Giancarlo Repetto
Il Giorno

Titolo Il Giorno
Autore Giancarlo Repetto
Genere Narrativa      
Pubblicata il 28/04/2022
Visite 893
Editore Liberodiscrivere®
Collana Il libro si libera  N.  191
ISBN 9788893392907
Pagine 96
Prezzo Libro 10,00 € PayPal

Versione Ebook

ISBN EBook 9788893392914
In una Nizza in cui il mare è il vero protagonista si intrecciano frammenti di vita di quattro personaggi: Jules che racconta il giorno del suo ottantesimo compleanno; Sveva che lascia in eredità ai lettori il suo amore per la letteratura; Costanza che, nonostante una vita difficile, sceglie di diventare mamma a vent’anni; Sophie, un’attrice di successo che sente la mancanza di un’esistenza normale. Il tempo, la solitudine e il caso sono i temi principali di questa narrazione.
Quanto ho dormito? Ero davvero stanco! Non capisco perché non riesco a svegliarmi, eppure sento i rumori che da anni mi sono familiari: il sordo cigolio di ferraglie del vecchio ascensore condominiale che nessun tecnico è mai riuscito a eliminare, la televisione a tutto volume della vecchia sorda come una campana che abita al piano di sotto, la signora accanto che sgrida i figli, il vicino che si lamenta a voce alta delle loro grida e dall’altra parte c’è il ritmo costante del ragazzo che fa gli esercizi alla batteria, evidentemente ha preferito non mettere le cuffie per sentirsi più libero di suonare. Non mi sentirei a casa senza questa confusione che scandisce la mia quotidianità. Non riesco ad aprire gli occhi, continuo a sentirmi stanco come se avessi lavorato una settimana di seguito senza riposarmi mai, eppure sono in pensione da vent’anni. Rimarrò ancora un po’ a letto visto che è inutile ogni sforzo di uscire da questo torpore che mi coccola come se fossi un neonato che si aggomitola nel caldo della sua culla. In realtà non voglio uscire dal sonno perché mi piace troppo dormire e allora uso ogni mia astuzia per opporre una strenua resistenza alla coscienza e rimanere almeno nel dormiveglia, la dimensione in cui posso sfuocare la realtà che vorrebbe catturare la mia attenzione. Tengo gli occhi chiusi così la luce del mattino non mi ferisce il viso, mi raggomitolo sotto le coperte affinché l’umidità autunnale che durante la notte è sgusciata nella stanza non mi procuri dei brividi che mi sveglierebbero del tutto e allo stesso tempo il piumone attutisce l’invadenza dei rumori della vita. Incollo la faccia al cuscino e respiro il mio odore che mi rassicura perché riconosco la mia tana. Mi metto prono, piego la gamba sinistra e fletto il braccio sinistro mentre l’altro è lungo il fianco, respiro lentamente e mi abbandono al materasso che ammortizza tutti i miei piccoli movimenti e riduce la gravità alleggerendo il mio corpo. Immagino di essere in mare e lasciarmi cullare dalle onde. In fondo non mi serve una grande immaginazione visto che da vent’anni, cioè da quando sono in pensione, vivo davanti al mare. Oggi compio 29220 giorni e da più di 7000 abito a Nizza. Sì, ho ottant’anni, ma preferisco misurare in giorni il mio tempo. Mi sembra più onesto. Un giorno può essere molto lungo e comunque è la nostra sola certezza, il presente in cui accadono gli eventi. I miei 29219 giorni passati, non mi appartengono più, anche se fanno parte del mio vissuto, non posso agire su di loro, come non posso agire sul domani. Quindi ho sempre vissuto ogni giorno come se fosse stato il solo tempo che avessi a disposizione, e la mia è stata un’esistenza felice. Oggi, la mia giornata, sarà una bella giornata, perché mi sembrerebbe stupido vivere male il mio tempo che è un dono prezioso. Talvolta riesco a isolare ogni attimo nella sua successione, donandogli così un’impronta di assoluto.
Sono le otto. Mi alzo senza alcun senso di colpa per aver dormito mediamente sette, otto ore, ogni giorno della mia vita, quindi per quasi diecimila giorni. Soltanto da adolescente pensavo che dormire fosse uno spreco: ero un ragazzo. Vado in cucina, scaldo l’acqua nel bollitore, spremo mezzo limone in un bicchiere e aspettando che l’acqua sia alla temperatura giusta, preparo la caffettiera e metto a bollire il latte in un pentolino. Da tempo, ho l’abitudine di bere una limonata tiepida prima di far colazione. Spalmo del burro di capra sulle fette biscottate e poi aggiungo qualche cucchiaino di marmellata ai lamponi. Sistemo il bicchiere, la tazza di caffè-latte, le fette biscottate sul vassoio ed esco in terrazza perché mi piace fare colazione all’aperto osservando il mare in ogni stagione dell’anno, tranne quando piove o soffia un vento troppo forte. Appoggio il cabarè sulla tavola e mi siedo, ecco il momento più bello della mia giornata. Sono all’ottavo piano del palazzo, l’attico, sopra di me ho il conforto dell’azzurro del cielo e l’ampia terrazza sembra tuffarsi nell’acqua marina. Mangio fissando il mare, ne respiro l’intenso profumo di salsedine, ascolto il rumore delle sue onde e il mare riempie di gioia i miei sensi. Rivolgo lo sguardo a sinistra e subito individuo il Negresco, l’albergo simbolo della