città (Mediolanum-Milano, Pavia, Hasta-Asti, Derthona-Tortona, Genua, Album Intemelium-Ventimiglia, Album Ingaunum-Albenga, etc.) che erano dotate di guarnigioni militari capaci di difenderle o in piccoli borghi arroccati sui monti o comunque ben difesi da barriere naturali come alture, fiumi, paludi. Le zone di territorio rurale più lontane dalle grandi città e lontane da siti facilmente difendibili furono abbandonate e completamente spopolate.

Comunicazioni 

Anche la sicurezza sulle strade era finita. Il peggioramento climatico contribuì a peggiorare le cose perché le alluvioni portavano via i ponti e i guadi, le frane interrompevano le strade e la neve le rendeva impercorribili. Le antiche strade romane divennero impossibili ad essere percorse dai carri ed anche i pedoni dovevano affrontare lunghe deviazioni per superare gli ostacoli naturali. 

Di conseguenza, nei tratti montani le strade romane furono praticamente abbandonate e sostituite da percorsi che si adattavano meglio alle mutate condizioni. Infatti con il trasporto a spalla o a dorso di mulo ci si poteva permettere di affrontare pendenze molto maggiori di quelle dei tracciati romani. Poi si preferiva percorrere i crinali anziché le valli, perché si minimizzava la necessità di attraversare fiumi o percorrere pendii scoscesi. Infine si poteva ridurre notevolmente la larghezza delle strade (dai 4,50-5 metri delle strade romane a 1-2 metri delle vie pedonali) ed i raggi delle curve. In tal modo ebbe origine un nuovo tipo di strada, la mulattiera (fig. 9.1-9.7).

Gli scambi commerciali divennero assai difficili. Se non si interruppero del tutto lo dobbiamo al sale. L’essiccatura e la salatura erano gli unici sistemi per la preparazione dei cibi che consentivano la conservazione per lunghi periodi di tempo, soprattutto d’inverno nelle zone montane, ove la neve paralizzava qualsiasi attività. Perciò le comunità, che si erano organizzate per essere autosufficienti producendo al loro interno quasi tutto ciò che gli occorreva, dovevano comunque procurarsi il sale che veniva venduto in centri di produzione lontani. Per questo motivo, anche nei periodi più critici del Medioevo, i circuiti commerciali del sale rimasero sempre attivi. Il sale divenne una vera e propria moneta, perché i commercianti pagavano con sale alle popolazioni dell’interno i loro prodotti agricoli o minerari che poi rivendevano alle popolazioni costiere in cambio di sale. Le “vie del sale” divennero le vie dei commerci e dei viaggi sia per i pellegrini che per gli eserciti e l’Orba, attraverso cui si snoda il più breve percorso fra la pianura Padana e il mare, divenne una importante via di transito.

Questo stato di cose cominciò a cambiare solo intorno all’anno mille quando, per un miglioramento delle condizioni climatiche generali, da un lato diveniva più semplice viaggiare (i fiumi erano più facili da guadare, le strade di montagna erano sgombre da neve per periodi più lunghi, i pernottamenti all’addiaccio erano più accettabili), dall’altro il surplus di produzione agricola induceva maggiori produzioni di qualsiasi merce e quindi la possibilità di esportare la produzione in eccesso creava l’occasione di procurarsi buoni profitti. I mercanti quindi furono gli apripista che riaprirono le strade e furono i primi vettori di informazioni tra diverse comunità innescando poi il fenomeno dei religiosi che trasmettevano la fede, i pellegrini e così via.

Religione

La diffusione della religione cristiana fu il fenomeno di maggiore rilievo di questi secoli. La conversione degli abitanti d’Italia dei centri abitati fu pressoché totale. I barbari che arrivavano erano già Cristiani, sia pure ariani o appartenenti ad altre sette, o si convertirono appena stabiliti in Italia. Le autorità religiose, cioè i Vescovi, essendo le uniche autorità stabili e rispettate anche dai barbari, diventarono per il popolo le autorità principali di riferimento.

