La mia scuola profumava di mare:
batteva là sotto quand’era scirocco
e alghe e sale piangevano i vetri.
Il pane sapeva di zucchero e burro
d’inchiostro e di carta assorbente.
Una stagione duravano le maestre:
le consumava la nostalgia di casa
le sfiniva quel posto di frontiera.
Prima e seconda insieme: agli uni
il dettato, agli altri un bel problema
e poi a quelli il disegno, a questi il
pensierino [parla dei tuoi giochi, dei
tuoi amici, dei tuoi fratelli, di quello
che ti pare, anche del tuo paese, certo]
Io parlavo di Poppy, il bambolotto,
un occhio tenuto aperto da un pezzo
di stecchino o di mio padre, che non
c’era mai e stava su una nave in mezzo
al mare, oltre gli spruzzi, oltre l’orizzonte.
Avevo grembiule bianco e fiocco rosa
caschetto bruno e cappottino rosso
sussidiario e sogni dentro la cartella.
M’incantava la vista della nave
che arrivava, di notte, tutta in festa
superba di lucine sfavillanti:
io la guardavo dai vetri di cucina
appannati dal mio respiro caldo
e dal calore buono della stufa a legna.