Sergia Monleone
Anno di grazia

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Titolo Anno di grazia
Autore Sergia Monleone
Genere Narrativa - Fantascienza      
Pubblicata il 07/12/2016
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Toccava a Jonas e Joelle, quella mattina, occuparsi delle serre.                                                 Erano stati selezionati strada facendo, e istruiti sin da adolescenti, a occuparsene, perché dove abi- tavano loro era indispensabile: nulla poteva essere lasciato al caso, e ne erano del tutto consapevo- li. Quella mattina Jonas decise di mettersi alla guida per coprire il breve tragitto che li separava dal loro posto di lavoro, che, dopo mesi di cure e attenzioni quasi maniacali, cominciava a dare i frutti tanto desiderati. Mentre seguiva la rotta ormai familiare, ripensava a tutti i passaggi obbligati at- traverso i quali aveva progredito, alla ricerca di un possibile errore, o dimenticanza, e man mano che si avvicinavano alla meta, la tensione lasciò lo spazio all’ansia di arrivare, per constatare di persona la validità ed esattezza del loro operato. Appena scesero dal veicolo super- accessoriato, Jonas capì all’istante che qualcosa non funzionava: vedeva l’orizzonte! Non era mai successo di scorgere qualcosa al di là di quella specie di foschia rossastra a cui erano abituati da sempre, e si fermarono a osservarla pensierosi, ma anche affascinati: era uno spettacolo sorprendente che per alcuni secondi li tenne con il fiato sospeso. Una volta entrati, Jonas tirò un sospiro di sollievo: a una prima rapida occhiata, gli sembrò tutto come al solito. Con gli anni aveva imparato a dare ascolto a tutti i suoi sensi, e loro, in quel momento, non gli trasmisero segnali di pericolo.  Dopo un minuzioso controllo di tutti i livelli, anche la ragione, dopo una forte e prudente resistenza, dovette arrendersi all’evidenza: era tutto sotto controllo. Dopodiché toccava a Joelle.

Joelle era una ragazza minuta, dai tratti fini, bionda, e con gli occhi azzurri, l’opposto di Jonas, bruno, e dai colori mediterranei: erano perfetti. E proprio per questo avevano provato subito una forte attrazione: lui forte, energico, intraprendente e coraggioso, lei dolce, acuta, intellettuale e molto perspicace. Insieme, formavano una squadra formidabile: molto più della somma delle loro singole forze, e lo sapevano. Erano degli specialisti, che racchiudevano in sé tutte le caratteristiche necessarie per un lavoro del genere, e infatti, Joelle capì dopo pochi secondi che qualcosa non andava. Lo capì dai colori: perché, confrontando le immagini riprese dodici ore prima, al calare del buio, con le ultime, e controllando le tabelle di cui li avevano dotati, notò che tutto si era ammantato di colori di un’intensità maggiore, come i quadri che aveva osservato prima, e dopo il restauro. Cercò di convincere Jonas di quanto fosse strano, che non era previsto, dai manuali, e la cosa destava in lei un sentimento nuovo: il sospetto. Perché quelle benedette piante avevano deciso, proprio durante la notte prima che fosse il loro turno, di riprendere colore? Joelle percepiva tensione nell’aria,  e una sorta di fremito al loro passaggio, quasi un’attesa spasmodica, come se quelle splendide creature non aspettassero altro che il loro arrivo. Sua mamma le aveva insegnato tutto, e in particolar modo ad avere pazienza, e ad ascoltare le proprie sensazioni, e fu questo, con ogni probabilità, che l’aveva tenuta lontana dai guai. Si arrestò, e arretrò di due passi. Due passi che fecero la differenza, perché al contrario di lei, Jonas non la stette a sentire. Avanzò verso il centro della serra, e sparì alla sua vista, inghiottito dal fitto fogliame.                           Joelle non si perse d’animo, ma nemmeno andò a cercarlo. Arretrò ancora di alcuni passi, e dalla soglia dell’anticamera si limitò solo a chiamarlo tre volte, a voce alta. Poi fece un ultimo tentativo che sapeva in cuor suo essere vano, tramite l’auricolare. Niente. Glielo avevano spiegato sino alla nausea: non addentrarsi nella vegetazione al minimo sentore di paura, a costo di rasentare la paranoia. Non si poteva sapere, con queste piante di ultima generazione, modificate geneticamente per poter sopravvivere in un ambiente tanto ostile. Nessuno poteva vantare tale conoscenza: erano prototipi, esperimenti, e come tali andavano controllati, ma anche temuti, perché costituivano un’incognita che avrebbe potuto salvare loro la vita, ma sempre ancora in fase sperimentale. Forse si erano sentite minacciate da qualcosa di nuovo, e avevano reagito di conseguenza. Non spettava a lei: ci avrebbero pensato gli specialisti della bonifica.                                                              Joelle si richiuse la porta stagna alle spalle, ripercorse a ritroso  il tragitto obbligato, salì sul veicolo, e mentre prendeva il posto occupato solo pochi minuti prima da Jonas, si mise a piangere, e l’unico modo che trovò per non farsi prendere dalla disperazione, fu di pensare a come comunicare l’accaduto ai suoi superiori.                                                                                         Qui Unità mobile Caronte, da Ade a Base Lusitania, Pianeta Marte, giorno 123, Anno d Grazia 2492. E a quel punto si bloccò: ‘Jonas e Joelle’, era una cosa fra loro due, in effetti nessuno d loro aveva un nome personale, e in quel momento, non riusciva più nemmeno a ricordare quale fosse il suo numero di matricola.

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