Alberto Caminiti
Gli Irredenti in Siberia

Titolo Gli Irredenti in Siberia
Storia e documenti inediti degli italiani che fecero il giro del mondo per tornare in patria
Autore Alberto Caminiti
Genere Storia      
Pubblicata il 17/08/2012
Visite 8850
Editore Liberodiscrivere® edizioni
Collana Koine´  N.  23
ISBN 9788873883937
Pagine 180
Note fotografie inedite in BN
Prezzo Libro 15,00 € PayPal
Pochi sanno che nel 1920, due anni dopo la fine della 1a Guerra Mondiale, reparti del nostro esercito ancora combattevano nella steppa siberiana, a fianco di zaristi bianchi, cecoslovacchi e di altri alleati dell'Intesa, contro l'Armata Rossa.
Si trattava dei Battaglioni Neri composti da ex prigionieri austro-ungarici irredenti (trentini, giuliani, istriani e dalmati) che avevano scelto di indossare l'uniforme grigioverde perché interiormente italiani per lingua e anima. 
Dovettero aprirsi la strada verso il Pacifico, come poi disse un reduce, con le armi in pugno e "traversar diciassette meridiani per tornà a baita”. 
Scrissero una vera epopea e compirono una moderna anabasi. 
Per il rientro fecero quasi il giro del mondo, attraverso Siberia, Manciuria, Cina (la nostra Concessione di Tientsin), Oceano Indiano, Mar Rosso e dopo Napoli infine Trieste. 
Versarono il loro sangue per amor di Patria e si coprirono di gloria. Furono gli ultimi soldati italiani a rientrare in patria. è giusto che ancor oggi qualcuno narri le loro vicissitudini e rievochi le loro terribili peripezie.

PREFAZIONE

 

Moltissimi sono i cultori appassionati di storia, molti coloro che ne scrivono con documentata competenza raccontando delle grandi guerre che hanno accompagnato la storia dell’uomo facendo rivivere fatti noti e meno noti, pochi sono coloro che hanno approfondito e scritto delle guerre minori, dei conflitti dimenticati, di episodi comunque legati alle guerre dei quali, però, non c’è traccia nei libri di storia o, se traccia c’è, essa è condensata in poche righe quasi che questi fatti non meritassero attenzione o, anche se epici ed eroici, non fossero degni di memoria.

Alberto Caminiti non la pensa così. Egli è uno dei pochi, anzi dei pochissimi che ha concentrato la sua attenzione di storico, le sue ricerche, gli studi su fatti di guerra meno noti o addirittura dimenticati facendo cadere la falsa convinzione che avessero poco o nullo peso nel corso della “grande” storia.

Ogni guerra è un dramma perché porta con se lutti e dolori che sconvolgono vite ed esistenze anche se, in certi casi, ad un numero circoscritto di persone rispetto ai grandi eventi ed Alberto Caminiti ci ha fatto riflettere e capire che le “piccole” guerre che ci ha raccontato, anche quelle che appaiono come “locali” e gli episodi ad esse legati hanno sempre ed in ogni caso un peso notevole nella vita dei popoli che le hanno vissute e sempre in qualche modo hanno influenzato il corso della storia.

Le sue ricerche non sono limitate ai soli eventi bellici ma si sono estese anche ad altri momenti significativi come le piccole grandi storie dei Dubat somali e della Guardia alla Frontiera, per citarne solo due. 

Sono ormai passati trent’anni da quando ho conosciuto Alberto Caminiti, diciamo così, per ragioni di ufficio: ci univa un lavoro comune nella stessa amministrazione pubblica e lì ho cominciato ad apprezzarne l’impegno professionale, la serietà, la capacità di giudizio nella gestione dei servizi anche in situazioni complesse.

Allora non sapevo della sua passione per la storia ma posso testimoniare che nelle sue ricerche e nelle sue pubblicazioni trovo lo stesso serio e quasi puntiglioso impegno che metteva nel suo lavoro.

E questo impegno è dimostrato non solo dai testi ma anche dalle documentazioni che accompagnano i suoi lavori: sempre ricche e puntuali.

