Chi bussa alla mia porta
s’aspetti lo scalino incrostato
di sale e di conchiglie
e reti da pesca stese
ad asciugare sull’erba;
s’aspetti stanze mute di finestre
e varchi di luce e cielo
al loro posto
e sotto, se s’affaccia,
il mare che dilaga.
S’aspetti nuvole che giocano
a rincorrersi,
mulinelli di vento
per fughe d’aquiloni
e Malinconia che danza
tra pareti d’alba e di tramonto.
S’aspetti odore di tamerici
e visite di rondini
dai nidi sotto il tetto,
sulle mensole vetrini colorati
e pile di libri
che arrivano al soffitto.
E ovunque canestri intrecciati
da silenziosa pazienza
dove cercano pace
i giorni trascorsi:
profumati di muschio e vaniglia
vestiti di seta e di tulle
o dimessi, ornati di nero e viola,
intrisi di pianto e tristezza.
Chi bussa alla mia porta lo sappia
che ho solo questo da offrire
oltre a ghirlande di biancospino
che piovono petali di fragile bellezza.