Gervasoni
I miei versi storti

Titolo I miei versi storti
Autore Gervasoni
Genere Poesia      
Pubblicata il 20/04/2023
Visite 211
Editore Liberodiscrivere
Collana Spazioautori  N.  3834
ISBN 9788893393102
Pagine 86
Prezzo Libro 12,00 € PayPal

Avete mai sentito parlare di incontri terapeutici? Ne avete mai fatti? Sono quelli che ti permettono di conoscerti come mai ti eri conosciuto prima e di riconoscerti come un essere degno di amore e di valore semplicemente per ciò che sei, nella tua autenticità. 

Sono certa che il poeta ne abbia avuti…altrimenti non avrebbe mai pubblicato questo libro, non avrebbe mai esposto se stesso allo sguardo altrui, avrebbe continuato a nascondere le sue poesie vergognandosi di ciò di cui oggi va fiero, di un suo talento, di parte della sua essenza. 

E’ quello che ha fatto per molto tempo quando la sofferenza lo accompagnava, quando si sentiva “storto”, rotto …allora le poesie erano il diario della sua anima tormentata, erano speranza, erano illusione, erano rifugio, ma non si potevano mostrare. 

Oggi il poeta si è riavvicinato a quella sofferenza, l’ha attraversata e questo gli ha permesso di scoprirsi farfalla nonostante per molto tempo si sia visto solo come un bruco. 

Ecco, gli incontri terapeutici fanno questo, creano circuiti virtuosi e questo libro ne è la prova.

Dott.ssa Mara Bertoli

Prefazione

Stefano Gervasoni pubblica il suo primo libro, “I miei versi storti”, e sorprende!

Il nuovo poeta bergamasco ha grinta da vendere e lo dimostra in ogni sua poesia.

La silloge è divisa in 4 capitoli: Le mie donne di picche_ Voragini _ Vertigini _ Portraits.

Le parole d’ordine sono: magia, fantasia, immaginazione, sogno…allucinazione.

Nel leggere le sue poesie siamo immediatamente trasportati altrove; in un “al di qua” che precede di un soffio la realtà, dentro metafore spregiudicate a volte “nere” come in “Bandiera bianca”.

Dentro sogni che sembrano allucinazioni e allucinazioni che sembrano sogni ma invece sono vera arida realtà.

A tratti Gervasoni è un moderno Rimbaud (che cita spesso), in altri momenti sembra un attuale Baudelaire.

A tratti tiene in mano la poesia di Antonin Artaud “Poeta nero”; è un animo inquieto che brucia l’istante, che scalza la parola dalla penna e la penna dal foglio con quella vigoria e precisione propria dell’arciere, propria del cecchino e del lanciatore di coltelli.

A volte colpisce il bersaglio, altre lo manca, volutamente.

A volte nel leggere le sue poesie ti catapulta dentro un delirio febbrile, in altre cadi anche tu come Alice nel paese delle meraviglie: sei il bianconiglio, sei il cappellaio matto e infine sei persino Alice.

Colpisce subito “Patto d’amore”, fa barcollare “Un sorriso, anche solo di sbieco”, è logicamente inafferrabile “Inafferrabile”. Torna sovente Rimbaud, c’è lui anche in “Venti”.

Dedica ricordi e parole a varie donne forse di picche, sicuramente di cuori, ai “Fantasmi” e persino al “Catrame”, una metafora sulla spregiudicatezza di alcune persone che dovrebbero garantire giustizia, equilibrio e amicizia, o di tutto questo almeno un po’. “Io sono tuo malgrado Marchesa insicurezza…io sono di Psiche un cancro di condanna” canta in “Decisioni” e urla in “Stanco” “stappate da letarghi di sonni senza sogni/saette di idiomi forti e di petrolio bollente”.

Ma non c’è una poesia che sovrasta le altre, ognuna ha la capacità di farti aprire la bocca e cadere il mento per lo stupore.

Ognuna è vetta e allo stesso tempo voragine ma a volte si confondono l’una divenendo l’altra e questo Gervasoni cerca di fare, con la sua poetica, con la sua anima, con la sua vita.

 

Edoardo Gallo

poeta e umanista universalista

VIENI A PRENDERMI, PORTAMI VIA CON TE

 

Ti ho incontrato ieri.

