Non vestirmi di grigio
a destare nubi dubbiose
se aprire il sipario
a fugaci raggi di sole
o chiuderlo in quaresima
d’ombra opprimente:
è il bianco violato dal nero
è cenere sul capo ai penitenti
è neve che ha smarrito candore
è pipistrello in assedio di grotta.
Non regalarmi celeste sbiadito:
mi rammenta purezza indecisa,
parvenza d’innocenza esibita,
cieli che si negano
a esultanza di luce o
a rabbia di temporale.
Neppure il rosa m’intriga:
è passione annacquata,
rubino che ha perso fulgore,
insistito languore
in cerca di premura.
Voglio vestirmi del blu
dei fondali marini
dove si posa leggera
la polvere del sole
e il chiasso del giorno
diventa silenzioso mistero:
è invito a sondare
abissi interiori,
a non lasciarsi sedurre
da terrestri sirene.
Aggiungo il rosso
linfa di vita,
ardore di fiamma
che brucia, riscalda
coinvolge, consola;
passione che preme
incalza, frastorna
incendia, ristora:
è bocca di morbida fragola
è geranio affacciato al balcone
è bandiera che attende riscatto.
M’avvolgo di verdebosco:
divento quercia che ospita nidi,
olivo che al vento propone
abbaglio di foglie d’argento,
chioma di pino che ombreggia
arsura d’estate e profuma
di resina l’aria.
Mi cingo infine del giallo
del croco che buca
il grigiore dei cieli,
si schiude in trionfo di luce
e offre al cuore illusione
di lunghi giorni propizi.