Gabbean
IL CARO ESTINTO

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Titolo IL CARO ESTINTO
Autore Gabbean
Genere Narrativa      
Pubblicata il 14/05/2020
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Daniele è in piedi di fianco alla bara scoperta. Si sente a disagio. Ha sempre avuto un approccio difficile con la morte, per il senso di smarrimento che gli procura. Una sorta di caduta libera, avvertita per la prima volta a sei anni, salutando il corpo immoto della bisnonna. L’addentrarsi lungo una via oscura e sconosciuta. Il malessere si è acuito nell’istante in cui i familiari del defunto gli hanno chiesto di dire qualche parola di commiato. E’ abituato a parlare in pubblico, ma ora prova un forte imbarazzo. Alla bocca secca può porre rimedio con mestiere, mordendosi delicatamente la lingua, ma come evitare l’ipocrisia di circostanza dei discorsi funebri?

Quante volte, senza ritegno, si svolgono delle commemorazioni con lodi per persone neanche troppo specchiate in vita? Daniele non vuole affidarsi neppure alla fascinazione della retorica, anche se, in qualche misura, potrebbe non essere fuori luogo. Il professor A***, infatti, si è speso con valore per una vita intera nella scuola e con intelligenza nella promozione di numerose attività culturali. Ha patito l’unica "ombra" di una inclinazione sessuale che un rozzo perbenismo, malattia infantile della piccola provincia, considera difettosa e persino riprovevole.

Daniele decide allora di parlare più di sé che non del defunto. Inizia raccontando come in terza media – allora il latino si studiava dalla prima – si trovò ad affrontare una difficile traduzione. Non si trattava del solito brano di Cicerone, sempre abbordabile, ma di alcuni epigrammi di Marziale. Si ricordò che suo cugino Paolo si avvaleva nello studio del professor A*** che, amico di famiglia, gli prestava disinteressatamente quell’aiuto. Pensò allora, tramite il cugino, di poter chiedere una mano. Fu così che conobbe A***. Tre anni più tardi, all’inizio del primo liceo, Daniele lo vide salire in cattedra, durante le ore di latino e greco. La cosa lì per lì non gli dispiacque. Magari A***si ricordava di lui e di Marziale, poteva essere un punto a suo favore. Ben presto la realtà si mostrò lontana dalle aspettative.

Prima interrogazione di latino: A*** chiama Daniele che si sottopone alla prova, in verità con un andamento accettabile.

Prima interrogazione di greco: A*** chiama di nuovo Daniele che, stavolta, si rifiuta di andare alla cattedra. E’ già stato il primo ad esser interrogato in latino e non capisce davvero perché dovrebbe essere il primo anche in greco.

«Se non ti fai interrogare e io rimango qui fino alla fine dell’anno – esclama con tono perentorio A*** – ti rimando a settembre di latino e greco! »

«E io le auguro – ribatte Daniele – di avere, per allora, un grave incidente!» 

Malaugurio e rifiuto che gli costarono sette giorni di sospensione con obbligo di frequenza e sei in condotta nella pagella del primo trimestre (allora non c’erano i quadrimestri).

Daniele termina qui il suo racconto, bruscamente. Si guarda attorno, sollevato, con disincanto. I volti dei presenti gli appaiono assorti in una fissità pensierosa. Non capisce se dipenda dall’aspetto asettico e inquietante della camera ardente, un’aura neutra capace di inibire anche il pianto, o dalle sue parole.

Finché un familiare spezza l’imbarazzante silenzio, chiedendogli: «Com’è finita?»

Così Daniele aggiunge che A*** rimase solo poche ore di lezione per essere poi assegnato a un’altra classe. Lui fu promosso e, molti anni più tardi, le vicende variegate e imprevedibili della vita portarono entrambi a collaborare con notevole successo in vari incarichi istituzionali e in diversi ruoli scolastici.  «Quest’ultima è la parte di vita che ho taciuto di proposito. – conclude Daniele – Ho voluto evitare il rischio di usare toni enfatici che il professor A***, sono certo, non avrebbe gradito».

Un applauso affettuoso sugella il ricordo.

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