Percorro le vie
della mia irrequietezza
attraverso sentieri
orfani di ciclamini
e di cisti fioriti,
assaggiando svogliatamente
il pane amaro
del tempo che incalza.
Mi lascio lambire
da rami di sempreverdi
e ne cerco labbraccio
per attingere tenacia
come edera testarda;
accarezzo tronchi
vestiti di muschio
da cui aspiro avida
il lontano profumo dinfanzia;
mi affanno su crinali impervi
dove ricci di castagne
mi feriscono le mani.
Raggiungo distese
di gigli selvatici
appena sfioriti
su cui lascio cadere
le mie lacrime
dinadeguatezza.
Alzo lo sguardo
a scorgere
il volo del falco
indifferente
alla mia impotenza
e riprendo il cammino
lasciando
orme evanescenti
a inseguire
la mia ombra.