Stefano Solarino
I rischi naturali cominciano dal basso

Titolo I rischi naturali cominciano dal basso
L’educazione nella prevenzione delle catastrofi naturali
Autore Stefano Solarino
Genere Prevenzione geologia e società      
Pubblicata il 17/04/2016
Visite 21969
Editore Liberodiscrivere
Collana L’approfondimento  N.  20
ISBN 9788899137977
Pagine 124
Note Illustrazioni e copertina di Matteo Anselmo
Prezzo Libro 9,90 € PayPal

Versione Ebook

ISBN EBook 9788899137984
Delle catastrofi naturali si parla sempre troppo tardi, spesso solo quando sono già diventate fatti di cronaca o arido conteggio dei danni. 
Passata l'apprensione del momento ci si dimentica di vivere sotto la minaccia delle forze naturali e si tende a negare o a sottostimare il rischio associato, contrariamente a quello che sarebbe sensato fare in questi momenti di pace ovvero pianificare e mettere in atto azioni di contrasto e di difesa.
Perchè questo accade? Perchè la percezione verso i rischi naturali è così scarsa? Che cosa spinge a credere che la previsione dei fenomeni sia necessaria per fronteggiare consuccesso  le forze della natura ?
Le risposte risiedono nel complicato percorso del flusso di informazioni verso la società nel quale equivoci ed interessi contribuiscono a distogliere l'attenzione dalla principale arma di resilienza, cioè l'educazione.
Premessa
La filosofia alla base di questo libro è tutta racchiusa nel suo titolo: il più efficiente modo di cambiare l’atteggiamento della nostra società nei confronti delle catastrofi naturali, e di conseguenza mitigare almeno parte dei danni e delle perdite umane che esse comportano, è prenderne coscienza dal “basso”, cioè a cominciare da tutti noi; da noi cittadini, potenziali vittime di catastrofi naturali che spesso ignoriamo, volutamente o meno, e che tendiamo a dimenticare pochi giorni dopo che si sono verificate.
Nella nostra società esiste grande confusione tra il fenomeno e la nostra capacità di reagire. A causa della negazione o della scarsa o incorretta percezione del rischio, si tende a non intraprendere alcuna azione per mitigarne le conseguenze, arrivando a ignorare che alcune forme di prevenzione sono semplici, economiche e realizzabili con il minimo sforzo. In pratica, si applica una tesi secondo cui siccome non si può fare molto per evitare che un certo fenomeno naturale accada, siamo anche incapaci di reagire o prepararci al fenomeno stesso.
Invece serpeggia, soprattutto tra i cittadini italiani, la convinzione che la panacea per guarire il pianeta e preservare la società da questi mali naturali sia che poche persone (scienziati, millantatori, tecnici in buona fede o meno, amministratori) trovino il modo di prevedere, arginare, risolvere. E se questo non succede non è tanto perché la proposta su cui queste medicine del mondo si basano non sia perseguibile né tanto meno conveniente (la previsione non aumenta la prevenzione, se ne parla ampiamente nel libro). Ma piuttosto perché vi è un disegno di forte cospirazione nei confronti della società. Qualcuno, che ora assume l’aspetto del politico, ora quello dello scienziato invidioso del possibile successo di altri, ora quello di un potere forte e occulto che complotta verso gli avversari, impedisce che si trovi il modo di evitare una eruzione vulcanica o di prevedere in anticipo che ci sarà un terremoto o una forte mareggiata.
Quando viene fatta una proposta, magari scientificamente traballante, che però va nella direzione di alleviare le inquietudini di quella parte della società che percepisce il rischio come qualcosa che non gli è proprio e che crede che se ne possano eliminare le cause, il promotore di questa soluzione radicale è subito considerato da molti un eroe, un genio incompreso o un martire.
Se la comunità scientifica chiede la validazione di quella teoria per poterla applicare, lì è ancora più evidente che tale richiesta non è motivata se non dalla volontà di impedire l'utilizzo di questa innovativa tecnica salvavita e che esiste un disegno per impedire lo sviluppo della società verso una maggiore serenità e sicurezza.
