Titolo | Era d’estate | ||
Autore | Gabbean | ||
Genere | Narrativa | ||
Pubblicata il | 04/07/2023 | ||
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“Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate, tanto tempo fa…”
(Sergio Endrigo)
La prima volta mi svegliai disorientato, confuso, incerto tra sogno e realtà. Mi trovavo disteso a terra, sotto la toeletta con lo specchio. Era difficile raccapezzarsi da quell’inusuale punto di vista. Non capivo proprio come fossi finito lì. Eppure la sera mi ero addormentato nel mio letto. Tuttavia non diedi troppo peso alla cosa.
Qualche giorno più tardi mi risvegliai in piedi, nell’angolo della stanza, dietro l’armadio. Pativo, dunque, di un disturbo del sonno, frequente in età adolescenziale. Tanto che quelle stranezze suscitarono nei miei genitori più curiosità che preoccupazione.
Finché un mattino mi trovarono seduto sul davanzale della finestra dai vetri spalancati, ma, per fortuna, con le persiane perfettamente chiuse. Fu allora che pensarono di trasferire, per la notte, la nostra domestica nel secondo lettino della mia camera. Con il compito di vegliare sulle mie deambulazioni notturne.
Gianna era una florida ragazza di diciotto anni, alcuni più dei mei. Presi l’abitudine, prima di addormentarmi, di entrare nel suo letto. Stavamo abbracciati in silenzio e godevo del suo tepore. L’inevitabile contatto delle mie mani sul suo corpo e l’odore della pelle mi inebriavano.
Talvolta, tornando al mio posto, ripetevo i gesti del piacere. Lo avevo scoperto qualche anno prima, in vacanza, soggiornando a casa dei nonni materni, durante le riunioni della banda di monelli di Via Frediani.
Al mattino, accompagnati da qualche familiare, andavamo in filobus al mare, allo Chalet Azzurro di Palombina, dove prendevamo accordi per le attività del pomeriggio. Ci riunivamo nel corridoio delle cantine dei palazzi della nostra via che, adibite durante la guerra a rifugio antiaereo, non avevano soluzioni di continuità. Questo ci dava un notevole vantaggio strategico sulla banda di Via Fazioli nel corso delle nostre battaglie, vagamente ispirate a quelle de “I ragazzi della via Paal”, il famoso romanzo di Ferenc Molnár.
Durante le sortite, infatti, potevamo sbucare da qualsiasi portone della via e altrettanto facile era la ritirata. Usando carta di giornale, preparavamo con cura i cartoccetti per le cerbottane, unica arma permessa durante gli scontri, mentre i più esperti di noi ci illustravano, anche con fantasiosi particolari, i rudimenti del sesso.
Una sera presi coraggio e chiesi a Gianna, benché non sapessi esattamente cosa stessi dicendo, di fare l’amore. Un sorriso e un tenero gesto di scherno furono la risposta.
Nelle occasioni successive rinnovai la richiesta, con insistenza, finché una notte, senza parlare, mi accolse tra le sue gambe e mi guidò nel penetrarla.
Fu una sensazione straordinaria, una caduta libera nel vuoto, una esplosione di incontenibile energia. Non riuscii a chiudere occhio per tutte le ore restanti. Al mattino ero preda di una febbre altissima che mi procurava tremore e un sottile delirio. Il medico di famiglia, dopo avermi visitato, non mi prescrisse farmaci e si chiuse nella stanza accanto con mia madre.
Gianna, dopo pochi giorni, se ne andò e non la vidi più. Pensai di averla persa per sempre. Non sapevo, allora, che la fine di ogni vicenda della vita dà avvio a una nuova stagione alimentata dai ricordi, all’infinito.
Lo scoprii più avanti negli anni, ritrovando in altre donne il profumo, la levigatezza, l’umidore che Gianna aveva donato, in quella notte d’estate perduta nel tempo, a me e ai miei sensi. Appagandoli e, nell’istante stesso, sconvolgendoli.
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