Devo dire la verità: sono rimasto veramente affascinato da questo libro; l’ho letto in tre giorni divorandolo con passione e curiosità, mi è piaciuto davvero molto per l’elevata competenza scientifica presentata con la leggerezza di un dialogo professionale ed amichevole.
Ringrazio gli autori per l’imponente offerta di citazioni culturali e per la ricchissima e preziosissima raccolta di dati; l’insieme di questi due aspetti fanno del testo un tesoro da cui poter attingere in modo fecondo, disponibile per tutti coloro che vogliono amare e servire le giovani generazioni, specialmente le persone che attraversano periodi di difficoltà.
Mi sento di ringraziare gli autori per i capitoli introduttivi in cui si sono esposti sulle grandi questioni della vita, sul senso religioso, sulla spiritualità, nel dialogo fra scienza e fede; grazie perchè lo hanno fatto in modo garbato ma profondo, senza paura, presentando una dialettica che fa intuire come scienza e fede possano incontrarsi con intelligenza.
Sono grato inoltre per i capitoli finali, quelli propositivi, quelli che ci presentano la cura dell’interiorità, della coscienza, della conoscenza di sé, dell’auto mutuo aiuto come strade per una vita bella e ragionevolmente felice.
I capitoli centrali, direi più tecnici, mi hanno ferito ed entusiasmato facendo crescere in me la voglia di un rinnovato impegno personale e con gli altri a favore dei giovani.
Mi sono trovato in profonda sintonia su ogni pagina di questo importante libro.
Mi permetto a questo punto di offrire anch’io il mio modesto contributo alla riflessione, attingendo dalla mia esperienza
Negli anni ho capito come la medicina di cui tutti abbiamo un grandissimo bisogno per guarire dalle nostre fatiche, sia l’amore ricevuto e donato; l’amore è il farmaco spirituale per eccellenza: non costa nulla dal punto di vista dei soldi, è molto prezioso dal punto di vista esistenziale; spesso costa sofferenza e dolore.
Credo sia importante, determinante, offrire ai giovani la possibilità di donare amore, di sentirsi utili, di servire.
Sembra che la parola giovanederivi dal latino adiuvarecioè aiutare; il giovane è colui che è forte che ha energia ed entusiasmo, è colui che può aiutare servire, i poveri, i malati, gli anziani, i disabili, sperimentare la gioia di rendere felici gli altri.
L’amore e il servizio illuminano il senso di ogni singola giornata e dell’intera vita.
Nella mia esistenza molte volte ho cercato di proporre a tanti giovani la strada dell’amore e del servizio; purtroppo, talvolta, mi sembra di averlo fatto con troppa delicatezza, forse con poca decisione, come una proposta; se tornassi indietro oggi sono convinto che vivere per rendere felici gli altri per aiutare per servire chi è in difficoltà debba essere presentato non come una proposta ma come un dovere; per chi è credente amare è un comandamento divino e l’unica strada per essere felici per vivere una vita degna di chi l’ha pensata per noi.
Rinnovo la mia gratitudine più sincera agli autori ed auguro a questo libro ed alle idee in esse contenute una feconda diffusione.
Buona lettura e riflessione a tutti.
Don Nicolò Anselmi
Da una chiacchierata si è sviluppato un libro!
Lavoriamo in un centro che si occupa di patologia delle dipendenze e spesso ci chiediamo il perché dei tanti problemi psico-fisici che colpiscono i nostri giovani a causa di alcol, sostanze e/o dipendenze comportamentali. Altresì ci chiediamo perchè aumenti sempre di più il disagio giovanile. In realtà, come vedremo successivamente attraverso alcune note storiche, i problemi ci sono sempre stati. La situazione attuale appare però più grave per due motivi: il primo è legato alla pervasiva presenza dei media che, per mere logiche commerciali, esaltano sempre di più modelli comportamentali negativi, il secondo motivo è concreto: la potenza di danno delle sostanze in questi anni è decisamente aumentata e, altresì, è aumentata l’offerta di nuove molecole acquistabili anche attraverso circuiti legali.
Come è possibile che le sostanze o altre problematiche di tipo comportamentale si impossessino dei cervelli dei nostri ragazzi? Cervelli che sono tutti un potenziale capolavoro!
