Raccontami
la tua favola color arancia
con il succo che cola
e due semini sparsi
mentre la mano pallida
raccoglie le briciole
dei miei sogni inespressi,
muto
di fronte alla risolutezza
del gesto,
non ci sono vele di riserva
per questi venti ormai passati via,
altri verranno
da dietro la montagna di pietra e di ombre,
aspetterò passeggiando sotto la pensilina
di questa stazione deserta
a unico binario
non sapendo da dove giungerà il fischio della locomotiva
e tu ti alzi in piedi agile, leggera,
perentoria,
rianimi il silenzio
con cui resisto sulla soglia
come un vuoto a perdere
-a chi ho dato la mia anima? –
un ramo di mimosa rapido appassisce
effimero
simbolo malinconico e fugace,
ci sono parole in ordine sparso sul tavolo
ora sgombro,
la mia mano sinistra coglie il vasetto del miele
e lentamente lo lascia gocciolare,
urlano le gocce cadendo
a una a una in fila,
così impreparate,
come i tuoi occhi sorpresi ,irritati,
le illusioni pietrificate come quadri alle pareti,
la irrituale confusione dolciastra
è divenuta un giuoco
e tu sorridi un lampo appena
e muovo le mani e le labbra
e gioco la mia vita
avidamente
appassionato,
lacero il presente nel passato,
una lama di sole entra dai vetri,
un lampo,
una magia,
un sole caldo come una preghiera,
il desiderio
di non andare via.