Gianni Pallaro
biglietto di sola andata

Titolo biglietto di sola andata
Autore Gianni Pallaro
Genere Poesia      
Pubblicata il 30/04/2021
Visite 514
Editore Liberodiscrivere
Collana Spazioautori  N.  3787
ISBN 9788893392433
Pagine 110
sali il filo d’erba
bagnato dagli umori del mattino
e dalla cima guarda
tutto tranne l’orizzonte ma
altra vegetazione tempo che passa
il destino che ti ha scelto
la vita che non ti ha mentito
pensieri faccia-di-cane
latrano senza languore alcuno.
Non sarà questa quiete coatta a donarmi la pace.
È il sibilo della teiera a rendermi così nervosa?
O forse le grida ferrigne che rimbalzano
tra la fronte e le tempie?
È la bottega di fabbro che ho in testa
a rendermi un fortino serrato
tra ossa-denti-mascella-meningi?
Io non credo nei sortilegi di suggestioni.
Sono un cargo pirata e non conosco
le rassicuranti rotte dei carichi lievi.
Non sarà questa quiete coatta a farmi da sudario.
Federica Basso
Torna in libreria Gianni Pallaro, con una silloge che forse è la più matura del poeta veneto, nato e cresciuto a Piazzola sul Brenta. 
Ritroviamo senz’altro i temi a lui cari, suggestioni dettate dalle stagioni e dalla natura, fisicità e spiritualità, una filosofia quanto mai attuale e pur semplice nella sua complessità, accanto a un fil rouge che lega ogni poesia come piccola perla di una stessa collana: il tempo. 
Il tempo che scorre, che non torna indietro, e forse, per fortuna, o disdetta, chi può dirlo, “sapessi tornare indietro / riscrivere fino ad arrivare / a questa pagina bianca […] che discorsi / indietro non si torna / ritroverei la sedia vuota / che ho sempre temuto” (12). E ancora “ti porto al mare / domani ti porto via […] e poi sai cosa succede / non torneremo mai” (25). 
Indietro non si torna, no, il treno riparte, va avanti, non si ferma, e noi viaggiatori con in mano un biglietto di sola andata, noi che “non siamo niente / in questo spazio / foglie che volano incontro / a quello che vorremmo” (74). 
Una silloge da sorseggiare, come una tisana tiepida davanti a un meraviglioso tramonto, preludio di una mattina di luce, che sempre arriverà.
Sara Zanferrari
 
 
uno
segna il tempo
mentre lo spazio immenso
circonda il mio universo
libera la mente
la mia anima imprigionata
non chiede perdono
parlami di quando
se mai c’è stato il vento
di un avvenire lontano
paga il mio conto
alberi animali oceani montagne
il gusto del sale nausea
prega per me
dio non è disposto a dimenticare
morirò di spada e di fame
due
un disegno a campo lungo
prospettiva impeccabile
ma esco di scena
hai presente le parole
quelle fatte per intenderci
sono troppe in un deserto
tanta infinita distesa di niente
prova a dipingere una duna
e falla somigliare a una frase
alberi ci vogliono alberi
ossigeno lettere dell’alfabeto
prospettive in campo aperto
tre
sali il filo d’erba
bagnato dagli umori del mattino
e dalla cima guarda
tutto tranne l’orizzonte ma
altra vegetazione tempo che passa
il destino che ti ha scelto
la vita che non ti ha mentito
più tardi vai ad osservare
l’acqua che scorre nel fosso
l’orologio della sapienza
la traccia di luce solare
il dominio della tua storia
seduto all’ombra della sera
tenendoti il desiderio di volare
quattro
sono stato in pace
niente mi ha deluso
soltanto ogni tanto di notte
la notte mi sembra più lunga
più lunga perché mi metto
a pensare che sia difficile
stare in pace senza mai niente
che mi deluda
poi dopo la mattina mi sveglio
e penso di non avere pensato
ma penso di avere vissuto
e i sogni vanno all’incontrario
così la giornata diventa più corta
credendo di non avere sognato
di essere stato in pace e che niente
mi abbia mai deluso


sali il filo d’erba
bagnato dagli umori del mattino
e dalla cima guarda
tutto tranne l’orizzonte ma
altra vegetazione tempo che passa
il destino che ti ha scelto
la vita che non ti ha mentito

 

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