Eppure il cervello è una macchina spettacolare che ha impiegato milioni di anni per raggiungere la complessità attuale. Ed è proprio la sua complessità che lo rende vulnerabile da sostanze di ogni genere per cui in assenza di protezione viene truffato.
Il nostro chiacchierare ci ha portati indietro nel tempo e a chiederci come si è arrivati alla creazione di tale organo e come in poco tempo si possa dissipare un lavoro così lungo e complesso.
Naturalmente emerge la differenza dei due Autori: uno vede nell’evoluzione la spiegazione vera della creazione dell’essere pensante e nell’evoluzione medica (farmacologica e tecnologica) la risoluzione dei danni psico-fisici correlati al consumo di sostanze, mentre l’altra indica nella relazione e nella spiritualità l’elemento fondamentale della eventuale risoluzione.
Chimica e spirito a confronto? In contrapposizione? O forse la commistione dei due aspetti può dare ottimi risultati?
Lo vedremo durante la conversazione. Una cosa è certa: i due interlocutori hanno un unico intento: preservare e in caso di necessità ricomporre ciò che l’evoluzione o qualcosa di superiore ha creato.
Sono passati ormai più di quindici anni dalla fondazione del Centro Alcologico Regionale Ligure versato alla Patologia delle Dipendenze. La casistica accumulata ci permette di fare delle osservazioni sui fenomeni giovanili.
Saranno considerazioni di ordine clinico, ma anche di ordine sociologico e spirituale con particolare riferimento a periodi complessi della vita dei nostri giovani: l’adolescenza e la fase successiva che possiamo definire periodo di “adultizzazione”.
Molti dei problemi comportamentali che insorgono a questa età sono la conseguenza di più cause che frequentemente agiscono contemporaneamente dando al fenomeno una eziologia multifattoriale: sono necessarie, quindi, più risposte per affrontarli in un tempo relativamente lungo, caratterizzato da periodi di benessere alternati a numerose ricadute. Un percorso ad ostacoli che assorbe la vita degli operatori sanitari e che prevede, per il raggiungimento del sognato successo, una stretta intesa fra professionisti della salute, paziente e famiglia.
È bene sottolineare subito che il “successo” non è dietro l’angolo e purtroppo non sempre raggiungibile. Quello che invece è sempre raggiungibile è dare ai soggetti coinvolti (figli e genitori) la certezza che qualcuno in grado di ascoltare e di offrire aiuto nei periodi di acuzie è sempre presente. I reparti che si dedicano a queste patologie, infatti, devono sommare alla elevata preparazione scientifica una rilevante capacità relazionale e di ascolto dove i componenti del team devono essere privi di pregiudizi, sempre pronti a mettersi in gioco e disposti a diventare operatori poco legati ai rigidi schemi dei sistemi pubblici.
Non è un dare a senso unico: le soddisfazioni ritornano e sono frequenti. Giovani guariti da patologie internistiche correlate ad alcol e sostanze ed in sobrietà reinseriti in contesti familiari recuperati, sono la felicità più grande che un operatore della salute possa ottenere.
Questo testo, come già accennato nella breve prefazione, è scritto da una strana coppia: un medico ed un’operatrice socio-sanitaria (OSS). Il rigore scientifico che trova commistione con la vera capacità di accoglienza e di ascolto. Queste ultime capacità non le puoi “solo” studiare: sono doti innate che fanno la differenza nei rapporti umani. Puoi sforzarti, ma il paziente lo avverte come un atteggiamento non sincero. Però puoi migliorarti, seguendo chi è dotato: devi rinunciare all’autoreferenzialità, liberarti dal “ruolo” che ti imprigiona in atteggiamenti professorali e talvolta un po’ ridicoli, liberarti da pregiudizi acquisiti, aprire il cuore al grido di aiuto che si diparte da pazienti e famiglie, dare speranze, ma sempre agendo con onestà e cioè dicendo le cose come stanno: non esiste la bacchetta magica!