Vorrei citare altri suoi scritti che ho letto e che conservo con cura nella mia libreria della quale occupano ormai uno spazio non trascurabile. Molti di essi non sono ancora stati pubblicati. Solo pochi amici, tra i quali mi piace annoverarmi, hanno avuto l’opportunità di leggerli. 

E ne abbiamo tratto sempre piacere e abbiamo imparato o quanto meno ricordato qualche cosa che magari avevamo vissuto nella nostra ormai lunga vita ma che avevamo dimenticato. 

Questo volume che affianca i precedenti – dei quali ricordo gli ultimi due: “Gallipoli 1915” e “La Guerra Italo Turca 1911 – 1912 – Guerra di Libia”, notevoli non solo per i contenuti ma anche, specialmente il secondo, per l’attualità, riferita alle recenti vicende che hanno travagliato quella che fu la nostra “quarta sponda” – questo volume, dicevo, racconta le vicende de “Il battaglione Savoia” e de “La Legione redenta” due unità militari italiane che vissero momenti pressoché incredibili legati alla sfortunata Campagna di Russia della prima guerra mondiale.

Il libro si legge come si leggerebbe un avvincente romanzo con la grande differenza che i fatti raccontati, le vicende vissute da quegli uomini per tenere fede ad una parola data, fanno parte di una realtà storica che Alberto Caminiti ha voluto portarci per mano a conoscere. 

E il testo è completato da una documentazione talmente ricca e rara che ci si domanda come sia riuscito a raccoglierla e dove mai l’abbia trovata. Non so quanti potrebbero essere i cultori di cose storiche che avrebbero potuto firmare questa opera. 

Non so; Alberto Caminiti lo ha fatto e gliene va dato ampio riconoscimento.

È una fatica che sicuramente sarà premiata dall’interesse di molti. 

Ma certamente non è questa l’ultima sua ricerca storica.

Conoscendolo sono certo che mentre noi leggiamo questo suo libro egli sta già cercando, sfogliando e classificando documenti e carte più o meno dimenticate per un prossimo appuntamento.

 

Enrico Veschi

 

 

ANTEFATTO

Spesso un avvenimento storico si verifica per un complesso di concause straordinarie, determinando l’evento che – altrimenti – non sarebbe mai accaduto. Il fatto che ne sortisce è quindi legato alla combinazione di molti elementi coesistenti in quel preciso momento ed in quella esatta posizione geografica. Uno di questi avvenimenti complessi e straordinari si verificò durante la Prima Guerra Mondiale (1914/18) ed ebbe come palcoscenico la Siberia e l’Estremo Oriente.

Fu qualcosa di irripetibile ed ebbe risvolti così eccezionali da lasciare esterrefatti coloro che ne furono a conoscenza. 

A quei tempi (primo dopoguerra) vennero scritti libri, diari, articoli giornalistici e perfino romanzi.

Adesso che il tempo, nel suo lento svolgersi, ha depositato la sua leggera coltre di polvere, potrebbe risultare interessante ripercorrere l’intera vicenda. È quanto ci apprestiamo – appunto – a fare.

 

 

Pochi sanno che nel 1920, due anni dopo la fine della 1a Guerra Mondiale, reparti del nostro esercito ancora combattevano nella steppa siberiana, a fianco di zaristi bianchi, cecoslovacchi e di altri alleati dell'Intesa, contro l'Armata Rossa.
Si trattava dei Battaglioni Neri composti da ex prigionieri austro-ungarici irredenti (trentini, giuliani, istriani e dalmati) che avevano scelto di indossare l'uniforme grigioverde perché interiormente italiani per lingua e anima. 
Dovettero aprirsi la strada verso il Pacifico, come poi disse un reduce, con le armi in pugno e "traversar diciassette meridiani per tornà a baita”. 
Scrissero una vera epopea e compirono una moderna anabasi. 
Per il rientro fecero quasi il giro del mondo, attraverso Siberia, Manciuria, Cina (la nostra Concessione di Tientsin), Oceano Indiano, Mar Rosso e dopo Napoli infine Trieste. 
Versarono il loro sangue per amor di Patria e si coprirono di gloria. Furono gli ultimi soldati italiani a rientrare in patria. è giusto che ancor oggi qualcuno narri le loro vicissitudini e rievochi le loro terribili peripezie.

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