Ero in bici, verso Grumello del Monte, stavo rientrando dal mio giro.

Ho imparato che, quando piango, è perché ti incontro, quindi non mi posso sbagliare: eri tu.

Mi sei venuto prepotentemente davanti: hai urlato. E tu non urli quasi mai; quando lo fai, mi scuoti sempre.

Mi hai preso la testa fra le mani, me l’hai scossa, avanti e indietro, come per essere sicuro che ti sentissi e che capissi che non stavi bene.

Ho pianto per tutto il tempo in cui mi hai parlato, e anche un po’ dopo.

Mi hai detto più o meno così:

Non lasciarmi più con persone che non mi voglio bene come sono.

Che mi feriscono, che non sono interessate davvero a me, che mi guardano storto, che mi vogliono bene solo se e fino a quando faccio quello che vogliono loro.

Sono stanco di stare qui.

Adesso ho bisogno di stare davvero tranquillo, ho bisogno di serenità.

Non ne posso più. Non ne posso più di sguardi di disapprovazione e di malcontento. Piuttosto, stiamo soli tu ed io per un po’. Non ne posso più di atmosfere pesanti, di persone che sbuffano, di musi lunghi. Non ne posso davvero più. Ho bisogno di stare tranquillo, adesso.

Fammi incontrare solo persone che mi vogliono bene, per come sono, che mi dicono, con la bocca con gli occhi e con il cuore che io vado bene così.

Non voglio più sentire quella vocina che passa attraverso le pareti e che mi dice che mi manca sempre qualcosa.

Dammi una stanza tutta mia, dove non mi sente nessuno, dove possiamo parlare tu ed io senza che nessuno ci ascolti, dove ti posso dire tutto.

Dove posso fare tutto quello che voglio, senza preoccuparmi se sia giusto o sbagliato.

Ho bisogno, per un po’ di tempo, di non sentire alcun giudizio. Nessuno proprio.

Lasciami fare, lascia spaziare la mia fantasia senza preoccuparmi.

Fino ad ora, ho vissuto in una stanza senza finestre, con una sola porta da dove hanno fatto irruzione tante persone che sono entrate e mi hanno spaventato, hanno cacciato degli urli che qualche volta non capivo nemmeno. Io non ho mai avuto il coraggio di uscire perché avevo paura.

Sulle pareti della mia stanza qualcuno proiettava immagini spaventose, che mi mettevano paura. Nelle immagini, c’era sempre qualcuno in pericolo, qualcuno che cadeva, qualcuno che si sfracellava.

Così, ho pensato che, fuori, quello fosse il mondo per davvero: pieno di pericoli e di persone cattive, che mi avrebbero fatto del male.

Quando ti guardavano storto, quello sguardo veniva proiettato sulle pareti della mia stanza.

Quando ti dicevano che “non vai bene”, che “devi fare questo o quest’altro”, quelle voci arrivavano a me amplificate da un megafono maledetto.

Ti prego, vieni a prendermi e portami via, ma fallo adesso.

So che sei forte e che, quando ti ci metti, non ti ferma nessuno.

Ho bisogno della tua mano salda, adesso.

Se tu mi dai la tua mano, io faccio uno sforzo ed esco da qui, ma tu dammi la mano.

Se tu mi starai a fianco, io avrò meno paura perché so che tu sai fronteggiare i briganti e hai mille pugnali nelle tasche.

Portami in un luogo sicuro, non ti ho detto “bello”, ti ho detto “sicuro”. Basta che abbia qualche finestra e che io possa guardare fuori.

Compra una porta di acciaio, blindata, cosi quando ci chiudiamo a chiave nessuno potrà entrare e rimaniamo soli io e te. Non ci serve nessuno, credimi, almeno per un po’.

Comprami solo un bel tappeto cosi che io possa giocare per terra. Vorrei un tappeto grande. Io sono disordinato, lo sai, e mi piace sparpagliare le mie cose in giro, per questo mi serve tanto spazio.

Facciamo che quel tappeto è la mia zona, il mio giardino e lì dentro io faccio tutto quello che ho voglia senza che nessuno mi dica niente?

Vieni, per favore. Non esitare più. Portami via da qua. Portami via.

Dai un pugno a tutti quelli che mi guardano male, cacciali via.

