M. Gisella Catuogno
Gli amori di Jane/Jane Austen: amori di cuore e di penna (III°capitolo) Ed. Liberodiscrivere

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Titolo Gli amori di Jane/Jane Austen: amori di cuore e di penna (III°capitolo) Ed. Liberodiscrivere
Autore M. Gisella Catuogno
Genere Narrativa - Biografia      
Pubblicata il 22/02/2023
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   Nei giorni successivi al ballo e prima dell’immersione totale nel clima natalizio, che esigeva notevole dispendio di energie e di fantasia, Jane si rituffò tra le pagine gelosamente custodite nel cassetto del suo scrittoio. Voleva, prima della fine dell’anno, dedicarsi ancora un po’ al suo ultimo lavoro: la stesura di un romanzo che opponeva due sorelle che si volevano un gran bene sì, ma che possedevano caratteri molto differenti: Elinor era saggia e pacata, Marianne romantica e impulsiva; le immaginava cadute in povertà alla morte del padre, ma destinate, dopo lunghi travagli, a matrimoni felici.

Le interessava rimarcare la distanza tra un atteggiamento prudente e riservato, quello di Elinor, la più grande, e l’imprevidente sregolatezza di Marianne, che l’avrebbe portata non solo a contare su un giovane inaffidabile, ma a mettere seriamente a rischio la sua salute e la sua vita. L’intreccio intrigava alquanto Jane, perché, anche se in forma più esplicita e meno sottile, echeggiava quello tra lei e Cassandra, alla quale aveva soltanto vagamente accennato all’argomento, riservandosi di coinvolgerla di più a bozza quasi ultimata: non accettava interferenze sul contenuto, ma sicuramente avrebbe apprezzato la sua lettura ed eventuali consigli sul linguaggio e la forma in generale.

Del resto, Cassandra in quel periodo aveva altro cui pensare: Lord Craven aveva anticipato la sua missione per le Indie Occidentali e Tom si stava perciò preparando alla  partenza. Quando arrivò il giorno temuto, dopo lo scambio di giuramenti e tenerezze, lacrime e sventolio di fazzoletti bianchi, Cassandra, orfana del suo Tom, che le vele gonfie di vento di un bastimento inglese si portavano lontano, rientrata in casa singhiozzando, si chiuse in camera e non volle vedere nessuno per il resto della giornata.

Jane la lasciò in pace, sapendo che ogni tentativo di consolarla sarebbe stato inutile e ipocrita. Si tuffò a sua volta nella scrittura e arrivò meglio a sera. Quando raggiunse la sorella nella camera, che da sempre dividevano, la trovò più calma: riuscì anche ad avere il permesso di scendere in cucina a prenderle qualcosa da mangiare, con questa frase ad effetto:

“Se cominci così male, se continui a digiunare come hai fatto oggi, Tom al suo ritorno ti troverà magra e brutta e non ti sposerà più!”.

Dopo che ebbe cenato con l’appetito di una ragazza afflitta ma affamata, Cassandra, seduta sul letto, annunciò alla sorella che presto si sarebbe trasferita per un paio di settimane a Kintbury, dalla famiglia amica che l’aspettava a braccia aperte:

“Ma come, proprio alla vigilia di Natale?”

“No, subito dopo, forse già per Santo Stefano: ho bisogno di cambiare aria, di pensare ad altro che al mio Tom lontano…”

“E’ già meglio! Così possiamo preparare insieme i biglietti di auguri natalizi da mandare ai parenti e agli amici lontani… io scrivo qualcosa, tu ci dipingi accanto una minuscola pittura e inviamo… che ne dici?”

“Va bene, Jane, servirà a distrarmi” rispose Cassandra, sollevata, alzandosi finalmente dal suo letto di dolore, pur con gli occhi rossi e la treccia sfatta.

 Questa e molte altre furono le occupazioni delle due sorelle in quelle settimane, soprattutto accogliendo e ospitando chi dei fratelli lontani e delle loro famiglie poteva raggiungere la canonica per le feste. La casa si riempì e il Natale trascorse serenamente,  con la piccola Anne e il cuginetto di un solo mese a ricordare agli adulti la giostra della vita: qualcuno in quell’anno ne era sceso, ma due nuovi arrivati vi erano saltati sopra. George, nella sua benedizione prima del pranzo, ricordò gli assenti: chi aveva detto addio, ma anche chi aveva potuto dire arrivederci, come Tom; la promessa sposa ascoltandolo, pur con gli occhi lucidi, fu brava a non piangere.

Finalmente Cassandra partì: il viaggio non era lungo ma, come di consuetudine, i bagagli erano molti e la carrozza giunta da Kintbury si riempì subito.

Dopo le raccomandazioni dei genitori, specialmente della mamma, e i saluti e gli auguri di tutti, anche le sorelle s’abbracciarono:

“Scrivimi, Jane, e raccontami tutto, nei minimi particolari!”

“Come quando chiacchieriamo a letto la notte?”

“Anche di più!”

“E ti prego, preparati come si deve al gran ballo ad Ashe!”

“Ci proverò!”

“Arrivederci!”

“A presto, abbi cura di te!”.

Quando rientrò in casa, il posto vuoto di Cassandra, con il cavalletto in un angolo e gli acquerelli ben riposti nelle scatole di legno, le strinse il cuore:

Dai, non esagerare, starà poco, il tempo passerà veloce, ne approfitterai per scrivere! si disse, ma l’insolita tristezza non si decideva ad abbandonarla.

I suoi la chiamarono fuori, dove si erano trattenuti dopo la partenza di Cassandra, per una passeggiata e per far prendere aria al neonato, dato che era una giornata nitida e poco fredda; Anne si aggrappò alla sua gonna reclamandola e offrendole la piccola mano, che lei strinse nella sua. I genitori scelsero di ritornare in canonica per riposarsi.

La campagna appariva lucida e brillante, dopo le piogge dei giorni precedenti: il cielo si presentava insolitamente sgombro di nubi, il vecchio olmo, con le fronde ancora stillanti, sembrava rinvigorito e il pungitopo superstite, dopo i tagli per le ghirlande, mostrava ancora fiero le sue ultime bacche rosse. Malgrado le assenze definitive o provvisorie, la letizia albergava negli animi: erano una grande famiglia, si volevano bene, gli screzi, i disagi, le malattie e perfino la morte potevano essere meglio tollerati se il loro carico amaro si distribuiva tra tanti: il numero costituiva la loro forza e il Natale era l’occasione per nutrire e valorizzare il legame che li univa.

 

 

 

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