città, poi gli altri palazzi che delineano la città che si affaccia sulla baia, laggiù vedo i colli all’interno dei quali si insinua il porto. Bevo un altro sorso caldo dalla mia tazza e lentamente giro la testa dall’altro lato del golfo, verso ovest, dove c’è l’aeroporto, osservo gli aerei decollare e penso che non ho più voglia di volare, no, preferisco godermi la mia giornata senza infilarmi nei fusi orari, voglio stare in questo spazio e in questo tempo. Finisco di bere e mi accendo un sigaro, un aroma di vaniglia si diffonde per l’aria. Mi piace. Adesso contemplo il mare qui davanti a me, il mio sguardo scivola sulle onde, vicino alla spiaggia sono verdi, man mano che alzo lo sguardo si mescolano al blu, un blu quasi viola, come quello dei mirtilli, poi l’acqua diventa di un blu intenso e definitivo e all’orizzonte si appoggia all’azzurro del cielo. Fisso il panorama cercando di perdermi nella linea immaginaria che salda il mare al cielo. Appare qualche piccola nuvola candida portata dalla brezza leggera che spettina i miei lunghi capelli bianchi, mi godo queste carezze naturali, mi godo questo sole ottobrino che ancora scalda la mia pelle, chiudo gli occhi così riesco a percepire meglio tutte le parti del mio corpo, mi abbandono all’immobilità e ho la sensazione che ogni mia cellula respiri avidamente l’aria salmastra che esce dal Mediterraneo. Non è pigrizia, è ozio, è una preghiera al mondo che nasce dalla mia materia immobile. Riapro gli occhi e guardo la gente che è in spiaggia qui sotto la mia terrazza, c’è chi fa il bagno, chi è sdraiato sui ciottoli a prendere il sole, chi pesca dagli scogli dei moli artificiali costruiti per arginare l’avanzata del mare che in questi ultimi vent’anni ha rubato un bel po’ di spiaggia. Sulla Promenade ci sono i soliti fanatici della forma fisica che sudano come bestie per sentirsi in forma. Ho voglia di un buon caffè, rientro in casa a prepararmelo. Sciacquo la caffettiera, metto l’acqua fino al livello della valvola, verso quattro cucchiaini di miscela macinata nel filtro, poi la chiudo e la metto sulla piastra a induzione. I primi tempi in cui vivevo in Francia ho bruciato più di una Moka perché ero abituato alla cucina a gas italiana per cui quando il caffè aveva smesso di gorgogliare spegnevo il fuoco sotto la caffettiera, ma la piastra elettrica una volta spenta rimaneva ancora calda per lungo tempo. Alla terza Moka originale distrutta ho imparato a toglierla al volo. È pronto, lo verso nella tazzina senza zucchero e ritorno in terrazza, mi tolgo il pigiama e mi sdraio nudo sul lettino tanto nessuno può vedermi, mi piace abbronzarmi integralmente senza la fascia bianca che rimane se indosso il costume. Mi sento rilassato, leggero come le nuvole candide che attraversano il cielo, chiudo gli occhi ma la luce è così chiara e intensa che intravvedo lo stesso il blu sopra di me, la pellicola di sudore che si forma sulla mia pelle m’illude di evaporare fino a diventare una piccola nube che si aggiunge a quelle che vedevo poco prima. Nel mio giorno non c’è spazio per ciò che è negativo, perché ho scelto di abbandonare nel mio passato le tensioni, le preoccupazioni, le ferite, le sofferenze, le paure. Se la mia vita è questo giorno allora voglio che ciascuna delle ventiquattro ore sia motivo di gioia e di benessere perché me lo merito, quindi rinuncio alla memoria per essere autenticamente nel tempo. Vado a fare la doccia, entro nella cabina circolare al centro della mia sala da bagno, accendo la musica e le luci per la cromoterapia, mentre ascolto le più belle canzoni di Battiato faccio scorrere l’acqua per rinfrescarmi, poi mi insapono i capelli e il corpo e quindi mi metto sotto il getto centrale. È un piacere quotidiano che va al di là della pulizia e dell’igiene, ormai è diventato un rituale di iniziazione alla vita, un ringraziamento al nuovo giorno e un augurio di felicità. Osservo il mio corpo minuto che, nonostante le lunghe passeggiate, abbozza una timida pancetta, sfioro la mia pelle dai tessuti un poco lassi dopo migliaia di giorni di presenza su questa terra. Esco dalla doccia, indosso l’accappatoio e mi asciugo i capelli con un asciugamano prima di usare il phon e una spazzola per dare un po’ di ordine alla mia chioma che rimane comunque un groviglio di capelli ribelli. Apro il barattolo dove tengo la crema per il corpo e comincio a spalmarmi con il piacere di prendermi cura di me. Ora mi spruzzo il deodorante e sono pronto per vestirmi ed uscire.
In una Nizza in cui il mare è il vero protagonista si intrecciano frammenti di vita di quattro personaggi: Jules che racconta il giorno del suo ottantesimo compleanno; Sveva che lascia in eredità ai lettori il suo amore per la letteratura; Costanza che, nonostante una vita difficile, sceglie di diventare mamma a vent’anni; Sophie, un’attrice di successo che sente la mancanza di un’esistenza normale. Il tempo, la solitudine e il caso sono i temi principali di questa narrazione.

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