Manda via tutta questa gente che mi disturba e mi confonde; a casa nostra inviteremo solo quelli che hanno un sorriso dolce e gli occhi contenti, contenti di vederci.

Qui, mi guardano male e spesso mi sgridano.

Ma io non capisco perché’ mi sgridano. Io non voglio essere più sgridato.

Vieni a prendermi.

Portami via con te.

Adesso.

 

       

 

 

LE MIE DONNE, DI PICCHE

DONNE DI PICCHE

RENATA

A BARBARA

LISA

LE MIE DONNE

LES AMANTS DU PONT-NEUF. MOI.

IRON(IA)

INAFFERRABILE

IL BACIO GIRATO

IL TEMPO DELLE MELE

LA CENA COL BOIA (poesia della parte sbagliata)

TRAMONTO

LE DOMENICHE DAI FIORI IN BOCCA

 

VORAGINI

BANDIERA BIANCA

INSOMNIA

VERTIGINE VORAGINE (vista dal basso)

VENTI

CATRAME

DEPRESSION

DECISIONI

POESIA DAL PORTO

LITANIE

STANCO

SABATO POMERIGGIO

LA SCOMMESSA (SCONFITTO)

LA SPIAGGIA (IL MARE CHE FA MALE)

IL POEMA INCOMPIUTO

LA MIA POESIA

ZEFIRO

DOLORE

UN TRAMONTO (MA NON E’ PER ME)

 

VERTIGINI

PATTO D’AMORE

ADESSO…VOGLIO

SOFFOCA LAMENTA E STRAZIA PSICHE NEL CERVELLO

FIDATI

UN SORRISO ANCHE SOLO DI SBIECO

DINAMITE

 

PORTAITS

POESIA PER CLAUDIO

FANTASMI

A JEAN ARTHUR RIMBAUD

DAL FIENILE

 

ISTANTANEE DA UN INCONSCIO

IO COSI’ COME IO SONO

JUST MY IMAGINATION

PRIDE

OPINIONI DI UN CLOWN

 

DONNE DI PICCHE

Ruotano sul tavolo verde le donne di picche

e gli assi di cuori torturano il mago:

è tutta magia questa vita.

I re e i cavalieri sono scesi dal trono

e ti fanno scacco ad ogni tramonto.

Tu sei un cavaliere imbecille

completamente azzerati i tuoi giochi

dalla Tavola Rotonda di Artù.

Lancillotto è il tuo sogno,

i tarocchi sono i tuoi assi.

Donne di picche, cuori, fiori,

giratemi quell’ultima carta

contro ogni probabilità,

alla tredicesima uscita,

scendete dal limbo dionisiaco.

Tingetevi di nero,

imbrattatevi,

sporcatevi con questi giorni nebbiosi.

Venite: io sono Arlecchino,

mi riconoscete da una lacrima,

i Pierrot sono impostori.

Assaggiate la mia lacrima: è salata.

I colori del mio vestito sono il nero scuro dei miei sogni.

Pulcinella mi tradisce ancora.

Avete mai sentito parlare di incontri terapeutici? Ne avete mai fatti? Sono quelli che ti permettono di conoscerti come mai ti eri conosciuto prima e di riconoscerti come un essere degno di amore e di valore semplicemente per ciò che sei, nella tua autenticità. 

Sono certa che il poeta ne abbia avuti…altrimenti non avrebbe mai pubblicato questo libro, non avrebbe mai esposto se stesso allo sguardo altrui, avrebbe continuato a nascondere le sue poesie vergognandosi di ciò di cui oggi va fiero, di un suo talento, di parte della sua essenza. 

E’ quello che ha fatto per molto tempo quando la sofferenza lo accompagnava, quando si sentiva “storto”, rotto …allora le poesie erano il diario della sua anima tormentata, erano speranza, erano illusione, erano rifugio, ma non si potevano mostrare. 

Oggi il poeta si è riavvicinato a quella sofferenza, l’ha attraversata e questo gli ha permesso di scoprirsi farfalla nonostante per molto tempo si sia visto solo come un bruco. 

Ecco, gli incontri terapeutici fanno questo, creano circuiti virtuosi e questo libro ne è la prova.

Dott.ssa Mara Bertoli

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