L’accoglienza e l’ascolto sono la prima tappa fondamentale: se questa fase viene condotta bene, la possibilità di raggiungere buoni risultati sarà sicuramente maggiore. Dobbiamo conquistare la fiducia di pazienti che troppo spesso sono stati trattati come soggetti scomodi e irrecuperabili. A molti di loro sono state negate le cure e frequentemente i sanitari attribuiscono a loro la causa dell’insuccesso! Dobbiamo essere sinceri: una percentuale, sebbene bassa, di persone rifiuta qualsiasi tipo di approccio pensando che tutto è dovuto e che la loro condizione dovrà sempre essere supportata dalle fatiche degli altri. Tuttavia l’incontro con questo particolare tipo di persone non deve diventare un alibi per abdicare alle nostre responsabilità. La realtà quotidiana ci dimostra che la quasi totalità dei casi merita le nostre fatiche e le nostre speranze. E comunque, anche nei casi apparentemente impossibili, è doveroso dare conforto e strumenti di difesa per i familiari che si trovano soli a combattere situazioni troppo complicate per essere gestite spesso in solitudine.
Insomma il tecnicismo del medico ha trovato un equilibrio nella profonda spiritualità dell’operatrice SS. Sinceramente devo dire che “tecnicismo” non significa sempre riduzionismo, ma certamente è vero che la valutazione clinico-laboratoristica talvolta, anche se involontariamente, oscura dinamiche di altro tipo come la relazione empatica. Importante è aprire gli occhi e il cuore ad una nuova visione di medicina, che poi tanto nuova non è, ma che è stata trascurata in questi ultimi decenni per diverse ragioni: fra queste l’eccessiva burocratizzazione, la parcellizzazione della medicina e la necessità di effettuare azioni di ordine difensivo.
A chi è rivolto questo libro? Ai giovani, ai genitori, agli educatori e naturalmente a chi ha già problemi e alle famiglie.
Sperare che i giovani leggano questo libro è un po’ complicato. I canali di comunicazione sono certamente diversi, tuttavia spero che il titolo possa incuriosirli, avvicinarli. Comunque smettiamola di lamentarci dei nostri ragazzi. La maggior parte vive la vita nel modo migliore, caratterizzata da interessi di ogni genere, solidarietà e amore. Tutto ciò nonostante il mondo degli adulti lasci spesso a desiderare. Da questa lettura potranno avere strumenti per costruire qualche riflessione ed aiutare i più sfortunati a rivedere il loro modello di vita. Non vogliamo insegnare niente e, soprattutto, non vogliamo imporre niente. O meglio una cosa vorremmo imporla: “pensare” e soprattutto aiutare i più fragili ad acquisire strumenti per raggiungere una “vita autentica”. Molti adolescenti si chiedono cos’è la vita e soprattutto se vale la pena viverla. Noi pensiamo che la vita sia preziosa e che valga la pena viverla nel modo migliore. Pensiamo che questo concetto possa valere sia per i credenti (un dono che proviene dall’alto) che per i non credenti (la vita è nelle nostre mani). Sull’autenticità della vita ci viene in aiuto un teologo di grande valore Vito Mancuso1che ci insegna che indipendentemente dalla nostra posizione religiosa «il criterio di autenticità della vita deve essere intrinseco alla vita stessa, non provenirle dall’esterno e inevitabilmente autoritario, come una norma, un comando che pretenda di giudicare che cosa sia autentico e che cosa non lo sia in casa nostra». Insomma, ciò che fa la differenza è la libertà. Sempre citando Mancuso relativamente al raggiungimento di una vita autentica «la vita è tanto più umana quanto più è libera, cioè quanto più genera e incrementa libertà».
Ma per raggiungere la possibilità di scegliere liberamente con consapevolezza e responsabilità è indispensabile imparare a “pensare”. Senza pensiero non si cresce, nemmeno spiritualmente. Per tale ragione il cardinal Carlo Maria Martini assegnava grande importanza al pensiero. Affermava «Mi angustiano le persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. Vorrei individui pensanti. Questo è l’importante… Chi riflette sarà guidato nel suo cammino. Ho fiducia in questo»2.