I centri abitati romani, i pagus, che erano i centri del potere amministrativo romano, divennero i centri del potere religioso cristiano e i templi pagani furono sostituiti o trasformati in pievi. Alle pievi spettavano le funzioni connesse alla cura delle anime cioè la predicazione, la celebrazione della messa festiva e l’amministrazione dei sacramenti, battesimo in primo luogo. 

Il re longobardo Liutprando ufficializzò il ruolo civile della Chiesa cattolica, nella quale ormai si riconosceva la stragrande maggioranza dei suoi sudditi, riconoscendo tra l’altro l’inviolabilità delle chiese, vietando alcune pratiche pagane e introducendo nel diritto matrimoniale longobardo le prescrizioni del diritto canonico. Infine riconobbe ufficialmente ai Vescovi una posizione di rilievo in forza dell’autorità spirituale da essi esercitata sui fedeli. 

Sui monti e nelle campagne invece riuscirono a sopravvivere riti e culti pagani o addirittura residui di culti pre-romani. Soprattutto i culti naturalistici, delle montagne, delle rocce, degli alberi e delle acque, che erano già sopravvissuti all’epoca romana, perdurarono nelle zone montuose più isolate. In vari Concilii Cristiani dei primi tempi, la Chiesa invitò a prodigarsi per la loro eliminazione. Il Concilio di Tours del 567, riconoscendo che il Cristianesimo era ancora sconosciuto nelle Alpi, esortava i curati di campagna a non essere tolleranti e invocava “quella sollecitudine tanto ai pastori che ai preti in genere affinché, dove vedranno coloro che sembrano persistere nella loro stoltezza di compiere presso qualche pietra o alberi, o presso fonti luoghi designati dai pagani, degli atti incompatibili con le regole ecclesiastiche, siano cacciati d’autorità dalla Santa Chiesa” e “in quanto ad alberi o rocce o fonti, ove taluni sciocchi accendono lumi o praticano altri culti... che questo uso pessimo ed odioso a Dio, ovunque venga trovato, sia rimosso e distrutto”. In altre parole si ordinava di non consentire a nessuno di fare voti o celebrare culti religiosi presso gli alberi, rocce o sorgenti, anzi si ordinava di tagliare gli alberi considerati sacri e distruggere altari o rocce sacre. Nel 698 un altro Concilio tenuto a Tours emanò un decreto di condanna contro il culto delle pietre, scatenando un processo di riconsacrazione dei simboli pagani, cancellandoli o trasformandoli in simboli cristiani ed il clero venne impegnato in una campagna di eliminazione delle credenze e dei simboli pre-cristiani. 

Nonostante questi tentativi di estirpazione, questi culti erano talmente radicati che alla fine la chiesa cristiana concluse che l’unico rimedio era quello di assimilarli, trasformandoli in elementi della religione cristiana. Fu così che sorsero cappelle accanto o sopra ai megaliti preistorici, sulle cime dei monti vennero erette edicole o croci, le rocce incise furono asperse di acqua benedetta e sovraincise con nuovi simboli cristiani. Tanti riti pagani furono incorporati nel cristianesimo: Natale per il Solstizio d’Inverno, San Giovanni per il Solstizio d’Estate, l’Assunzione per la festa di fine raccolto e via di seguito. 

Dopo il primo libro “Alta Valle dell’Orba - Preistoria ed età Romana”, questo secondo volume sulla storia dell’Alta Valle dell’Orba affronta il periodo di popolamento della valle, a partire dal Medioevo fino al 1796. 

Si parla dei primi stanziamenti medievali, dell’epoca dell’Abbazia Cistercense, dell’arrivo dei primi colonizzatori e le guerre dei secoli XVII e XVIII.

Per la prima volta viene affrontata la storia dell’intera valle e non solo quella dell’Abbazia. I temi sono la colonizzazione del territorio, la sua industrializzazione, le famiglie che lo popolavano, la nascita dei paesi, l’economia silvano, industriale ed agricola della valle. Non mancano storielle e curiosità. 

Questo libro è dedicato a chi si sente dell’Orba o qui ha le sue radici.

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