Non importa se il metodo proposto risponde solo a una particolare situazione, e poi non è più praticabile per il resto delle ere geologiche; non conta se non è replicabile, contrariamente a quello che accade per le scoperte scientifiche che si definiscano tali; non è un problema se non si può applicare a contesti diversi, se insomma non è scientifico.
L’ostilità verso questi “metodi innovativi” è a detta di molti radicata nel mondo della scienza, che ha paura di perdere gli ingenti finanziamenti (ma quali?) o i lauti stipendi a causa di un innovatore che toglierebbe credibilità allo scienziato, magari rendendone la figura meno nobile, con una scoperta che di solito ha un carattere squisitamente naif. Così talvolta si scopre che, secondo queste illuminate teorie, basta guardare come sono allineati i pianeti per capire se farà freddo o piove, o osservare le macchie solari per prevedere un terremoto.
L’avversione nei confronti di un più roseo futuro non ha identità precisa. Il bieco cospiratore e’ di sinistra se al potere c’è la destra, viceversa nel caso in cui l’orientamento politico del leader sia opposto; è sicuramente un mafioso o un sobillatore.
E meno male che esistono i social network e i blogger! Essi si accreditano come gli unici conoscitori della verità con la V maiuscola, raccontano la loro versione a una popolazione che tutto sommato è più incline ad ascoltarli (o per meglio dire a leggerli) perché si sente più affine al “genio” di turno che al cattedratico il quale, purtroppo ancora ora, parla poco, con linguaggio troppo tecnico e blogga ancora meno; perché il network consente al popolo del web di interagire e raccontare la propria esperienza, e offre un ruolo di protagonista che è molto ambito soprattutto da quelli che non ne hanno titolo; specialmente in una nazione come la nostra dove non sono pochi i medici o i dentisti senza laurea e i guaritori che presentano parcelle più alte di eccellenti chirurghi. Un paese dove tutti sono Commissari Tecnici della Nazionale di calcio, assai migliori del titolare, anche se giocano solo a tennis o praticano lo Sport solo al bar omonimo.
Dunque di questo si parla nel libro, con esempi soprattutto nel campo della sismologia vista la mia specializzazione in quella disciplina. Della scarsa percezione, da parte della società, del rischio; del desiderio di previsione, che porta a dimenticare la prevenzione; del ruolo della informazione, soprattutto quella digitale, spesso gestita da non tecnici; del danno che la cattiva informazione può fare, soprattutto perché i concetti che vi si trovano piacciono assai di più delle noiose trattazioni scientifiche; della difficoltà ad accettare le incertezze dei risultati scientifici. E soprattutto di questa speranza per la quale, come più volte successo nella storia, la coscienza che parte dal “basso” diventi una richiesta, espressa con forza, di protezione e preparazione, qualunque esse siano.
Delle catastrofi naturali si parla sempre troppo tardi, spesso solo quando sono già diventate fatti di cronaca o arido conteggio dei danni. 
Passata l'apprensione del momento ci si dimentica di vivere sotto la minaccia delle forze naturali e si tende a negare o a sottostimare il rischio associato, contrariamente a quello che sarebbe sensato fare in questi momenti di pace ovvero pianificare e mettere in atto azioni di contrasto e di difesa.
Perchè questo accade? Perchè la percezione verso i rischi naturali è così scarsa? Che cosa spinge a credere che la previsione dei fenomeni sia necessaria per fronteggiare consuccesso  le forze della natura ?
Le risposte risiedono nel complicato percorso del flusso di informazioni verso la società nel quale equivoci ed interessi contribuiscono a distogliere l'attenzione dalla principale arma di resilienza, cioè l'educazione.

 

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