Raggiungere la libertà non è per niente semplice. Talvolta la libertà inconsciamente non viene raggiunta per comodità, altre volte ci si illude di raggiungerla attraverso scorciatoie che non tengono conto dei processi di maturazione (uso di sostanze o attuazione di comportamenti nocivi), altre volte ancora non viene raggiunta, non per cattiva volontà, ma per mancanza di strumenti che la condizione familiare o sociale non è riuscita a mettere a disposizione. Senza strumenti idonei è certamente più difficile difendersi dai trabocchetti che casualmente si vengono a creare o che vengono proposti da un sistema società sempre più impegnato a costruire false speranze o falsi valori a favore del “dio denaro”: il consumismo afinalistico ha il sopravvento su tutto e su tutti.
I nostri interlocutori diretti sono quindi i ragazzi che stanno percorrendo l’adolescenza e la fase immediatamente successiva.
Fare il genitore è un mestiere difficile, tuttavia il mondo degli adulti spesso non è la soluzione, ma il problema. Il nostro tentativo è quello di dargli qualche accessibile e utile informazione per spolverare competenze semplici ed efficaci che sono determinanti per il raggiungimento, come già detto, di una vita autentica e libera dei nostri ragazzi.
Purtroppo molti hanno già patologie o problemi correlati ad alcol e/o sostanze sia di ordine psico-fisico che sociale. Cercheremo di far conoscere le più recenti acquisizioni scientifiche e soprattutto cercheremo di dare speranza ai soggetti sofferenti e alle loro famiglie.
Come abbiamo già accennato, la chiave vincente è certamente un’attività medica multidisciplinare innovativa (lo dicono tutti!), ma indispensabile è la creazione di un ambiente accogliente che metta al centro dell’attenzione la dignità del soggetto sofferente, insomma che metta al centro “l’essere umano a trecentosessanta gradi”.
Per ambiente non intendiamo solo il comportamento dei sanitari, ma anche della struttura. Le risorse sono sempre meno, ma nell’attesa dei miglioramenti, sarà bene smetterla di lamentarsi e con buona volontà e dedizione ricreare aree sanitarie umane che si avvicinino il più possibile alla realtà famigliare.
Nel frattempo la politica dovrebbe mettersi in attività per rivedere le strutture degli ospedali e dei servizi territoriali che hanno in Italia un’età media dai 70 ai 100 anni. Umberto Veronesi3durante il suo periodo di Ministro della Salute aveva ideato percorsi edilizi semplici, innovativi ed umani a prezzi sostenibili. Tuttavia non se ne fece nulla. È tempo di ripartire.
La salute non è né di destra, né di sinistra. La salute, e soprattutto “la promozione della salute” coinvolge tutti. La ricerca privata spinge per creare sempre nuove molecole e per aumentarne la vendita “valorizza” e inventa patologie. Compito dello Stato sarà quello di investire con la prevenzione e con l’educazione sulla salute dei nostri giovani. Non dobbiamo accontentarci di vivere a lungo, ma dobbiamo tendere ad ammalarci il più tardi possibile con benefici non solo in termini economici, ma soprattutto in termini di “qualità di vita”, quella vita che vale la pena vivere pienamente con gioia e serenità. Per vivere bene e a lungo però è indispensabile agire già nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Come poi vedremo è questa l’età più idonea per dare informazioni su stili di vita sani.
Il compito da affrontare “alcol, sostanze, dipendenze e giovani” è complesso e sarà necessario, quindi, mettere un po’ di ordine.
Verranno date nel modo più semplice possibile alcune nozioni sui danni da sostanze nell’età giovanile, sui meccanismi d’azione di queste sostanze su un sistema nervoso in costante trasformazione, sulle dinamiche che utilizzano le multinazionali, i produttori e le mafie per addescare le vittime e per rendere innocui gli interventi degli educatori coivolgendoli pienamente ed involontariamente nella truffa e naturalmente sul come agire in caso di espressione clinica di questi problemi proponendo un nuovo modo di lavorare.
Premettiamo che partiremo un po’ da lontano, ma per comprendere al meglio la potenzialità dei nostri giovani è bene ricordare quanto l’evoluzione abbia faticato per permetterci di diventare esseri dotati della capacità di elaborare pensieri sofisticati che, talvolta, ci possono anche far soffrire.
Nella speranza che questo lavoro possa essere utile, svegliare le coscienze e condurre alla consapevolezza, buona lettura.
