Quando una persona ti chiede di scriverle una prefazione per il suo lavoro letterario, ti affida una parte importante di sé, del suo Essere, ti domanda di accompagnarla presso un pubblico che possa, attraverso le parole, comprendere non l’animo dell’autrice che indissolubilmente è legato al contenuto profondo della sua opera, ma aprirle l’uscio al palcoscenico d’una vita fatta di arte, di scrittura.
Anna Maria Rendano è alla sua prima pubblicazione e ci presenta una raccolta di poesie che ha partorito nel suo ancor breve tempo vissuto. È uno scrigno nel quale ha custodito suggestioni, attimi della sua esistenza che seppur giovane ha vissuto con un’intensità esistenziale sperimentata da pochi.
Ogni poesia è un’evocazione, pregna, un condensato d’immagini che vanno lette con uno sguardo attento sul nostro sentito. È indissolubile il legame col mondo dei vissuti, parole non semplici con uno sguardo teso al liminare dell’anima di ognuno. Non è da tutti raccontare in attimi una vita, ecco perché nulla di banale può caratterizzare un’esistenza e questi condensati di scrittura raccolgono in essi sentiti unici, straordinari.
È impossibile non restare basiti dalla singolare ricercatezza poetica dell’autrice, dalla maturità complessa del suo pensiero che trafigge il nostro come una lama. È indubbio il sentimento profondo che ci si aggrappa addosso dopo ogni lettura, che ci fa desiderare di leggere e rileggere ogni passaggio per entrare in esso sempre più intimamente.
È chiedersi cosa può mai aver generato tanta densità in una giovane vita resta il dubbio più profondo a cui rivolgersi.
Aspetteremo il suo disvelare in quelle che saranno le sue prossime produzioni, grati intanto per queste e sperando che quel fiore che manca, sboccerà alle nostre anime.
“Manchi come un fiore estirpato prima di sbocciare nella terra.”
Fulvio Ancona
Di anima si estingue,
di velluto si espande,
il cuore trova la terra,
le vene il delta, e tu,
segui il divagare.
Corri su fili spinati,
attraversi boschi di ortiche,
per giungere a lei.
Attraverso il dolore della carne,
l’anima suda e appare la sabbia,
il mare abbraccia il verde,
si incrina la forma,
l’abbraccio converge in un lunatico addio.
Si addentra la gioia,
si intiepidisce il tempo.
Si insinua la storia.
Ad oggi l’ardire del domani trascorso.
Seppur urgente,
di passato pare l’essere giunto,
sicché teme l’andare oltre.
La virtù traspare nel sapiente ingrato.
Troppo spesso inconsapevoli del nostro potere sopravviviamo.
Iniezioni d’aria attraversano corpi ignari,
privi di caparbietà e temperanza.
La rabbia cresce, la frustrazione prende forma.
Dove la verità si manifesta e non c’è più scusa che tenga.
Una forma silente di resistenza anestetizza,
risveglia l’egoismo e ingigantisce la paura.
Trovammo casa là dove il tempo era dettato dai noi,
trovammo rifugio là dove nulla del dubbio potesse raggiungerci,
trovammo asilo nel tempio dell’illusione.
I disillusi muoiono di dolore e di solitudine,
scoperto il confortevole inganno.
Il respiro fatica a scorrere là dove il senso ritrova i propri luoghi.
La via del giusto non esiste, esistiamo noi e il nostro agire.