Se una canzone di giubilo
mi sgorgasse dal cuore
è all’acqua che la dedicherei:
al saltellare lieto della pioggia
come perle sgranate di collana
e riso squillante di bambini
appena usciti, a frotte, dalla scuola;
alle pozzanghere, dove felici
sguazzano i piedini sfuggiti
al controllo della mamma;
ai fossi di campagna
vegliati dalle canne e dai girini
e dall’antica fatica contadina;
ai pozzi festanti d’orti intorno
dove si pavoneggiano
di rosso i pomodori
e le melanzane indossano
gli abiti viola, da gran sera;
alle cascate e ai torrenti di montagna
che a precipizio cercano la valle
in tripudio di schiuma e di rumore;
e ai laghi, pozze d’azzurra quiete,
per gli occhi e per il cuore
stanchi d’ impervietà e d’affanno.
E ai fiumi, soprattutto: nastri
colorati di vita multiforme
che ornano e vivificano la Terra
solcando inesausti le valli, all’infinito
e rallegrando, generosi, la sete
inestinguibile di genti e di millenni
finché riposo e pace arriva finalmente
dall’abbraccio salato di quel mare
che tutto riunisce e ricompone
nell’immensità di cui soltanto il cielo è degno.