Gianni Testino e Patrizia Balbinot
(Per comodità Patrizia Balbinot sarà Be Gianni Testino sarà T)
T: non pensa che dovremmo presentarci prima di cominciare? L’eventuale lettore potrebbe chiedersi per quale ragione dovrebbe leggere un testo con un titolo molto, forse troppo pretenzioso.
La ragione dovrebbe trovarla nell’autorevolezza degli Autori. Anticipo che a mio avviso, l’autorevolezza non la si ritrova tanto nei titoli accademici, ma soprattutto in quello che si è fatto concretamente nel corso di tutta una vita.
Comunque io sono un medico chirurgo, specialista in medicina interna e in gastroenterologia, che ha svolto ricerca clinica e che per diversi anni ha diretto (e continua a dirigere) un reparto ospedaliero che progressivamente si è evoluto nella cura delle problematiche correlate alle dipendenze. Nonostante in tutti questi anni di professione ne abbia viste di tutti i colori, devo dire che la realtà supera qualsiasi tipo di previsione teorica. Continuo sempre ad essere alla ricerca di soluzioni con entusiasmo e passione
B: se il lettore pensa di trovare lo stimolo a leggere questo libro in relazione all’autorevolezza dell’autore, beh, penso che di lettori ne avremo pochi. Sono solo un’operatrice socio sanitaria (SS) posizionata alla base della gerarchia del socio-sanitario. A mio vantaggio però, posso dire di essermi occupata in questi anni del disagio giovanile e di giovani con patologie correlate alle sostanze attraverso una visione, dal punto di vista relazionale, un po’ diversa dal comune e spero innovativa. E ciò per merito del nostro reparto. Ho acquisito competenze che spesso l’operatrice SS sia per stanchezza, che per appiattimento verso il basso del sistema, difficilmente utilizza. Devo dargliene merito, non avrei mai sviluppato certe iniziative senza la sua spinta e senza il suo entusiasmo. Mi ha fatto comprendere che a qualsiasi livello si può essere utili, se non decisivi per migliorare la salute dei nostri pazienti rimanendo indifferenti al pregiudizio di chi si crede più capace e titolato, peraltro senza averlo mai dimostrato. D’altra parte, capacità relazionale ed empatia sono strumenti che il solo studio non può donare alla persona. Sono strumenti che vanno appresi soprattutto lavorando a contatto di persone che ne sono naturalmente dotate. Solo così si raggiungono risultati significativi. Inoltre, l’incontro con le associazioni di autotutela e di promozione della salute mi ha condotto in una dimensione che va oltre la tecnica: solidarietà, amicizia, amore e pace sono farmaci che anche un’operatrice SS può somministrare
T: mi consenta di replicare brevemente. Intanto la ringrazio per avermi riconosciuto la fatica che ho profuso per indurla a dare il meglio di sè stessa. Di solito accade il contrario: le persone cercano spazio senza avere doti particolari, se non la presunzione. Ogni operatore in sanità può dare, nell’ambito della sua specifica mansione, un contributo determinante in tutti i settori della medicina, ma in modo particolare nel settore che si occupa di disagio giovanile.
Quello che diventa decisivo è la costituzione di un gruppo unito dove le abilità dei singoli vengono valorizzate e messe a sistema. Insomma c’è spazio per tutti! Per fare del bene c’è sempre spazio per tutti!
Per quanto riguarda il lettore, io credo che la presenza di un’operatrice SS possa essere un elemento di curiosità aggiuntivo. E poi diciamolo chiaramente senza ipocrisie, troppo spesso la superbia è stata uno degli elementi negativi delle professioni sanitarie. Papa Francesco ci ha chiesto durante uno dei suoi Angelus di domandarci quanta umiltà abbiamo mantenuto. Penso che l’umiltà debba essere la caratteristica principale di chi si avvicina alla sofferenza. Riporto questa frase che reputo piuttosto efficace: «avviene di frequente che un uomo semplice, proprio perché radicalmente tale, sia più ricco di spirito e sapienza rispetto a un dotto professore universitario»1.
Insomma una donna come lei può saperne molto di più della vita e del suo “sapore” di chissà quale intellettuale impegnata!
Tutti siamo importanti (medici, infermieri, operatori SS, tecnici, ecc), ciò che conta è fare al meglio quello per cui siamo tenuti a fare! La dignità è qui che la troviamo!
Ora a lei la prima mano!
«Nel corso degli anni l’umanità ha dovuto sopportare da parte della scienza due grandi attacchi al suo amor proprio. Il primo colpo lo subì quando si rese conto che la nostra Terra non era il centro del’universo, ma solo un punto in un sistema di grandezza difficilmente concepibile… Il secondo fu quando la ricerca biologica strappò all’uomo il privilegio di essere stato oggetto della creazione, e lo relegò a discendente del mondo animale»
Sigmund Freud
«L’evoluzione non è automaticamente associabile all’idea di progresso, ma a quella ben più generale di cambiamento. Darwin fu bene attento a non confondere la sua teoria con una dottrina del progresso: la contingenza ambientale dell’adattamento e la casualità della variazione gli impedivano di accettare una direzionalità o un qualsiasi piano di sviluppo nell’evoluzione»
Telmo Pievani
«Noi discendiamo da una lunga serie di antenati umani e animali, per un’innumerevole successione di eventi casuali, incontri fortuiti, brutali catture, fughe riuscite, tentativi ostinati, migrazioni, sopravvivenze da guerre e malattie.
Per produrre ognuno di noi fu necessaria un’improbabile e complessa catena di eventi, una storia immensa che dà ad ogni individuo la sacralità della sequoia a ogni bambino il capriccio del segreto»
Robert Nozick
B: prima di affrontare il lungo viaggio che cercherà di farci comprendere il rapporto fra giovani, disagio e dipendenza, lei che idea si è fatto del cervello?
T: cara Patrizia, come lei sa non sono nè un neurologo nè uno psichiatra, ma da medico internista e ricercatore le dico che è un capolavoro della evoluzione. Attraverso il cervello noi esseri umani abbiamo preso coscienza della nostra esistenza. Certo è stato un percorso lungo e complesso
B: anticipandole che il mio pensiero è in parte diverso dal suo, nel senso che io credo che l’evoluzione si fondi su un qualcosa di ben superiore rispetto ad una serie di eventi determinati dalla pressione selettiva, concordo che con l’evoluzione cerebrale abbiamo certamente preso coscienza della nostra esistenza ma non la consapevolezza di ciò che siamo. Mi può in breve descrivere questo percorso?
T: la scienza ha ben definito e dimostrato questo percorso. Ci sono trattati sia tecnici che divulgativi straordinari che mi permetto di consigliare nella sezione bibliografia. Tuttavia posso farle un breve sunto del percorso. Ecco la cascata di eventi: la singolarità del big bang si è verificata poco più 13 miliardi di anni fa (esattamente 13. 7 miliardi). Dopo 10-35secondi l’equilibrio materia/antimateria si sposta a favore della materia. Dopo 1035 secondi si ipotizza il dominio di quark e antiquark e dopo 10-10secondi i quark sono confinati nella formazione di protoni, neutroni, mesoni e barioni. Un secondo dopo i protoni e i neutroni si legano formando nuclei di idrogeno, elio, litio e deuterio. Tre minuti dopo materia ed energia si accoppiano costituendo i primi nuclei stabili. Trecentomila anni dopo materia ed energia si disaccoppiano. L’universo è otticamente opaco, ma diventa trasparente alla radiazione cosmica di fondo. Un miliardo di anni dopo ammassi di materia creano quasar, stelle e protogalassie. Le stelle cominciano a sintetizzare nuclei più pesanti3. Successivamente, sino al trascorrere di circa 14 miliardi di anni nascono galassie con sistemi solari che condensano intorno alle stelle. Gli atomi si aggregano nelle complesse molecole delle forme di vita. La Terra (un piccolo pianeta posizionato in una galassia di media grandezza) si è formata circa 4. 5 miliardi di anni fa. Tre miliardi di anni fa, in presenza di grandi quantità di biossido di azoto e metano sono comparse le prime forme batteriche e poi si è verificata un’accelerazione nel cambriano (circa seicento milioni di anni fa)1-3. È divertente pensare che i creazionisti si ostinino a dichiarare che la data della creazione è il 4004 avanti Cristo. Deduzione tratta dal primo capitolo del Genesi. Per molto tempo tutto è risultato immutato (sino al Precambriano), ma successivamente sono comparse le cellule eucariotiche con tanto di nucleo e altri organelli sofisticati. Dalla fine dell’ordoviciano si sono verificate cinque estinzioni di massa. Subito dopo il permiano (mentre era in corso l’unione dei continenti) si sono verificate due importanti estinzioni di massa. La prima 252 milioni di anni fa. Gran parte delle famiglie degli organismi marini si estinse in pochi milioni di anni. La seconda è stata di maggiori dimensioni (estinzione dinosauri). Ciò è avvenuto nel tardo Creataceo. Dalla scomparsa dei dinosauri in poi (circa 65-70 milioni di anni fa dopo lo schianto di un asteroide, grande come il monte Everest, sulla Terra) i mammiferi hanno avuto il sopravvento sino all’animale uomo. Da lì in poi l’evoluzione in modo non casuale, ma selettivo, favorendo sempre ciò che permette una migliore riproduzione, ha condotto alla comparsa di forme più evolute. In “Intelligent Evolution” EO Wilson4scrive questa descrizione dell’evoluzione: «L’evoluzione per selezione naturale è forse l’unica legge specifica per i sistemi biologici, contrariamente ai sistemi fisici non viventi, e negli ultimi decenni ha assunto la solidità di un teorema matematico. Afferma semplicemente che, se una popolazione di organismi contiene molteplici varianti ereditarie in qualche tratto (per esempio occhi rossi oppure azzurri in una popolazione di uccelli) e se una di tali varianti riesce a offrire più discendenti alla generazione successiva rispetto alle altre varianti, la composizione complessiva della popolazione si modifica e così vi è evoluzione. Inoltre, se nella popolazione compaiono regolarmente nuove varianti genetiche (per mutazione o immigrazione), l’evoluzione non finisce mai. Pensiamo agli uccelli dagli occhi rossi e dagli occhi azzurri in una popolazione che si riproduce, e diciamo che gli uccelli dagli occhi rossi siano meglio adattati all’ambiente. La popolazione col tempo giungerà a essere composta prevalentemente o interamente da uccelli dagli occhi rossi. Ora diciamo che compaiano mutanti dagli occhi verdi, ancora meglio adattati all’ambiente rispetto alla variante dagli occhi rossi. Di conseguenza la specie prima o poi diventa caratterizzata dagli occhi verdi. L’evoluzione così ha compiuto altri due piccoli passi»4. Certo, l’evoluzione consente che gli animali siano modellati dalla selezione naturale per il loro vantaggio. Con lo sviluppo del cervello l’uomo è diventato potente rispetto agli altri animali, ma ha perso o non sviluppato altre utili capacità. Su un bambino per esempio si può lavorare per correggere eventuali problematiche di pertinenza psichica in quanto il cervello umano è dotato come vedremo di plasticità, ma se perde una mano questa non ricresce. Invece, nelle forme meno evolute si possono osservare riparazioni: la stella marina può rigenerare metà del proprio corpo e alla lucertola ricresce la coda!
B: beh, accontentiamoci del nostro cervello. Come ci si è arrivati?
T: il cervello ha avuto un percorso particolare: al cervello rettiliano utile per le azioni strettamente collegate alla sopravvivenza si è aggiunto dopo qualche milione di anni quello delle emozioni ed infine si è sovrapposta la neocorteccia che ci permette di sentirci superiori. Attenzione però, questa superiorità è solo una sensazione. Infatti, non possiamo e non dobbiamo sentirci i padroni della Terra. Il nostro patrimonio genetico è per circa il 99% simile al Pantroglodytes (scimpanzè comune) e siamo dominati dalla chimica e dalla biochimica! Su tre miliardi di lettere che compongono il genoma umano solo 15 milioni di basi (1% circa) sono cambiati nei 6-7 milioni di anni trascorsi da quando le linee evolutive si sono separate. In questa piccola differenza di basi c’è il segreto della sofisticata evoluzione di Homo sapiens
B: il percorso da lei descritto è sintetico ed elegante. Quindi tutto avrebbe avuto origine da una scossa nel Cambriano?
T: si. Circa seicento milioni di anni fa (Figura I), nel breve tempo di pochi milioni di anni, il Cambriano appunto, comparve la maggior parte dei principali phyla degli invertebrati